Passarono circa due settimane dall'incontro di quell'uomo, James, da quando io e mia madre rimanemmo sigillate in casa per la paura, da quando per la televisione diedero l'allarme...dall'inizio di tutto.
Ma...l'inizio di cosa? I telegiornali non ne hanno ancora parlato. Hanno continuato a dire per giorni e giorni che non dovevamo uscire di casa e stare al sicuro, o meglio, lo dicevano fino a quando la luce non saltò e la televisione non ricevette più alcun segnale.
Tutto ciò che avevamo era una radio, l'unica cosa che ci teneva aggiornate sul mondo esterno.
«Mamma, stiamo per finire il cibo! Cosa faremo?» chiesi guardando la nostra dispensa, non avevamo rimasto più di tanto.
Qualche bottiglia d'acqua, un paio di snacks, e poco cibo in scatola.
«Penseremo a qualcosa» sussurrò abbassando lo sguardo.
Non ce la faremo.
Era questo quello che pensava, lo capivo dal suo sguardo stanco e spento.
«Posso uscire a prendere qualcosa, il supermercato più vicino è a soli pochi chilometri da qua e-»
«basta! Troverò una soluzione!» replicò lei senza neanche farmi finire di parlare.
Era distrutta. Anch'io lo ero, ma non avevo alcuna intenzione di arrendermi senza neanche sapere cosa stesse succedendo.
Là fuori c'è un mondo, e noi siamo chiuse qua?! Non se ne parla!
Quella sera sarei uscita.
Ormai avevo deciso, e non avrei cambiato idea.
Forse non era scelta più saggia che potessi fare, era sicuramente la più avventata e incosciente, ma la curiosità e la paura di morire di fame, mi spinsero ad uscire.
E così, la notte stessa, dopo che mia madre si addormentò, uscii di casa.
Presi su con me un borsone, una torcia e un piccolo coltellino.
Dopo tutte le raccomandazioni alla radio, non sarei stata così stupida da andarmene disarmata.
Ad ogni mio passo la paura aumentava. Stavo cominciando a pentirmi della mia scelta.
Forse uscire nel bel mezzo della notte, con una torcia e un coltello, non era stata un ottima idea.
Mi muovevo velocemente e furtivamente, cercando di rimanere nascosta nell'ombra e non fare rumore.
C'era un silenzio tombale.
Dopo una quindicina di minuti, arrivai al supermercato.
Tirai un sospiro di sollievo e i miei nervi tesi si rilassarono in un secondo. Lentamente, puntando la torcia su tutti gli scaffali, mi misi a prendere qualsiasi cosa utile mi capitasse sotto tiro.
Non sono stata la prima a venire qua.
Altre persone avevano avuto la mia stessa idea, alcuni scaffali erano già stati saccheggiati.
«Quindi ora sono..una ladra?» pensai fra me e me, fino a quando, poco distante dalla mia posizione sentii delle voci.
Mi nascosi velocemente dietro ad uno scaffale e spensi la torcia, affacciandomi di tanto in tanto per vedere chi fosse.
«James hai preso tutto?» chiese la donna sconosciuta ad un uomo sulla trentina.
Cosa?! James? Quel James?!
«Ho preso tutto» rispose l'uomo avvicinandosi alla donna con l'intento di baciarla.
Velocemente mi voltai, e, nel silenzio più totale andai verso l'uscita.
Ormai la mia borsa era piena, e mia madre sarebbe stata sicuramente soddisfatta di ciò che avevo fatto.
Uscii con un gran sorriso sulle labbra dovuta alla mia vittoria, mi incamminai verso casa, noncurante del pericolo circostante.
Tsk! Tutti dicevano di non uscire di casa, di stare attenti...e poi? Nulla, la pace più totale!
Pensai ridacchiando, accorciando la distanza fra me e la mia amata casa.
Ma quando vi arrivai non vi trovai una piacevole sorpresa.
La porta era aperta.
«ma che cazzo..? Ero sicura di averla chiusa» mormorai entrandovi lentamente e titubante, intimorita da cosa avrei potuto vedere. Chiusi la porta alle mie spalle, e cominciai a guardarmi attorno. Controllai ogni angolo di casa, puntando la torcia dappertutto.
Qualcosa non va.
«Mamma? Sei qua?» bisbigliai avvicinandomi alla porta del salotto, dove vi trovai qualcuno, o per meglio dire, qualcosa.
Una donna dai lunghi capelli castani si trovava nell'angolo e stava fissando il muro, come se ci trovasse qualcosa di interessante.
«Mamma...?!Chi sei tu?! Dov'è mia madre?!» chiesi, portando la mano nella tasca dei miei pantaloni, tenendo ben saldo il mio coltello.
Non ricevetti alcuna risposta, se non un mugolio quasi disperato, mentre lentamente si girò nella mia direzione.
«Mi senti?! Sto parlando con te!» dissi, alzando la voce.
Mi decisi a puntare la torcia sul suo volto, e ciò che vidi mi terrorizzò.
«C-cosa..» dalla mia bocca a malapena uscirono parole. Ero pietrificata dalla paura. Quel coso aveva sembianze umane. Ma non poteva sicuramente essere un umano!
Sembrava non mangiasse da mesi, era sporco, e la sua pelle era di un colore livido. Dalla sua bocca colava sangue fresco. I suoi occhi erano scavati, e il suo sguardo catatonico che incontrava il mio, mi metteva i brividi.
Lentamente cominciò a muoversi verso di me, come se fino a poco prima mi stesse studiando.
«Non ti avvicinare!» esclamai tirando fuori il coltello e puntandolo di fronte a quella cosa.
Ma, nonostante ciò, continuò a proseguire, come se non gli importasse della sua vita.
Come se avesse già vissuto la morte.
«Giuro che ti uccido se fai un altro passo!»
Non ero sicura di ciò che dicevo, forse non ero abbastanza convincente e per quello proseguiva.
Una scarica di adrenalina mi percorse da capo a piedi, e, senza neanche rendermene conto, mi avventai sull'essere premendo il coltello contro il suo stomaco.
La cosa cercò di mordermi e graffiarmi come più potè, e, con tutta la forza che avevo in corpo, spinsi il mio braccio sotto il suo mento così da bloccarla.
«Cosa sei Tu?!» la mia mente non pensava ad altro se non a cosa potesse essere quel mostro.
Dovevo rimanere lucida.
Era sicuramente lo stupido scherzo di qualcuno.
Diamine quant'è forte!
Mi spinse via e, con passo svelto si precipitò verso di me.
Ormai era sopra di me, e le mie forze stavano per terminare. Come faceva ad avere così tanta energia?!
E nel momento esatto in cui si abbassò per mordermi, estrassi il coltello, e con le ultime forze che avevo in corpo, lo pugnalai alla gola, e poi alla tempia.
Fu questione di secondi, prima che il mostro si accasciò su di me, e il suo sporco sangue cominciò a colare sulla mia maglietta.
Mi tolsi di dosso la cosa esaminandola attentamente.
Aveva dei pantaloni con le tasche, così decisi di infilarci dentro le mani, sperando di trovarvi qualcosa...e...bingo!
U-un documento?! Come può un mostro avere un documento?
Più guardavo quella cosa, più mi sembrava familiare.
In qualche modo mi dava l'impressione di averla già vista.
Presi un sospiro profondo e iniziai a leggere il documento.
«Abigail Johnson» sussurrai, leggendo il nome che vi si trovava scritto.
L'adrenalina era ancora a mille nel mio corpo, tant'è che non realizzai sul momento cosa avessi appena letto.
Più leggevo, e più mi sembrava di non averlo fatto.
«A-Abigail» mormorai, mentre la vista si opacizzò e le lacrime cominciarono a scorrere a fiumi sulle mie guance.
Quella cosa era mia madre.
Scoppiai in un pianto isterico e disperato, alzandomi velocemente e, avvicinandomi alla porta correndo, senza mai darle le spalle.
«Non può essere vero! È solo un brutto sogno...» sussurrai, guardandola da lontano, mentre le lacrime ancora non si erano fermate.
Il suo sguardo vuoto, perso.
Quello sguardo che fino a qualche settimana prima era energico e brillante.
Lo sguardo di mia madre.-
In copertina: Abigail JohnsonNulla da dire, mi sento una persona orribile
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Amavo la mia vita
HorrorAncora in revisione. Sappiate che è un genere horror/post-apocalittico. Vi sono presenti personaggi di ZNation. Nomi e fatti sono puramente casuali. I nomi dei personaggi di questa storia non saranno fedeli alla serie tv.