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                        Locanda Aragon, Nevada.

Cami si sedette al bancone della locanda semi-deserta, come tutto in quella rovinosa città, ed ordinò una cioccolata che non sapeva di cioccolata mentre con il cellulare continuava a chiamare il numero che gli era stato dato dal barista, appartenente ad un certo Ben, che secondo il vecchio uomo sarebbe dovuto essere il più competente – e l’unico – meccanico della zona.
Era stata una sfortuna, pensò Cami, trovarsi nel bel mezzo del deserto del Nevada, con solamente il venti percento di batteria nel cellulare e con una vecchia automobile che non accennava a volersi muovere ancora.
Doveva raggiungere l’Ohio, che si trovava decisamente troppo lontano, e ciò che le sembrava era che ci fosse davvero una congiura contro di lei. Forse il cielo, o qualche dio, avevano deciso che non fosse giusto che lei dovesse arrivare sana e salva alla sua destinazione.
Cami bevve un altro sorso di quello strano intruglio che gli era stato detto fosse cioccolata calda solamente perché l’aveva pagata, ben tre dollari dei soli duecento tre che le rimanevano, e per principio sapeva di doverla finire.
Quando l’acchiappasogni appeso alla porta d’entrata alla locanda prese a tintinnare violentemente, la ragazza pensò si trattasse di un colpo di vento, ma quando sentì la porta ribattere contro la serratura, si girò di scatto constatando, con sua grande sorpresa, che il luogo nel bel mezzo del nulla non era abitato solamente da quello strano e poco abile locandiere.
Un ragazzo si fece avanti lungo la sala impolverata, togliendosi gli occhiali da sole dalla testa e portandosi con una mano i capelli all’indietro. La luce accaldante del giorno nel deserto illuminava da dietro il ragazzo, rendendolo – pensò Cami – ancora più bello di quanto certamente fosse.
Era alto, fisico atletico, vita stretta e muscoli ben accentuati sulle braccia. I tatuaggi ricoprivano buona parte del suo corpo, nascondendosi sotto la camicia aperta di flanella, rossa e nera, che indossava sopra ad una semplice maglietta bianca.
“Un caffè nero senza zucchero e anche alcuni di quei muffin che avete in vetrina.” Ordinò con voce seriosa al barista, che si affrettò a dare vita a quel vecchio aggeggio che osava chiamare macchina da caffè.
Il ragazzo si sedette a qualche sgabello di distanza da Cami, lanciandole un’occhiata torva domandandosi, quasi certamente, perché diavolo una tipa del genere fosse ammobiliata all’interno di quello schifo di locanda.
“Te li incarto i muffin?” Chiese il locandiere, prendendo i dolcetti con le mani e infilandoli dentro ad una busta di carta dopo che il ragazzo ebbe annuito. Il caffè lo raggiunse quasi subito sul tavolo e Cami lo osservò mentre avvicinava le labbra alla vecchia tazzina con velocità, proprio nel momento in cui il cellulare della ragazza prese a suonare.
Ci mise un po’ a distogliere lo sguardo dalle labbra rosee e carnose del moro al suo fianco, staccandosi dall’ammirare la sua figura solamente quando, proprio lui, si girò verso di lei lanciandole un’occhiataccia torva; probabilmente domandandosi perché diamine quella ragazza non stesse rispondendo al telefono.
“Pronto?” Cami prese a girare con il cucchiaino la miscela nella sua tazza, mentre dall’altra parte una voce in lontananza riusciva a farsi sentire a malapena in quanto nel bel mezzo di un caos infernale.
“Cami, la ragazza con il pick-up a pezzi?” Chiese qualcuno, che Cami immaginò essere Ben, il meccanico che non accennava a dar segni di vita.
“Sì, sono io.” Rispose subito lei, non facendo caso all’assurda sensazione di avere qualcuno che la stava fissando.
“Ecco, mi dispiace splendore ma sono occupato fino a sera tardi, c’è stato un incidente in tangenziale e a quanto pare sono l’unico meccanico della zona a lavorare di domenica.” Spiegò, mentre in lontananza si sentiva della gente litigare e qualche sirena suonare. “Non posso raggiungerti prima di domani pomeriggio, mi dispiace.” Concluse, lasciando che quella informazione colpisse Cami dritta allo stomaco.
“Cosa? No no no, io non ho un posto dove stare fino a domani, deve assolutamente venire, la prego!” Chiese supplicando, abbandonando il cucchiaino nella sua tazza e passandosi il palmo della mano sulla fronte.
“Può almeno darmi il nome di qualche altro meccanico? Magari c’è una stazione di servizio nei paraggi, o qualche altra cosa che posso raggiungere a piedi?”
“Te l’ho detto, tesoro. Sono l’unico a lavorare di domenica, e ti assicuro che gli altri sono davvero poco competenti. Mi spiace, puoi restare nella locanda in cui ti trovi fino a domani, cercherò di fare in modo di essere lì nel primo pomeriggio ma davvero, la vedo dura.”
Cami sbuffò, credendo non fosse possibile che una tale sfortuna l’avesse colpita ripetutamente nello stesso giorno.
“Va bene, va bene. Vedrò cosa fare.” Commentò in fine, esasperata, riagganciando il telefono e sbattendo entrambi le mani sul tavolo a causa dell’enorme frustrazione.
Si era quasi dimenticata  del ragazzo al suo fianco, che le lanciò l’ennesima occhiataccia per aver fatto saltare la sua tazzina sul bancone con quel pugno che aveva tirato.
“Scusa.” Mugugnò, guardando le mani del moro mentre riprendevano la tazza e finivano l’ultimo sorso. Lui non rispose, si limitò a guardarla intensamente.
“Quanto costa una notte qui?” Chiese frustrata Cami, catturando l’attenzione del locandiere che sicuramente quel giorno aveva fatto più soldi di quanto potesse aspettarsi.
“Quarantacinque dollari.” Rispose, dopo averci pensato un po’ e aver probabilmente offerto alla ragazza un prezzo di favore. La ragazza annuì, pensando se fosse il caso di spendere ulteriori soldi, per giunta in un posto così tanto affannoso, mentre il signore si diresse sul retro per sgridare alcuni cani che avevano ripreso ad abbaiare.
“Non ti conviene restare qui. Quarantacinque dollari sono molti per un letto dove probabilmente troveresti insetti di ogni tipo e sperma.” Commentò improvvisamente il moro, guardando di fronte a sé. Cami invece si girò verso di lui, seccata che avesse voluto fare conversazione dopo quelle occhiatacce malefiche che le aveva lanciato per tutto il tempo.
“A quanto pare non ho molte alternative.” Spiegò, mentre l’idea di entrare in quelle camera iniziava a farle sempre più disgusto. Il ragazzo annuì.
“Che problema ha la tua auto?” Chiese poi, stavolta girandosi verso la ragazza che alzò un sopracciglio.
“Sono qui da mezza giornata che aspetto che qualcuno venga a dirmelo, secondo te se ne avessi saputo qualcosa di meccanica me ne sarei stata qui con le mani in mano per tutto questo tempo?” Le parole abbandonarono così velocemente la sua bocca che Cami non poté fermarsi dal riversare la sua rabbia per quell’intera situazione verso l’unica persona che aveva attorno.
“Calmati, tigre.” Ridacchiò il moro, scendendo dallo sgabello. “Avanti, fammi vedere la tua auto, magari riesco a dare un nome a ciò che ti sta tanto provocando frustrazione.” Disse, lasciando dieci dollari accartocciati sul bancone. “Anche se probabilmente il fatto è che dovresti scopare di più, non credo che a quel punto un problema all’auto ti causerebbe così tanta rabbia.” Ridacchiò nuovamente, mentre Cami apriva la bocca in segno di stupore.
Andiamo.” Commentò lui, ritornando verso il bancone. “Scherzavo, tesoro, dai.”
Cami decise di eliminare dalla sua mente quell’ultima battuta estremamente fuori luogo e trascinò sé stessa giù da quello sgabello solamente perché non aveva altre alternative. Il moro aprì la porta del locale, facendola passare prima di sé, e seguendola verso il rovinoso pick-up rosso.
“Wow.” Commentò, abbandonando il sacchetto con i muffin sul tetto del mezzo. “Inizio a capire perché questo gioiellino abbia voluto abbandonarti.” Con una veloce manata aprì il cofano e in quell’esatto momento fumi e gas di ogni tipo fuori uscirono da ogni possibile tubo. “Il tuo mezzo ha inalato gli ultimi respiri, tesoro.” Commentò, aspettando che il fumo svanisse per mettere le mani sulle tubature. Spostò alcune cose prima di scuotere la testa e richiudere il cofano.
“Con un po’ di fortuna un bravo meccanico potrebbe rimettere in piedi questo pick-up in una settimana. Ma ti assicuro che i prezzi sarebbero altissimi, probabilmente più alti di quanto ti costerebbe procurarti una nuova auto.” Constatò, pulendosi le mani sui pantaloni.
“Magari ti sbagli, no?” Chiese speranzosa Cami, incrociando le braccia al petto e scrutando il ragazzo che sicuramente non era un meccanico professionista. “Non sei uno del mestiere, quindi magari hai solo preso un abbaglio.” Constatò. Il moro rise.
“Per quanto ami l’idea di andare in giro a controllare mezzi di sconosciuti per poi dare false risposte improvvisandomi un meccanico, ti assicuro che questo mezzo è andato, finito, completamente da rottamare. A meno che tu non abbia mille dollari da buttare per trovare dei pezzi di ricambio – ormai presumo introvabili, certo.”
Cami sbuffò, portandosi le mani sul volto e non sapendo davvero cosa diamine fare.
“Fantastico, allora sono fottuta.”  Borbottò. Il ragazzo sembrò pensarci su per un attimo, fissando l’ora sul suo cellulare.
“Ti posso dare un passaggio fino alla prima stazione di servizio, o magari fino alla stazione degli autobus. Dove devi andare?” Chiese, aprendo il sacchetto ed addentando un muffin. La ragazza rise.
“Troppo lontano per permettermi un biglietto extraurbano o per sperare di fare autostop fino all’altra parte della costa.”
Dove?” Chiese lui, masticando.
“Ohio.” Rispose lei, ridendo amaramente. Lui inarcò un sopracciglio, sembrava sorpreso.
“Tu volevi guidare questo catorcio fino in Midwest? Dici sul serio?” Chiese, incredulo. Lei annuì.
“Posso darti un passaggio fino a Detroit, al massimo.” Rispose lui, guardando l’orologio. Nuovamente. Cami pensò che dovesse avere fretta. “Però prima devo fermarmi in alcuni posti e, beh, immagino tu sappia che per arrivare nel Midwest sono quasi due giorni d’auto.”
Cami annuì, rendendosi conto che anche se il ragazzo era diretto nel suo stesso stato non poteva chiedergli un tale favore. “Basterà un passaggio fino ad una stazione di servizio, o degli autobus o magari dei treni.” Commentò, pensando a qualche soluzione per permettersi il biglietto. “Poi vedrò come fare, davvero.”
Il ragazzo alzò le spalle, dando una pacca al pick-up e dirigendosi verso il suo SUV parcheggiato più avanti.
“Ti sei cacciata un bel guaio.” Commentò, salendo nel mezzo. “Ora andiamo, ci metteremo un po’ ad uscire da questo diamine di deserto.”

affable \\ zayn malik auDove le storie prendono vita. Scoprilo ora