Verisel

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Regnava sovrano un caldo torrido, quasi infernale, lassù sulle cime del Kurdal, la grande vetta della catena montuosa che circondava le foreste di Bramblewood. Vi si avventuravano in pochi, spinti da valide motivazioni, e quello che vi trovavano era spesso nulla di più che un raccolto insediamento elfico, e qualche comunità isolata di etnie più affini alle temperature di quella particolare montagna.

Solo i più fortunati riuscivano a scovare quello per cui si erano spinti così lontano, e quello che cercava la maggior parte di chi si avventurava lì: la leggenda narrava di un essere dalle indescrivibili capacità, di accordi stipulati con esso che potessero garantire persino i desideri più arditi, e della sua dimora nella parte più recondita della selva che si inerpicava sulle coste dell'imponente rilievo.

In molti non credevano all'esistenza di una tale creatura, giudicando i racconti di chi si fregiava di averlo incontrato come bugie ben raccontate, imbastite per scaldare una tavolata alla locanda del porto, mentre altri soprattutto nei villaggi del Kurdal ritenevano che anche se potesse essere esistita, ormai non vi era più: d'altronde, quale indifferente o crudele aberrazione avrebbe potuto assistere ad eventi come quelli degli ultimi decenni senza muovere un dito, se dotata di capacità vicine a quelle di un dio? Come avrebbe potuto lasciare che il clima perseverasse nel suo spietato accanimento, decimando i popoli che prima risiedevano sulla montagna, e che si sono trovati costretti a lasciare tutto ciò che avevano in cerca di sopravvivenza?

Quello che quasi nessuno sa, però, è che entrambe le teorie erano sbagliate. Chi fosse riuscito a districarsi fra le fitte fronde del Manto Selvaggio, il bosco che cresceva sull'altura più estrema del Kurdal, e fosse riuscito a resistere ai roventi vapori che conducevano i più alla pazzia nel buio assoluto di quell'intreccio naturale, sarebbe giunto dopo quelli che potrebbero sembrare giorni di cammino al cospetto di una visione inaspettata, meravigliosa e surreale: si apriva infatti fra le rigogliose chiome un'altura, sotto la quale gorgogliava placido un piccolo e profondo lago, mentre sulla cima di essa si ergeva una piccola costruzione su due piani, di una bellezza ultraterrena. Ed è lì che dimorava Verisel.

Verisel Thamnon non aveva scelto il suo destino. Era un'elfa come tante

altre nel villaggio, quasi duecento anni prima; aspirava alla guida del villaggio, come molte e molti, e si impegnava nello studio delle arti letterarie e naturali, passando molto del suo tempo fra gli alberi di quello stesso bosco, prima che diventasse così inospitale. Una sera, al calar del sole, si trovava proprio al limitare degli alberi, ammirando i colori in una passeggiata prima di rientrare in paese, quando le parve di scorgere un'ombra muoversi rapidamente dove la vegetazione si infittiva, e turbata si allontanò convincendosi di essere stata ingannata da un gioco di luce del tramonto. Si sbagliava. Fu quella notte stessa, infatti, che abbandonandosi al tepore del suo giaciglio sprofondò in un sonno agitato, e vi fece un incontro che la cambiò per sempre.

Verisel si trovava su un'altura, svettando sulle chiome di un bosco, e sul margine estremo del precipizio sorgeva un albero. Un albero magnifico, maestoso, le cui innumerevoli fronde erano impossibili da contare, abbracciate in un intreccio armonioso e selvaggio, e la cui bellezza era indescrivibile: Verisel non aveva mai visto nulla di simile, e rimase a contemplarlo in riverente ammirazione.

Fu dopo qualche minuto che un soffio di vento fresco si alzò, abbracciando l'elfa e scompigliando la chioma di quella pianta incredibile; le foglie danzavano, insieme ai rami, si muovevano frusciando continuamente e riflettendo la luce del sole, declinandola in molteplici sfumature. Volteggiavano, cullandosi, continuamente, come accompagnate dall'aria, se non fosse che la carezza del vento era già passata da diverso tempo ormai.

L'albero si rese conto della gaffe, e forse un po' troppo teatralmente arrestò la sua danza per porre la sua attenzione sulla sua giovane ospite, che nel frattempo lo osservava ammutolita. Una voce vibrò nell'aria, con un suono dall'eco primordiale, senza altra connotazione che non fosse il suscitare la stessa sensazione che si prova adagiandosi a riposare sotto un albero, ascoltando il suo fruscìo.

Phair ThamnonWhere stories live. Discover now