Si presentò come Relkath dei Rami Infiniti, Treant fatato che un tempo abitava quel bosco, che ora Verisel riconobbe intuitivamente essere quello nel quale passeggiava ogni giorno; non si era mai spinta così in profondità da vedere una zona simile.
Le parlò a lungo di quello che era stato il bosco prima ancora che gli elfi
pensassero di stabilirsi lassù, dei grandi eventi legati a quel luogo e a quella montagna, e di cose che sarebbero ancora dovute accadere. Poi parlò di lei, e di come fosse riuscita a scorgere una eco della sua aura, incuriosendolo a tal punto da stabilire quel contatto. Le fece una semplice domanda: "Cos'è che desideri di più a questo mondo?".
La risposta sgorgò dalle labbra di Verisel in un solo soffio, in un impeto: desiderava poter conoscere gli eventi, e la strada più saggia da percorrere per poter guidare il suo popolo attraverso le difficoltà che l'albero aveva solo vagamente preannunciato.
Relkath annuì, e le ultime parole che Verisel udì furono queste: "La conoscenza cambia le carte in tavola, giovane elfa. Le decisioni che prenderai d'ora in avanti potrebbero non essere semplici come vorresti, e dovrai porre sulla bilancia verità che prima non comprendevi. Ti concedo tutto questo, e tu donerai la tua realtà a me". Dopodiché, il buio.
Verisel si svegliò sudata, nel suo letto, nel cuore della notte. Quattro anni dopo.
La sua mente era un turbinìo di pensieri, il suo cuore in tumulto. Faticava a seguire il corso di quello che succedeva dentro di sé, cercava di prestare attenzione ad ognuna delle nuove informazioni che possedeva, era confusa e spaventata: ora sapeva, e sapeva anche che non vi era modo corretto di ostacolare ciò che sarebbe avvenuto: c'è un tempo per ogni cosa, nella propria vita, e c'è un tempo anche per la morte; questo dev'essere rispettato. Si rese conto così di un'altra terribile verità: non poteva più sopportare di vivere con il suo popolo, né con nessun altro, ora che in lei risiedevano quelle nuove conoscenze, ora che comprendeva quanto impotenti gli esseri fossero nei confronti del loro avvenire. Sapeva che si poteva fare molto per evitare l'ingiustizia di una morte prima dello scadere del tempo, e che era giusto e doveroso contribuire al massimo delle proprie forze per permettere agli eventi di compiere il loro corso, ma sapeva anche che non era questo il caso. Il futuro di quelle terre era già segnato, per la maggior parte di chi ci viveva, e non poteva fare nulla per loro.
Fuggì, conscia di non poter più restare lì nel villaggio, e si immerse nel bosco. Corse alla cieca per ore ed ore, e senza sapere come giunse esattamente nel luogo che aveva sognato. Non vi trovò l'albero con cui
aveva parlato, al suo posto trovò una piccola dimora, di una bellezza selvaggia e diafana. Fu avvicinandosi ad essa che sentì una voce parlare dentro di lei, era la stessa voce di Relkath: le raccontava quello che era successo, e il suo destino da quel momento in poi. Sarebbe stata per lui il canale per accedere al piano fisico, ora che non vi era più, e per incaricare altri esseri di compiti importanti e necessari per i suoi scopi. Avrebbe incanalato la sua essenza attraverso di lei, e in cambio le aveva donato conoscenze interdette a qualunque altro essere vivente. Le aveva concesso un luogo isolato dove ritirarsi per lenire le proprie ferite in seguito agli stravolgimenti che le aveva procurato, e per prepararsi a svolgere il difficile compito che le era stato assegnato. Sarebbe rimasta lì, in quel bosco dove aveva vissuto Relkath, e avrebbe atteso che i più valorosi e i più motivati la raggiungessero, per siglare degli accordi ed accettare i propri incarichi.
Così Verisel Thamnon si stabilì nella dimora fatata nelle profondità della foresta, e per secoli rimase lì, ad accudire chi vi giungesse spinto da racconti e leggende, e promettendo la risoluzione dei loro problemi in cambio dell'esecuzione di alcuni compiti. Raccontano che nel momento in cui si parlava di scambi e accordi, l'elfa sembrasse cambiare improvvisamente personalità, assumendo un tono grave e parlando quasi in un sussurro. Solo al termine delle trattative tornava in sé, e metteva in guardia ogni avventore riguardo ai pericoli di un desiderio disperato, anche se ormai era troppo tardi. Tutti ripartivano infervorati, all'idea che se avessero compiuto ciò che gli era stato richiesto avrebbero ottenuto chi gloria, chi potere, chi giustizia. Ma Verisel sapeva che le loro storie, come quelle di tutti, erano già state scritte, e che ciò che avrebbero ottenuto avrebbe avuto i risultati più inaspettati pur di sottostare a questa verità. D'altronde, Relkath si occupava proprio di questo: di fare in modo che il giusto ordine venisse rispettato. Poteva sembrare un esecutore duro e inflessibile a volte, poiché imponeva di lasciare andare coloro la cui ora era giunta, indipendentemente da cosa significassero o chi fossero, ma era anche estremamente rigoroso nell'impiegare ogni risorsa per impedire che tragedie inutili venissero perpetrate. Raccontava spesso di Jergal all'elfa, un giovane dio col quale condivideva molti dei suoi ideali, e la introdusse al suo culto, chiedendo a lei e a molti di coloro che si presentarono al cospetto di Verisel di agire secondo i suoi princìpi.
Nel frattempo, il trascorrere del tempo portò con sé i cambiamenti naturali che ormai Verisel Thamnon attendeva: il terreno si fece sempre più caldo, e l'aria con esso; il dolce bosco in cui passeggiava ormai tanto tempo addietro, e nel quale ora viveva, divenne sempre più fitto, indomabile e soffocante: sentì un giorno un viandante definirlo Manto Selvaggio, e capì che ormai nulla era più come lo ricordava, fuori di lì.
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Phair Thamnon
FantasyStoria delle origini di un personaggio creato per una campagna di Dungeons and Dragons.