A casa Stonewall/Sharp

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Una normale giornata a casa Stonewall/Sharp

La domenica era il giorno che Caleb Stonewall preferiva in assoluto: non c'era il lavoro, non c'erano allenamenti, poteva passare tutto il tempo che voleva con Jude a fare ses...le coccole, a fare le coccole.

Strinse di più a sé il corpo del proprio ragazzo, ma un rumore lo fece insospettire. Appena aprì gli occhi, la prima cosa che notò fu l'armadio aperto, poi vide anche sua sorella provarsi diverse sue felpe. «Ma Santo Byron in calore, perché cazzo devi sempre rubarmi i fottuti vestiti?» urlò. La ragazza si voltò verso di lui sorridendo come l'angioletto che mai sarebbe stato. «Ma, onii-san, sono la tua sorellina!» disse. Lui si alzò dal letto e gli tolse un capello con visiera dalle mani: «Ciò non ti conferisce il diritto di fottermi i vestiti!» «Ma io non te li fotto, li prendo solo in prestito!» Caleb le afferrò un lembo della felpa: «Tanto so già che questa Io non la rivedrò mai più!» «Che sta succedendo?» Entrambi gli Stonewall si voltarono verso Jude, il quale si stava stropicciando gli occhi come un bambino. Caleb guardò male sua sorella: «Sta succedendo che questa nana mi sta svaligiando l'armadio!» Timi si mise le mani sui fianchi: «Quanto la fai tragica! Se li rivuoi, puoi sempre venire a riprenderteli in camera mia!» Il ragazzo inarcò un sopracciglio: «Ma davvero? L'ultima volta che ci ho provato mi sono ritrovato appeso al lampadario a causa di una cazzo di trappola che avevi piazzato!» La ragazza si gongolò soddisfatta: «Un'idea geniale, non trovi? Perfetta contro le rotture di coglioni come te!» Caleb la guardò male e volle avere l'ultima parola: «Tu manco ce li hai i coglioni!» E fu così che anche quella domenica i due Stonewall finirono con il fare a botte e il povero Jude dovette medicarli entrambi.

«Ahi!» La piccola Stonewall sibilò di dolore appena il cotton fioc entrò a contatto con la ferita sul sopracciglio. «Ma perché dovete sempre finire alle mani?» chiese Jude esasperato. Caleb, che teneva furibondo del ghiaccio sulla fronte dove aveva un bel bernoccolo, quasi ringhiò come un cane rabbioso: «È tutta colpa sua!» La ragazza lo guardò male: «Tranquillo, mi levo presto dalle palle!» E lì entrò in gioco il fratello iperprotettivo: «Cosa? Vorresti uscire vestita così? Non se ne parla!» Jude sospirò, quei due non sarebbero mai riusciti a convivere civilmente. Ciò non significava che non si volessero bene, se ne voleva eccome, però quella casa sembrava zona di guerra il 90% del tempo.

A pranzo Caleb deliziò tutti con la sua cucina, anche se nella fase di preparazioni erano volati diversi pomodorini e uova insieme agli insulti. Quando Timi uscì, Caleb decise che era ora di farsi Jude. Non voleva che sua sorella fosse in casa, anche se sapeva che non era esattamente una santarellina, ciò nonostante voleva comunque mantenere una certa discrezione in sua presenza. Perciò, vedendola lasciare l'abitazione diretta probabilmente alla casa della piccola Di Rigo, prese la palla al balzo e cominciò a baciare Jude con foga senza dargli il tempo di dire nulla. Con poca delicatezza lo sbatté contro il muro del salotto e cominciò a vagare con le mani lungo il suo corpo, mentre le mani del rasta erano tra i suoi capelli e li tiravano leggermente.

«Non fate caso a me, devo solo trovare le cuffie!» Caleb maledì sua sorella, poi la guardò con uno sguardo assassino. «Perché cazzo stai sempre in mezzo tu?» quasi urlò. Timi era a carponi sul pavimento e stava tastando il tappeto alla ricerca dei suoi auricolari. Guardò il fratello con la coda dell'occhio: «Sono nata per darti fastidio, quindi stare sempre in mezzo a te e al moscone è il mio unico scopo nella vita!» «Giuro che potrei strangolarti in questo momento!» La ragazzi si alzò di scatto sventolando vittoriosa le sue cuffie: «Vi ho trovate, stronzette!» Poi guardò suo fratello: «Come se tu fossi capace di fare del male a questo bel faccino!» Jude si intromise: «Vi siete picchiati questa mattina...come sempre!» Lei scacciò quell'affermazione sventolando con fare disinteressato la mano: «Questi sono futili dettagli!» Si avviò verso l'uscita e lanciò ai due ragazzi un bacio poco prima di chiudersi la porta alle spalle. Caleb sospirò, poi guardò il suo compagno: «Dove eravamo rimasti?»

Caleb stava nervosamente battendo un piede a terra e guardava irritato l'orologio. Jude, tranquillamente seduto sul divano a ritoccare alcuni programmi d'allenamento, ogni tanto lo sguardava sconsolato e scuoteva la testa. «Dove si è cacciata quella?» urlò disperato il punk. «Perché cazzo urli, stronzo?» Nomini il diavolo..., pensò Jude. Caleb guardò male sua sorella: «Ti sembra l'ora di rientrare?» La ragazza guardò l'orologio che portava al polso, poi guardò sconcertata suo fratello: «Ma sono solo le sette di sera, mica le due di notte!» Ma il giovane uomo era già partito il quarta: «Dove sei stata? Cos'hai sul collo? C'erano dei ragazzi? Perché hai fatto così tardi? Ti hanno toccata? Sei ancora vergine?» La giovane Stonewall toccò con un dito la macchia sul collo: «È Nutella, rincoglionito!» Poi sospirò: «Comunque stavo con Talia e sì, sono ancora vergine, per di più eravamo solo noi due.» Caleb tirò un sospiro di sollievo: «Menomale, non devo più uccidere nessuno!» Jude sgranò gli occhi: «Eh?» Timi si diede una mano in fronte: «Sempre il solito!» «Chiunque ti tocchi è morto!» precisò il fratello, mostrando, per rafforzare la sua affermazioni, la vasta collezione di armi dietro un quadro. Jude scosse la testa sconsolato chiedendosi per l'ennesima volta come facesse ad essere innamorato perdutamente di quello psicopatico.

E già, certe volte l'amore gioca brutti scherzi!

Ridi che ti passa||Inazuma Eleven/GoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora