1• Love

256 15 1
                                    

Era una giornata piovosa di lunedì, il giorno più odiato dal ragazzo, per un semplice motivo riguardante la scuola - o meglio - le ore di lezione a cui lui non prestava quasi mai attenzione.
Entrò nell'istituto oramai pieno di gente e si recò alla solita colonna dove si trovava il suo piccolo, ma conosciuto da tutti, gruppo. Ne facevano parte: Theo, con cui qualche volta se la faceva. Agata, una sua semplice amica. Carrie, simpatica ma a volte seccante, non capiva ancora cosa provasse per la ragazza ma non ci pensava più di tanto. Eddie, il suo migliore amico che però si sarebbe fatto volentieri, se solo non fosse fidanzato. E infine, "Max", la ragazza dei suoi sogni più erotici ma allo stesso tempo romantici, la persona per cui ci sarebbe sempre stato, i suoi sentimenti, i loro sentimenti, non riguardavano una semplice amicizia, o fratellanza... Ma di più. Anche se forse, quando si dicevano, mormoravano o ricambiavano sguardi complici per un semplice "ti amo", molti credevano che si trattasse di semplice amore fraterno, e anche loro cercavano di accettare ciò, ma non era così. Non potevano ingannare loro stessi, non erano di certo così ingenui da non saperlo, in fondo, che si volevano, si desideravano. Dopo quella sera poi... A casa della ragazza, quando il riccio si era recato nel luogo dove accadde quella cosa che diede una risposta decisa ai loro cuori. I due si erano baciati, coccolati e infine la testa del corvino era finita fra le gambe della rossa. Avevano fatto incesto, in un certo senso, dato che non erano andati oltre. Che cosa pecaminosa per la gente altrui, o almeno lo sarebbe stata se Alex avrebbe detto ciò al resto del gruppo. Ma loro, in quella casa, in quel momento, non se ne fregarono nulla. Erano felici e in qualche modo si sentivano completi. Il ragazzo era andato da lei perché non ce la faceva più a sopportare le altre persone che non capivano, o forse ne erano capaci, solo che era troppo impegnativo e quindi ci davano poca importanza, come lui faceva con quel genere di "casi" umani. In qualche modo ritrovava rifugio nelle parole della ragazza o nelle semplici occhiate che si ricambiavano.
La campanella suonò, e i suoi occhi si spostarono verso la figura di Max, si mordicchiò il labbro inferiore squadrandola per bene, come faceva sempre in fin dei conti, la tirò a sé dopo aver allungato il braccio verso il suo polso, e fece così, scontrare ancora una volta i loro corpi, eppure non si stancava mai di compiere quell'azione ormai quotidiana, forse, anzi sicuramente, perché la più bassa lo aveva catturato sin dal primo momento. I loro sguardi, consapevoli di quello che entrambi avrebbero voluto in quel preciso momento, si intrecciarono come due catene di metallo. Le mani del più grande scivolarono per il corpo esile della ragazza e le dita crearono una presa abbastanza salda sui suoi fianchi. Lei era magra e i suoi capelli rossi come il fuoco e lisci. Gli occhi azzurri che lo facevano impazzire, lei lo faceva impazzire. Le sue labbra carnose e perfettamente allineate di tanto in tanto da un rossetto rosso che faceva risaltare la sua tonalità di carnagione chiara, era già bella di suo, ma quel sorriso che le si formava sul volto la rendeva perfetta.
«Mi sei mancata, Max» sussurrò con voce roca al suo orecchio marcando per bene l'ultima consonante. Dopodiché allontanò le proprie labbra dal lobo poggiando la fronte alla sua.
«Anche tu mi sei mancato, piccolo» quel nomignolo da lei dato, lo faceva impazzire. Probabilmente se lo avrebbe nominato così qualcun'altra o altro, avrebbe già roteato gli occhi al cielo, ma non con lei.
Quel mormorio fece avvertire sulle labbra rosee del ragazzo un leggero soffio che sapeva di fragola. Sorrise alle sue parole guardando a stento i suoi occhi, per colpa del loro desiderio che ardeva sempre di più dentro di loro. Ma provavano a trattenersi, non volevano illudersi di qualcosa che probabilmente non si sarebbe mai potuto realizzare. Chi li guardava, senza conoscerli, pensava che fossero una coppia.
Chi li conosceva invece, sapeva che non lo erano, ma sapeva, d'altronde, che avevano qualcosa da nascondere.
I loro occhi si stavano per socchiudere e le loro bocche per unirsi un puro e casto bacio, o almeno così lo definivano loro mentalmente, quando a distoglierli dai loro pensieri fu un colpo di tosse di Carrie. Subito entrambi i capi si alzarano mentre i corpi furono separati dal presentimento di esser stati visti da tutti, anche se non era così. 
La campanella suonò e la schiena del riccio si separò dal marmo freddo. Camminò insieme ai suoi compagni verso le classi differenti e si ricordò che alla prima ora aveva inglese, forse una fra le poche materie che di quella giornata lui avrebbe accettato. Varcò la soglia della classe e si andò a sedere all'ultima fila, di fianco al muro dopo aver gettato come se nulla fosse, lo zaino nero.
La testa si abbassò verso la biografia, da lui amata, di Freddie Mercury. La sua vita lo incuriosiva e affascinava, come la filosofia, chi se lo poteva aspettare da "uno come lui", nessuno. E lo sapeva, ma preferiva starsene per i fatti suoi con ciò che l'interessava veramente.
Il suo piede era sulla sedia posizionata vicino al banco di fianco libero, quando essa venne spostata il suo piede cadde e si ritrovò ad alzare gli occhi verso la figura che poco dopo riconobbe come quella di theo. Scosse la testa per far spostare quei ricci ribelli e scompigliati che ricadevano sulla fronte.
«Mhm, Potter.» mise il libro sotto il banco e si voltò verso la cattedra senza degnare il ragazzo di uno sguardo. «Non chiamarmi così, Alex.» sbuffò sonoramente il più piccolo accomodandosi al suo posto. «Ti chiamo come voglio, e poi che c'è, il tuo ragazzo non vuole?» fece una smorfia al ricordo di quel "pezzo di merda", da lui definito così, ma avrebbe associato anche molti altri nominogli.
«Oh mamma, ancora con Boris» strinse il libro di inglese fra le mani alzando gli occhi al cielo.
Il corvino arricciò le labbra rimanendo in silenzio quando arrivò la professoressa, ma non perché non voleva disturbare, bensì perché si era stancato già di quell'argomento.
L'ora passò in fretta e anche quella successiva a causa della noia.
Si alzò dal banco insieme al moro e prese lo zaino uscendo in fretta dalla classe per seminarlo, anzi, per non parlarci ancora. Si guardò per un breve momento intorno quando fu in mensa notando il suo gruppo. Andò verso di loro cercando di scansare quelle poche persone che avevano vassoi in mano pieni di cibo, alla vista di tutta quella pasta mischiata con molte altre cose si disgustò e si sedette immediatamente al suo posto, vicino agli altri.
Non prestò attenzione ai loro discorsi considerati inutili, ma notò la mancanza di Max.
«Scusate l'interruzione finocci, ma dov'è Max?» l'attenzione si spostò verso di lui e subito si pentì di aver proferito parola, già nominavano abbastanza il suo nome, ma ora iniziavano anche a rivolgergli parola. Provò ad ignorarli e quando udì quella voce pacata, che a lui tanto piaceva, socchiuse gli occhi facendo un sospiro di sollievo.
«Si vi sta ignorando e voi neanche ve ne accorgete, basta rompere dai» la ragazza abbassò lo sguardo dopo aver detto ciò, cercando un posto libero. «piccola, vieni qua» lui la guardò sorridendo spontaneamente alle sue parole e diede una piccola pacca sulla propria coscia in modo da farla accomodare sulle sue gambe. E così la rossa fece, dopo che si sedette il corvino avvolse con le braccia i suoi fianchi e posò la testa sulla spalla della 16, avevano la stessa età e anche se non erano nati dalla stessa mamma (dato che il padre di Alex era fidanzato con la madre di Max), si comprendevano in una maniera assurda, fece inoltrare la mano destra sotto la t-shirt della ragazza passando l'indice fra i seni, poi con le dita affusolate scostò di poco il colletto della maglia facendo intravedere un succhiotto violaceo...

/@svckmjdick su instagram

I Love You, Sister. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora