Non potevo credere a quello che avevo appena fatto. Guardavo il mio riflesso nello specchietto dell'auto e non mi riconoscevo più, come se qualcun’altro avesse preso possesso del mio corpo e della mia mente. Ma ero veramente stata calice di spingermi così in fondo?
Non sapevo più cosa fare.
Non avevo mai provato un sentimento simile, un misto tra trepidazione e paura.
Non ero più quella di una volta, quella ragazza che non aveva mai paura di niente e che affrontava di petto i problemi della vita senza farsi troppi scrupoli e senza dare troppa importanza alle conseguenze delle sue azioni.
Ero cambiata, e la cosa strana stava nel fatto che era stato proprio quel bambino a farmi cambiare, quel bambino che adesso dormiva serenamante sui sedili dietro incurante di tutto ciò che stava accadendo intorno a lui; non sapevo se fossi cambiata in meglio o in peggio, ma sicuramente ero cambiata.Si era fatta notte. Sull’autostrada c’era solo la mia auto; forse era meglio così, poiché i clacson delle altre macchine avrebbero potuto svegliare Andrea.
Andrea. Mi chiesi se lui meritasse tutto ciò che gli stava succedendo, tutto ciò che stava succedendo a noi. No, non lo meritava. Ma una madre si, quella la meritava. Era questo l'unico punto sul quale avevo sicurezza.
Accesi la radio dell’auto mettendola a un volume basso. Non si parlava ancora di me, ma sapevo che avrei dovuto trovare al più presto un posto in cui stare senza dare troppo nell’occhio, almeno fino a quando non avrei avuto i documenti falsi per oltrepassare il confine e sparire per sempre con Andrea. Ma veramente volevo che lui conducesse una vita del genere?
Spensi la radio e mi concentrai sulla guida.
Dopo un po’ sentii Andrea piangere: si era svegliato. Trovai una piccola stazione di servizio e accostai, scesi dall’auto, sganciai Andrea dal seggiolino e lo presi in braccio “Va tutto bene” gli dissi “Tra poco andremo via”; lui sembró tranquillizzarsi come se mi avesse capita. Mi sedetti sul sedile posteriore dell’auto con Andrea tra le braccia e iniziai a cullarlo. Lo guardavo e mi rivedevo in lui: era così piccolo,così indifeso, così bisogno di cure;meritava di essere felice.
Poi guardai i suoi occhi; nella mia mente riafffiorarono le immagini di quella sera d’estate, le grida di quell’uomo e le suppliche di quella donna dai capelli rossi, il sangue che aveva sporcato il pavimento.Guardai di nuovo Andrea e tutto sembró cancellarsi. Che strano potere hanno i bambini, riescono a renderti felice anche solo facendoti un sorriso. Un tempo avrei preso per pazzo chiunque avesse detto una cosa simile, ma adesso devo ammettere che è proprio così. Misi nuovamente Andrea sul seggiolino e mi sedetti sul sedile del guidatore.Ad un tratto sentii dei colpi sul vetro. Guardai meglio e vidi la sagoma di uomo.
Abbassai il finestrino e lui iniziò a parlarmi“Deve fare benzina?” chiese. Guardai il serbatoio dell’auto e mi accorsi di essere quasi a secco
“Si, il pieno”
“Che bel bambino” disse mentre metteva la benzina “Quanto ha?”
“Cinque mesi”. Dovevo stare attenta a non dare troppe informazioni che avrebbero potuto portare l'uomo, o qualcuno che su trovasse lì intorno, a riconoscermi
“Ecco fatto” disse quanto ebbe terminato. Gli diedi i soldi dicendo di tenere la mancia: avevo fretta di andarmene. Uscendo dalla stazione di servizio notai di essere passata sotto una telecamera “Cazzo” pensai, ma continuai a guidare.
Dopo un po’ mi resi conto di non avere la più pallida di dove stare andando, ma non potevo fermarmi e continuai a guidare. Mi ricordai delle parole di mio padre “Cammina sempre e non fermarti mai”. Mio padre, quanto mi mancava. Guardai l’ora nell’orologio dell’auto: 23:05. Mi faceva strano pensare che avessi fatto ciò che avevo fatto solo poche ore prima.
Ad un tratto apparve l’insegna di un paesino, uno di quelli in cui vivono poche persone; lo riconobbi subito: ci andavo spesso con la mia famiglia da piccola, fino al giorno della morte di mia madre. Poi mi venne in mente che Luca avesse una casa ereditata da sua nonna proprio in quel paese. Luca. Dopo tutto il casino successo, non so come avrebbe reagito vedendomi sulla sua porta di casa. Intanto Andrea, che si era svegliato di nuovo, cercava di balbettare qualcosa tra se e se come fanno tutti i bambini che imparano i parlare; era così bello sentire finalmente la sua voce!
Sorrisi e gli canticchiai una canzone che avevo imparato da piccola in un cartone animato del quale non ricordavo il nome; lui sembró apprezzare molto.
Adesso dovevo concentrarmi su cosa fare. Avevo davanti tre strade: cercare qualche alberghetto fuori zona, uno di quelli in cui vanno coloro che devono fare lunghi viaggi su strada; chiedere aiuto a Luca pur non sapendo cosa sarebbe successo o continuare il mio viaggio. Qualunque cosa avessi scelto, sapevo che avrei dovuto prendere una decisione in fretta.
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La ragazza di vetro
Phiêu lưu> > Lei, la donna più influente di tutto l'ambiente mafioso; Lui, un poliziotto che lotta per sconfiggere la mafia. E poi Andrea, quel bambino per cui Anna farebbe di tutto. Amore, mafia e passione in questa storia che sembrerebbe essere impossibile...