[1] To Be Free

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☞Se notate qualche errore scrivetelo nei commenti 😬

Apro quella piccola confezione di lucidalabbra al miele e lo spando leggermente sulle mie labbra, in modo tale che prendano un aspetto più lucido e morbido.
Mi guardo allo specchio sospirando e cercando di sorridere.
Con una mano carezzo lentamente la cicatrice che ho sulla guancia, facendo sparire quella specie di sorriso di prima.
Sospiro sconsolato continuando a passare due dita sulla mia cicatrice, lasciandomi invadere dai ricordi di quello che era mio fratello.
«mi manchi» sussurro guardandomi allo specchio.
«mi manchi tanto fratellone» concludo con un sussurro.
La sveglia sul mio comodino inizia a suonare, mi alzo per spegnerla e apro il mio armadio per tirare fuori la mia solita e monotona divisa, con la solita e monotona camicia, con gli stessi colori di sempre, da anni.
Una volta vestito, apro la porta della mia stanza, preparandomi ad affrontare un nuovo, e spero ultimo, giorno.
Un uomo grosso, che credo si chiami viktor, viene a prendermi, stringendomi troppo il braccio e portandomi nel solito furgoncino insieme agli altri, vestiti come me.
Arriviamo, come sempre, all'edificio di scambio, ci fanno scendere e ci costringono, come sempre, ad entrare e a metterci infila nel palchetto espositivo della sala numero quattro.
I soliti acquirenti, forse qualcuno di nuovo, ma nessuno di veramente interessante, si siedono davanti a noi e ci scrutano come se fossimo carne al macello.
Abbasso lo sguardo pensando a l'ironia di questo mondo.
Sono state fatte molti leggi che vietano la vendita di orfani, soprattutto in questo paese, ma guarda caso io sono qui.
«numero 8, avanti. Questo ragazzo ha 16 anni, ancora vergine, cinquantacinque kili, un metro e settanta, ordinato e pulito.» il vecchio fa il suo solito discorso, invitandomi "gentilmente" ad avanzare rispetto agli altri.
Minuti di interminabile silenzio mi circondano perché, come al solito, nessuno mi vuole.
Con le solite regole, non guardo nessuno, mi giro di spalle e torno al mio posto, quando una delle persone presenti tossisce falsamente.
Il vecchio mi prende e mi rimette al posto di prima, per mostrarmi ancora.
«è interessato a lui, signore?» chiede speranzoso, non vede l'ora di liberarsi di me.
Non sento risposta, come sempre, anche se la monotonia viene interrotta dal vecchio che mi spinge giù dalle brevi scalette del palchetto.
Non aspettandomelo, inciampo, ma invece di atterrare sul pavimento, atterro sul petto di una persona che subito mi stringe le spalle e mi scosta.
«mi scusi» mi inchino profondamente, imbarazzato e umiliato.
Ancora senza guardare niente e nessuno, mi sento trascinare via da quella confortevole saletta.
La mano del signore che apparentemente mi ha comprato sembra giovane ed è piena di anelli con degli stemmi a me sconosciuti.
Mi fa salire in una macchina e sale pure lui sbattendo poi la portiera.
Con una mano mi prende il mento e me lo solleva, costringendomi a guardarlo negli occhi.
«bellissimo.» sussurra guardandomi, si avvicina alla mia nuca, annusandomi «ma puzzolente» storce il naso e si allontana da me lasciandomi il mento.
La macchina si ferma e il signore, o signorino, scende trascinandomi con lui.
Entriamo in quella che sembra una magione piuttosto grande e ben curata.
«questa sarà la tua camera» dice indicando una camera con qualcosa scritta sopra.
Annuisco, intendendo che ho capito e mi lascio trascinare dentro la camera e poi dentro un bagno.
«ora spogliati, farai un bagno» mormora aprendo l'acqua e facendola scorrere.
Una volta pronta, e una volta nudo, il signore mi fa segno di entrare dentro.
Ubbidisco sospirando di piacere per il calore, fino a che delle mani si appoggiano sulla mia nuca, massaggiandola per levare la sporcizia.
Una volta finito il bagno, il signore si alza dicendomi di asciugarmi e di andare in sala da pranzo, dove mi aspetterà.
Eseguo i suoi ordini andando a cercare la sala da pranzo ma non riesco a trovarla e non trovo nemmeno qualcuno a cui chiedere informazioni.
Mi avvicino ad una stanza con la porta leggermente aperta, non posso vedere niente se non la figura del signore di spalle.
Visto quello che mi ha detto poco fa, entro e chiudo la porta.
Il piccolo rumore che ne segue attira l'attenzione del signore che si gira verso di me.
«che ci fai qui?» il suo tono è gelido questa volta.
«mi aveva detto di andare in sala da pranzo...» sussurro, non capendo questo suo cambiamento di umore.
«e dimmi un po', questa ti sembra la sala da pranzo?» il suo tono va crescendo, spaventano mi sempre di più.
Per rispondere alla sua domanda mi guardo intorno e vedo un grande letto con delle bellissime coperte di seta.
Prima di continuare il mio tour la sua voce mi blocca di nuovo.
«evidentemente sei così stupido da non distinguere la mia camera da letto da una sala da pranzo» sussurra con disprezzo.
Abbasso la testa, colpevole e leggermente offeso.
«lascia che ti dica una cosa ragazzino. In questa casa non puoi girare come ti pare. Ci sono cose e posti che non devi vedere. Perciò sta alla larga da questa stanza e tutte quelle su questo piano. La sala da pranzo è al piano terra, vicino all'ingresso.» conclude il tutto aprendo la porta per farmi uscire.
Senza dire nulla esco, avviandomi verso la sala da pranzo sperando di azzeccare la stanza giusta stavolta.
Entro nella sala da pranzo, con uno stile più semplice di quello che mi aspettavo. Dei passi dietro di me mi avvertono della presenza del signore.
Si siede elegantemente su una delle sedie di velluto e mi guarda.
«che aspetti? Servimi il caffè» mi dice indicando un contenitore che neanche avevo visto.
Mi avvicino e con le mani che mi tremano verso del caffè nella tazzina lì accanto. Nel mentre che il signore legge il suo giornale mi dice che devo metterci lo zucchero.
Guardo i due barattoli contenenti i granelli i bianchi e provo a leggere le etichette ma, non avendo mai studiato non ho la più pallida idea di cosa siano.
Prendo quello a destra e ne butto due cucchiaini andando poi a girare il liquido scuro.
Prendo la tazzina e gliela appoggio davanti, incrociando mentalmente le dita sperando di aver messo lo zucchero.
Lui la prende in modo elegante e se la porta alle labbra per soffiarci sopra, poi la porta alle labbra bevendone un sorso.
Non vedo tracce di disgusto sul suo viso perciò sorrido istintivamente, fiero della mia fortuna.
Il signore si gira verso di me porgendomi la tazzina.
«signore... Non capisco...» mormorò confuso prendendo la tazzina ancora piena.
«intanto inizia col chiamarmi col nome della mia casata. C'è scritto su ogni stemma, pensavo fossi abbastanza intelligente da capire che è il mio nome. E per seconda cosa, bevi.» il suo tono è autoritario e derisorio, il che mi fa arrabbiare leggermente.
Come chiesto- o per meglio dire ordinatomi- da lui, porto la tazzina alle labbra prendendo un grosso sorso pronto a complimentarmi con me stesso ma quando ingoio un bruciore disgustoso mi invade la gola. È salato.
«mi dispiace signore...» sussurro abbassando la testa.
«ora, vuoi gentilmente dirmi com'è possibile che tu abbia confuso lo zucchero col sale? Per l'amor di dio, c'è pure scritto. E ti ho detto di smetterla di chiamarmi "signore"» conclude con uno sbuffo.
«m-mi scusi signore... È... È che io non so...» provo a completare la frase ma dalla mia bocca non esce alcun suono, mentre ai lati dei miei occhi si formano delle lacrime.
«non sai?» credo che abbia notato le mie lacrime e il suo tono si è improvvisamente addolcito.
«leggere... E... E Scrivere...» concludo imbarazzato da me stesso e con delle leggere lacrime che mi bagnano le guance.
Sento una sedia strusciare a terra e poi un corpo stringere il mio notevolmente più piccolo.
«mi spiace, non lo sapevo tesoro. Ma non devi piangere, non è una cosa tanto grave, puoi sempre imparare, piano piano mh?»  e ancora si presenta il signore dolce che poco prima mi ha lavato.
Io annuisco, godendomi quel tepore di un corpo attaccato al mio, mentre mi faccio cullare dal suo fiato sui miei capelli.

☞ Questa è solo la prima parte, spero di pubblicare presto la seconda.

𝚃𝚘 𝚋𝚎 𝚏𝚛𝚎𝚎 || 𝚝𝚊𝚎𝚔𝚘𝚘𝚔 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora