Forte e chiaro
PrologoC'era sangue ovunque, Luca. E tu stavi lì, impalato, la tua solita espressione buffa a dipingerti i lineamenti del viso immaturi.
Ti sei girato nella mia direzione e d'un tratto, mi hai guardata. O meglio, mi hai notata, ricordandoti della mia presenza. Ero lì anche io, hai appurato, ma al contrario tuo io non ero calma, io tremavo con le ginocchia strette al petto, seduta su quel marciapiede vuoto, rannicchiata su me stessa. Il telefono stretto nella mia mano destra che tu hai guardato più a lungo del dovuto e potrei scommetterci, avrai pensato: "Sta scema adesso chiama la polizia". La tua espressione è mutata all'istante perché non potevi permetterti di finire in un altro guaio.
Hai scosso la testa, come segno di negazione e senza pensarci due volte, "Non è come sembra" hai esclamato, rivolgendoti a me. Hai allargato le braccia, come per farmi capire che non mi avresti fatto del male.
Se non fossi stata spaventata a morte, avrei perfino riso. La situazione era paradossale. Ti avevo appena visto massacrare di botte Sam, e poi averlo guardato strisciare via, praticamente inerme. Era proprio come sembrava, Luca, sei violento, ricordo bene di averlo pensato.
Quando hai fatto un passo in avanti, nella mia direzione, io di conseguenza ho aumentato la stretta tra le mie ginocchia fredde.
Ai tempi ero più furba, mi tenevo a debita distanza da tipi come te.
Una volta che mi hai raggiunta, "Posso?" mi hai domandato. Io non ho nemmeno capito subito. Poi, con il capo hai indicato lo spazio sgombro dell'asfalto accanto al mio e io, "Mi chiedi il permesso?" ho esclamato, prima che riuscissi a trattenermi. Tu hai sorriso.
Mi sono morsa un labbro con foga, maledicendomi per aver detto quella stupida frase.
Ti sei seduto, hai disteso le tue gambe magre lungo il marciapiede e con gesti meccanici, che solo dopo ho capito sei solito fare quando sei nervoso, hai estratto dalla tasca posteriore dei tuoi jeans un pacchetto di sigarette.
"Ti farai del male" hai constatato allora, distogliendo l'attenzione su te stesso. Con la punta del dito hai indicato il mio labbro gonfio.
"Ne vuoi una?" mi hai chiesto, riferendoti alle sigarette.
Ci conoscevamo appena e già mi davi sui nervi. Lo fai ancora, la maggior parte delle volte.
Non ti ho risposto.
Siamo rimasti in silenzio per un po'.
"Quello è proprio uno stronzo" hai esclamato, sbuffando un tiro "Si meritava una lezione"
La mia espressione ha reso evidente ciò che sul momento, ho pensato.
Ti sei sentito in debito di giustificarti, "Non si trattano così le ragazze" hai continuato, con tono parecchio disgustato, "Non dovresti lasciarti trattare così dal tuo ragazzo".
"Lui non è il mio ragazzo" ho specificato, nervosa.
"Non dirmi che non lo conosci"
"No", mi sono corretta, "Lo conosco, si"
"Ma non è il tuo ragazzo, certo" hai borbottato, divertito.
Ho alzato gli occhi al cielo, senza ribattere. Dovevo forse dirti grazie? Si, avevi preso a pugni Sam, cosa che avrei dovuto fare io molto tempo prima, ma qualcosa mi diceva che avevate già qualche conto in sospeso.
Mi avevi usata come pretesto, insomma.
"Cosa ci fai da queste parti, Charlie?"
Conoscevi il mio nome? Da quanto tempo? Ma soprattutto, perché?
"Non lo so nemmeno io" mi sono ritrovata a constatare, stringendomi più saldamente alle mie ginocchia.
Non so cosa mi aspettassi, davvero.
Non ero della zona e non appartenevo a quel giro, a quel quartiere. Non sapevo perché mi trovavo lì o come ero capitata su quel marciapiede, a parlare con te.
Comunque, non hai approfondito il discorso, forse non ti interessava nemmeno continuarlo.
Hai finito di fumare e ti sei alzato in piedi.
Ti ho osservato pulirti il viso sbarbato con il dorso della mano, (ancora sporco di sangue) e poi schiacciare la sigaretta con una delle tue Nike.
Ho sgranato gli occhi, confusa, quando mi hai rivolto la mano, con il palmo aperto. "Dai" hai esclamato, come per incitarmi a stringerla, "Ti riporto a casa".
Allora ero ignara di quel che sarebbe stato, del pericolo in cui mi sarei cacciata, così ho accettato.
Che stupida. Inconsapevolmente, ti ho stretto la mano. Tu hai intrecciato le dita con le mie e io ho provato una sensazione strana.
Non sapevo cosa fosse. O che cosa volessero dire quelle prime sensazioni che hanno cominciato a farsi spazio dentro di me, standoti accanto. So solo che non sono più riuscita a farne senza.
E anche se è successo dopo, le tue dita tra le mie sono diventate la mia più grande dipendenza.
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Forte e chiaro
FanfictionTanto già lo sai, io non cambierò. Io ho le scarpe Nike, lei borsa Dior. Tutto questo male manco lo volevo, Ho preso calci e pugni e non mi sono arreso. Fanfiction su Capo Plaza. Questa è un opera di fantasia: nomi, personaggi ed avvenimenti sono...