俺が愛し過ぎた人
quella persona che ho amato troppoKim Namjoon era uno, ma nel mondo c'erano sette miliardi di persone; come poteva quest'anima ostile accettare di essere uno tra tanti?
Kim Namjoon non era avido di denaro, non ne pretendeva molto; ma era la sua insaziabile curiosità che consumava il suo salario. Lui era intelligente e non sopportava l'idea di una vita monotona, di dover un giorno mettere su famiglia, lavorare per mantenerla, poi godersi la pensione nelle briciole dei suoi anni e infine morire.Lui si sentiva uno spirito libero, una mente superiore e unico al mondo.
La superbia del suo essere lo contraddistingueva dagli altri individui, guardava i passanti dall'alto al basso, interveniva nei discorsi con un sorriso derisorio chiudendo la conversazione in maniera quasi irritante, e ognuno conservava i propri rancori sotto il cuscino, pochi erano quelli che lo affrontavano a testa alta.
Quel ragazzo appena di venticinque anni superava d'intelligenza tutte le persone che incontrava. Sapeva di essere odiato, ma non gli importava, perché se lo odiavano voleva dire che loro non potevano superarlo. La cosa al ragazzo piaceva da morire.
Namjoon era conosciuto in tutta Seoul, non era ricco e non aveva fatto una grande carriera, ma conosceva ogni tipo di lavoro e luogo, cambiandoli abitualmente; e ovviamente aveva studiato ogni passante che gli era passato sotto gli occhi. Quando riusciva a conoscere una cosa, essa per lui perdeva valore e s'imbatteva in un'altra; cominciato il lavoro da aiuto regista, dopo cinque mesi aveva dato le dimissioni trasferendosi nella periferia di Seoul per essere barista; inutile dire che dopo alcuni mesi aveva cambiato in un'altra vita.
Namjoon era uno tra tanti, dal suo punto di vista, invece era tante persone diverse; aveva così tante lauree che poteva arrivare fino alle stelle, poteva essere chi voleva nel mondo del lavoro. Se il giorno dopo si sarebbe svegliato con una passione nascosta della musica, senza batter ciglio avrebbe trovato una qualche band sconosciuta alla quale unirsi. Si era messo nei panni di decine di persone per egoismo, noia e curiosità. Namjoon era uno tra tanti, ma lui poteva essere chiunque. Il salotto del suo appartamento era ornato dalle sue lauree che riempivano d'orgoglio il ragazzo. Le aveva tutte prese in così poco tempo da aver sbalordito tutti gli insegnanti; ma a lui piaceva cambiare quindi quegli anni furono solo noia.Tutta questa curiosità era cominciata a dodici anni, quando l'insegnante aveva dato come compito di studiare l'Odissea.
Namjoon odiava quella materia ed inizialmente l'aveva presa con noia; ma preso in mano il libro si sentì scoperto da ogni velo e la pelle si fece stretta. Ulisse gli parve così familiare che un'ammirazione crebbe nel suo animo annoiato, una figura da seguire e imitare, quel bambino che già era incuriosito dai strani modi delle sue compagne di classe di farsi le treccine in ricreazione, oppure dal cibo della mensa che sembrava pappetta di cane ma che tutti si ostinavano a chiamare pollo in sugo; una mente che cercava di correre più veloce della sua età. Così la leggenda del bambino prodigio era cominciata.
Namjoon crescendo era andato a letto con tantissime donne, per lui non erano oggetti, ma neppure qualcuno con cui sposarsi. Tutte ragazze che a lui, nella maniera più innocente, piacevano; ma lui si annoiava e dopo sei mesi di relazione finiva in maniera irrazionale. Namjoon aveva un'ossessione, mentre Ulisse aveva la sua Penelope, lui era solo, senza famiglia e amici; cercava una compagna che sapesse come non annoiarlo, per questo in ogni relazione lui ci credeva fino all'ultimo. Ma tutte erano state delusioni.
Ogni ragazza incontrata gli pareva uguale all'altra, e questo lo annoiava, non avrebbe sopportato niente che assomigliasse ad una monotona vita.
A ventitré anni era successo qualcosa che gli segnò la vita profondamente, c'era un ragazzo più piccolo di lui, il suo nome era Taehyung.
Non aveva mai guardato un ragazzo nel modo in cui guardava Taehyung.
Era di due anni più piccolo di lui, aveva occhi sottili e allungati, felini ma tutto tranne che intimidatori; perennemente spaesati e a disagio saettavano da una parte all'altra con le gote arrossate, il tutto ornato da un paio di occhiali rotondi e grandi che gli cadevano sul naso. Così quello si arricciava infastidito, in maniera tenera. Le sue labbra erano sottili e screpolate dal tanto mordicchiarsele per l'agitazione, questo mandava il controllo di Namjoon a farsi fottere. Taehyung aveva capelli biondo cenere sempre pettinati alla perfezione, curava molto il suo aspetto perché si sentiva sempre inferiore agli altri.
Quel ragazzo era così, aveva poca fiducia in sé, partiva dal presupposto che tutto dovesse andare a rotoli, era sicuro di essere orrendo, di avere un volto infantile e brutto; non si illudeva mai e per questo non era capace di sognare.
Quella figura così diversa da tutte le sue relazioni passate fu come un fulmine a ciel sereno per Namjoon, i suoi occhi brillarono di curiosità nel primo giorno in cui aveva lasciato i suoi occhi scivolare annoiati su quel ragazzino tanto sarcastico quanto insicuro.
Per Taehyung fu tutta un'altra storia, perché a detta sua, Kim Taehyung era solo uno sfigato a cui nessuno faceva caso e tanto meno lui era disposto ad illudersi su una storia con qualcuno.Pensò di aver incontrato la sua Penelope, ed era sicuro che Taehyung non lo avrebbe mai guardato.
let go
手放す;-;
Mi mancavano i miei froci preferiti,,,
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☆手放す ; Ulisse era una puttana
Fanfictiontaejoon ; yoonkook Il nostro nome è nessuno e ribalteremo il fottuto sistema. Tutti i diritti riservati a @sunsetzme