CAPITOLO VI - L'ultima umiliazione

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Alessia si richiuse dentro sbattendo la porta, terrificata da quello che aveva appena visto. <<A... A... Ale... sono io>> piagnucolai. Lei riaprì uno spiraglio, incredula che fossi io, e si portò la mano alla bocca, sconcertata. <<Oddio ODDIO... Fratellino sei tu? Oddio ma che ti hanno fatto???>>.

Corse verso di me, e mise le sue morbide mani sulle mie guance, sgomenta. Io tremavo vistosamente. Mi tolse la benda. Ci misi qualche attimo ad abituarmi a quella fioca luce, e un attimo dopo vidi quegli occhietti dolci che mi fissavano spaventati. Abbassai immediatamente lo sguardo, non avevo il coraggio di incrociarli. Avevo troppe cose da nascondere. Cosa potevo mai raccontarle di quella notte? Cosa potevo inventarmi?

Lei mi abbracciò forte e non mi diede nemmeno il tempo di pensare a un piano. << Stai bene? Che ti hanno fatto? Cosa è successo?>> mi chiese con voce rotta. Poi però cominció a realizzare che qualcosa non quadrava.

L'immagine che aveva davanti, in effetti, non aveva senso: oltre a essere totalmente nudo, legato, bendato, pieno di lividi e ferite (tra cui l'evidente segno di un succhiotto sul collo), io stavo indossando la sua mutandina rosa preferita. Mia sorella cambiò più volte espressione, passando da terrorizzata a insospettita. <<Fratellino, mi spieghi che è successo? Perché hai la mia mutandina???>>

Non risposi. D'altronde non sapevo proprio cosa risponderle. Mi fece entrare, e notò che avevo qualche oggetto sotto la mutandina e qualcosa anche nel culo. Non ci mise molto a capire che qualsiasi cosa fosse successa quella notte, io avevo collaborato in qualche modo.

<<Mi rispondi? Chi é stato a farti questo? Perché hai la mia mutandina??>> mi ripeté. Io ero sempre piú rosso dall'imbarazzo. Biascicai qualcosa mentre pensavo a come uscire dalla mia situazione, ma sapevo che ero fottuto. Mia sorella stava capendo con stupore che era tutta opera mia.

<<PERCHE'-HAI-LA-MIA-MUTANDINA>> mi chiese di nuovo, questa volta con tono intimidatorio, cominciando seriamente ad irritarsi. Prima che potessi trovare qualcosa da dire, me la tirò giù, lasciandomi nudo e rivelando al suo interno i suoi calzini rosa, pieni di qualcosa, il mio micropene rinchiuso nella cintura di castità e il buttplug infilato su per il sedere. Rimase ancora più sconvolta. <<Ma che cazz...>> riuscì a dire, facendo qualche passo indietro e portandosi la mano alla bocca.

<<Chi ti ha fatto questo fratellino?>>

Silenzio.

<<RISPONDIMI! Te lo sei fatto da solo?>>

Feci cenno di sì. Rimase inebetita.

<<Perché?>>.

Non risposi.

<<RISPONDIMI CAZZO. E' una specie di gioco pervertito? No davvero, spiegami, perché io non capisco>>.

Girai la testa. Tremavo imbarazzato. Mia sorella stava per scoprire che il suo fratellino era un porco deprevato.

<<E' un gioco pervertito? SI' O NO?>>

<<Sì...>> risposi timidamente.

Rimase a bocca aperta. Quasi istintivamente le partì uno schiaffo che mi colpì in faccia. E mi stava bene, me lo meritavo. Dovette sedersi sul letto cercando di raccapezzarsi, con le mani nei capelli. Io intanto ero mortificato, avrei voluto sciogliermi, squagliarmi, scappare, sparire. E invece ero nudo e ammanettato davanti a lei, in procinto di dover confessare le cose piú imbarazzanti della mia vita.

Dopo qualche attimo di silenzio che a me parve un eternità, trovai il coraggio di chiederle di togliermi le manette. <<Io non ti libero da NIENTE fino a quando non mi dici per filo e per segno COSA CAZZO HAI FATTO STANOTTE>> urlò.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 17, 2019 ⏰

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