Capitolo uno.

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Ari sprofondò la mano tra i miei capelli, giocherellando distrattamente con le ciocche scure e facendomi rilassare mentre usavo le sue gambe come un comodo cuscino. Amavo quei momenti in cui eravamo solo io e lei, nella nostra tranquillità, a scambiarci piccoli gesti di questo tipo.

“Ti piace?” Chiese, scrutando l’espressione paradisiaca che avevo stampato sul volto. Aprii di poco un occhio, sorridendole pacificamente.

“Mmh.” Fu la mia unica e mugugnante risposta, prima che la porta d’ingresso si aprisse e ci mostrasse il mio coinquilino, intento a portare alcune buste della spesa colme di schifezze dentro casa.

“Ciao Lou!” Esclamò Ari, sorridendo al ragazzo che si tolse gli occhiali da sole per rivolgerci uno sguardo compiaciuto. Valutò bene qualcosa nella sua piccola mente bacata, prima di decidersi ad aprire bocca.

“Ari, ehm, fuori c’è Jase?” Proferì quella frase, che doveva essere un’affermazione, nel modo più interrogativo ed eloquente possibile. Ari si irrigidì immediatamente, sfilando le mani dai miei capelli e alzandosi di scatto, facendomi cadere dalle sue gambe con forza.

“Ahi.” Dissi, massaggiandomi la testa.

“Scusa, scusa!” Ari si avvicinò al tavolino da caffè e premette un tasto nel suo iphone prima di constatare che non aveva visto le numerose chiamate da parte del suo ragazzo.

“Cazzo, ora come minimo mi ammazza.” Sbraitò, prendendo velocemente la sua borsa e scoccando un bacio sulla guancia sia a me che a Louis prima di sgattaiolare via dal nostro appartamento.

“Ci vediamo stasera?” Chiese Louis, vedendola correre lungo il viottolo di ghiaia. Ari si girò verso il castano mentre continuava ad indietreggiare verso l’auto del suo ragazzo. Con la mano fece il segno di una cornetta, come per dire che ci avrebbe fatto sapere più tardi.

Mi accasciai nuovamente sul divano quando Louis chiuse finalmente la porta d’entrata. Mi rivolse uno sguardo che sapeva di rimprovero, prima di scavalcare le colme buste della spesa che aveva lasciato sul pavimento e raggiungermi sul divano. Prese possesso del telecomando e mi rivolse un furtivo sguardo arrogante.

Avanti, parla.” Lo precedetti, spiandolo con la coda dell’occhio mentre continuavo a rivolgere il capo verso la tivù. Eravamo entrambi sul divano, uno di fianco all’altro, con le gambe sul piccolo tavolino disposto frontalmente a noi.

“Non te la darà mai se continui a comportarti così.” Sputò con riluttanza, facendomi alzare gli occhi al cielo. Ormai erano mesi che continuavo a sentire quella storia.

“Smettila Lou, ne abbiamo già parlato.” Borbottai con incuranza. Non me ne fregava niente di questo argomento, non più, ero stanco di sentire le sue teorie idiote ogni fottuta volta.

“Cazzo, Zayn!” Brontolò, sbattendo i palmi delle mani sulle sue gambe. “Perché devi farla così difficile?”

“Non faccio niente difficile, Lou, ora chiudiamola qui prima che io mi incazzi sul serio.” Louis alzò le mani in segno di resa. Sapeva quanto potessi essere sgradevole quando mi irritavo e nonostante lui fosse il mio migliore amico deteneva il record in fatto di farmi incazzare. Era un maestro in quel campo, non c’era che dire. Finalmente Louis si zittì, prendendo a guardare uno stupido programma in tv, ma non resistette a lungo. Era tipico suo, non riusciva a tenere quella sua boccaccia muta per più di due minuti.

“E’ solo che mi sento male per te, Zay, sai bene che ti basterebbe dirglielo, non ti fa affatto bene startene così, immobile, senza nemmeno provarci.”

Sentivo dentro di me l’impulso di sferrargli un pugno in pieno petto, ma mi limitai a prendermela con in divano, colpendone il bracciolo con quanta più forza possibile. Louis a quel gesto sobbalzò leggermente, e stavolta mi girai verso di lui per parlare.

“Siamo amici da quando avevamo cinque fottuti anni, Louis. Cinque anni. Parliamo dei nostri problemi, cazzo, lei mi chiede consigli per far pace con quel coglione di Jase e io l’aiuto. Mi considera il suo migliore amico, o ancor peggio mi considera come un fottuto fratello. Cosa c’è che non capisci, eh? È una storia conclusa in partenza, stop, fine. Ora se per favore la smettessi di rompere il cazzo mi faresti un grandissimo piacere.” Le parole abbandonarono velocemente la mia bocca, e man mano che Louis le ascoltava sul suo viso si formava un’espressione compiaciuta.

Ecco un’altra cosa che odiavo di Louis. Io avevo un carattere osceno, a volte semplicemente mi svegliavo dell’umore sbagliato e non mi andava di vedere nessuno, figuriamoci di essere gentile. Ero irritabile senza motivo, spesso, e questo faceva incazzare la maggior parte dei miei amici. Sapevano quando dovevano starsene zitti o starmi alla larga sapendo quanto io potessi essere rompi coglioni. Ma Louis no, lui doveva sempre stare lì a cercare di risolvere la cosa, o ancor peggio a trovare la causa del mio repentino malumore. Odiavo questo suo lato, ma alla fine, forse, questo era anche il motivo per il quale era il mio migliore amico. In qualche modo, in qualche assurdo ed estremamente irritante modo, lui c’era sempre. E anche se magari non lo davo a vedere, sotto il mio sguardo irritato mi faceva piacere, in un certo senso, che lui ci fosse sempre per me. Ci teneva davvero a me, immagino.

“Ed ora cos’è quella faccia?” Dissi, esaminando quella specie di sorrisino che aveva arricciato sul volto. Louis scosse la testa.

“Niente.” Disse, alzando le spalle. Si alzò dal divano e raggiunse le buste della spesa. Lo seguii con lo sguardo perché sapevo che il suo ‘niente’ non era mai davvero ‘niente’. Da lì a poco avrebbe sicuramente ripreso a parlare. Prese le sue buste ed iniziò ad incamminarsi verso la cucina.

“…Solo che,” iniziò, confermando la mia precedente tesi e facendomi ridere aspramente. “Il fatto che tu ti incazzi così tanto per questa storia non fa altro che avvalorare la mia tesi.”

“Quale cazzo di tesi, Lou?” risposi svogliato, spegnendo la tv e raggiungendolo con rammarico in cucina.

“Sei assolutamente cotto di quella ragazza.” Specificò, scoccando un sorriso sul suo viso pulito. Alzai gli occhi al cielo.

“E sono così stanco di vederti soffrire per questa storia che ho deciso una cosa.” Ammise, estraendo una confezione da sei birre e infilandole in frigo.

“Non so se ho voglia di ascoltare.” Dissi, infilando le mani nelle tasche dei jeans e appoggiandomi al piano-cucina.

“Stasera a te ci penso io.” Disse, rivolgendomi uno sguardo di chi la sa lunga e facendomi rabbrividire. Se c’era una cosa che sapevo con certezza era che quando Louis Tomlinson aveva un piano non prometteva mai niente di buono.

*

dato che @caroilneforbes me lo chiedeva ho postato le mie vecchie storie di efp (questa e Begin Again) :)

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