Questo genere d’evidenza o di timore, in ogni caso, manteneva nei nostri concittadini il senso dell’esilio e della separazione. Al riguardo, il narratore sa perfettamente quanto sia increscioso non poter qui nulla riferire che sia veramente spettacolare, come a esempio di qualche edificante eroe o di qualche straordinario gesto, simili a quelli che si trovano nei vecchi racconti. Gli è che nulla è meno spettacolare d’un flagello e, per la loro stessa durata, le grandi sciagure sono monotone. Nel ricordo di coloro che le hanno vissute, le terribili giornate della peste non figurano come grandi fiamme interminabili e crudeli, ma piuttosto come un ininterrotto calpestio che tutto schiacciava al suo passaggio.
Albert Camus
La peste è un romanzo di Albert Camus, edito nel 1947. Si tratta di un libro intelligente, ovvero la cui costruzione è frutto di un’idea molto semplice ma da cui tutto si dipana: come sarebbe il mondo di una città di medie dimensioni se, all’improvviso, arrivasse il flagello più terribile che l’umanità abbia conosciuto per secoli? Già solo per questa semplice intuizione, il libro meriterebbe una sua storia e sicuramente una sua lettura. Esso può essere accostato facilmente ad un’opera di fantascienza, in cui tutto si gioca ideando un mondo alternativo ben poco diverso dal nostro, magari alterando, appunto, un semplice dettaglio. Il “dettaglio” qui è la peste.
La storia è ambientata ad Orano, città dell’Algeria francese. Non si potrebbe avere una ambientazione più ideale per l’inscenamento di una grande tragedia. Infatti, la tragedia nasce quando il tessuto ordinario della vita quotidiana viene stravolto, ovvero quando non c’è uno sfondo eroico, grandioso a sostenere il dramma ma la semplice vita attesa che si svolge esattamente come solitamente avviene. Il risultato non è, allora, la rivoluzione o il cambiamento subitaneo di Orano. Al principio nessuno ci crede, poi qualcuno ne inizia a parlare con circospezione, dopo un po’ si ammette e non si ammette il problema e infine le autorità timidamente reagiscono. Ma poi la tragedia non si può più negare e tutti agiscono come possono alla morte che entra nelle case, in un modo atroce ed orribile. Alla fine ben pochi sopravvivranno al flagello ma non tutti moriranno.
La narrazione de La peste si fonda su molti strumenti intelligenti che determinano la creazione di un’opera sofisticata, pur avendo una struttura sostanzialmente piana e una prosa non eccezionalmente articolata. Non è il linguaggio ad essere l’interesse del narratore (per quanto traspare da una traduzione ormai davvero datata nella sua edizione della Bompiani, risalente addirittura al 1948, almeno così è lecito sospettare). Infatti, la finzione letteraria adottata da Camus è quella di “fingersi” narratore in presa diretta dei fatti, riportata per gran parte in terza persona, nella figura del dottor Rieux, medico e dunque ideale “reporter”, che poi si scopre essere il narratore stesso. Quindi, una narrazione in gran parte in terza persona che, poi, si scopre in prima persona ma in realtà pur sempre finzione. Questo principio di doppio sdoppiamento (Camus che scrive in terza persona di un personaggio che narra degli eventi direttamente per poi passare alla prima persona) consente sia di avere una sorta di “storia” della peste, sia una presa diretta degli eventi. Ma non è la peste “l’insieme degli eventi” perché non è la peste l’interesse di Camus: il vero centro narrativo è l’insieme degli effetti della peste, determinati nell’intera città di Orano e addirittura oltre. Infatti, al principio c’è la peste e la peste era in Orano e presso Orano ma non si esaurisce né in Orano né presso Orano (per parafrasare un celebre passo biblico): la peste diventa un’esperienza che parte da Orano ma arriva fino alle propaggini più lontane dello stato francese (che all’epoca ancora considerava l’Algeria come parte integrante del suolo francese, fatto unico nella storia del colonialismo d’oltralpe). Non solo infatti Orano viene messa interamente in quarantena dalla Francia, a misura e protezione del resto dello stato, ma rimane continuamente in contatto con il resto del tessuto sociale al di fuori. C’è chi tiene corrispondenza con i cari al di fuori, c’è chi cerca di scappare. Ma in ogni caso, la peste non ferma le informazioni, sebbene ne decimi le persone. E’ l’universo della peste che interessa a Camus, interessato com’è a restituire la vita di una popolazione assediata o assalita da un male astratto. Prima di tornare su questo punto centrale, che rende il romanzo un’opera dell’umanità, un libro da conservare fin tanto che l’umanità è in grado di conservare se stessa, vorremmo riproporre una geniale pagina di Camus, quella in cui, ancora al principio, si sparge non la piaga ma il timore della piaga: