Il mio sangue vaga per la città,
Lo incontro ad un supermercato, trascina un carrello con dentro nulla che io comprerei.Lo intravedo in posta con in mano un numerino diverso da quello sto aspettando io.
Lo ritrovo in stazione, ad un binario che non è il mio, aspettando qualcuno che non sono io: stenta a riconoscermi, mi guarda confuso e poco dopo riproduce il mio sorriso. Lo ritrovo per pochi minuti, il tempo di riaprire una ferita, di vedere quegli occhi lucidi ed un forte imbarazzo ad accompagnare quella gioia inaspettata, la gioia che ero io.
Voleva offrirmi il suo ritorno attraverso un caffè, unito ad una brioche con dentro qualche confettura, come a colmare il mio vuoto.
Un attimo durato come il tempo della mia vita fino ad allora,un attimo di vent'anni.
Un attimo come il sorriso nel ricevere una bustina per il mio album di figurine da completare.
Un giorno come il Sabato delle corse in bicicletta in mezzo ai campi, le mie gambe che tremavano in salita, i miei starnuti causati dall'allergia al polline, le pause alla fontana per riprendere fiato e le piogge improvvise da evitare sotto i portici.
Tre giorni come quelli passati a Verona, sotto casa di quei cantanti che seguivo ossessionatamene. Tu che suonavi al campanello perché io ero troppo timida per farlo, le fotografie che hai scattato per me, il treno che abbiamo preso al volo, un sogno che per me si realizzava. Le amicizie che si sono create, le notti in hotel e quella in stazione aspettando il primo treno che la mattina ci avrebbe riportato a casa.
Una settimana come il tempo che aspettavo per rivederti nel weekend, scoprire insieme nuovi ristoranti e nuovi piatti. Le gite in montagna a prendere l'acqua dalla fontana e gli inverni innevati in cui volevi che io imparassi a sciare, ma non sarei mai diventata brava come te. Tre settimane come quelle che ti hanno riportato a casa cambiato, con una nuova vita. Quella vita delle video-chiamate di nascosto, dei continui messaggi, del tuo sfondo sul computer che mi faceva male. Il tuo viaggio lontano da me. Le cene senza te, i tuoi ritardi frequenti, l'inizio di una fine.
Un mese come il tempo che è bastato per dividerci. Dopo essermi trasferita a pochi metri da te sempre più lunga è stata la frequenza dei nostri incontri, io avevo gli esami di terza media, dovevo studiare ed bastato così poco per spezzare un rapporto vitale.
Un anno come il tempo in cui si aggiunge una candelina in più sulla torta.
Due anni come il tempo in cui, lontana da te, ho smesso di festeggiare il compleanno.Tre anni come quelli in cui ho lasciato la scuola per i miei continui malesseri mattutini, i mal di pancia e mal di testa frequenti a cui tu non hai mai creduto. L'ansia della scuola che mi ha devastato l'adolescenza, la mia timidezza e le difficoltà nel relazionarmi con i compagni di classe. Le prese in giro, i miei pianti lontana da tutti. L'affezione al buio e l'ansia del sorgere del sole che preannunciava l'inizio di un nuovo inferno tra quelle mura in cui regnava l'ignoranza. Le sedute dallo psicologo e quelle dallo psichiatra, loro che non hanno mai capito nulla di me e degli eventi che scatenavano le mie ansie. Le gocce omeopatiche e lo Xanax che mi rifiutavo di mandare giù.
Quattro anni come i cinque, come i sei ed ora i sette che siamo lontani. Lontani pochi metri.
Sono lontana da quella casa in cui ho imparato a camminare sbattendo contro il divano rosa, la stessa casa in cui avevo lamia piccola stanza magica piena di poster, disegni e passioni. Le stelle sul soffitto raffiguranti le costellazioni chela notte si illuminavano, la radio rosa di Barbie a trasmettere le mie canzoni preferite su cui improvvisavo balletti imbarazzanti insieme a tutte le mie bambole a cui creavo look ed acconciature stravaganti. Il mio pupazzo preferito vive ancora lì, si chiama "Miomio", ha la mia età e gli è stato attribuito questo nome quando da piccola lo portavo sempre con me, dicendo " è mio, è mio!"
Ricordo il mio piccolo orto che innaffiavo quotidianamente immersa tra le zanzare ed i moscerini che mi divoravano. Le quattro piante di kiwi che ogni autunno raccoglievamo insieme, riempiendo più cassette possibili.Il giardino in cui passavo i pomeriggi dopo scuola giocando a pallavolo con la palla che finiva sempre nel giardino dei vicini, tra le margherite e le piante che ora hanno lasciato spazio ad un enorme palazzo.Ricordo il mio primo gatto che hai portato a casa quel 12 Ottobre, piccolo come il pugno di una mano. Lilli settimo, come dicevi tu scherzando, dato che prima di lui avevi avuto altri sei gatti con lo stesso nome. Per me era il mio Lilli con un dente rotto a causa di un incidente, lo stesso che era rimasto un giorno chiuso accidentalmente nello sgabuzzino e che un'altra volta era arrivato sopra il tetto non riuscendo più a scendere. Eri andato tu con la scala a prenderlo, ti ricordi? Il mio Lilli che chiamavo ogni mattina gridando in giardino anche quando poi non è più tornato a casa. Ricordo quando mi portavi alle feste nelle quali ti consegnavano delle medaglie per i tuoi anni di lavoro, feste composte da spettacoli divertenti e sotto al palco un tavolo imbandito di dolci a fare da sfondo. Ricordo le damigiane di vino in cantina che creavano numerose bottiglie da travasare insieme, che fosse Barbera o Grignolino.
Ricordo la mia passione per Sanremo nata nel 2007 a soli dieci anni. Negli anni successivi, prima di ogni edizione, impostavo una griglia su un foglio dove ti facevo votare con me tutte le canzoni in gara, anche se le nostre preferite poi non vincevano mai. Da questa passione derivano i concerti che abbiamo condiviso, le emozioni e gli insegnamenti che apprendevo dai cantautori italiani mi hanno reso capace di esprimermi attraverso le parole più di quanto io sia capace a fare con dei discorsi a quattrocchi. Ricordo tutto di noi e se chiudo gli occhi riesco a rivivere le stesse emozioni. I miei occhi sono come i tuoi, chissà se ci riesci anche tu.
Adesso hai qualche linea in più sul volto, gli occhi più spenti,qualche sorriso in meno e qualche chilo in più. Hai ancora quel cappellino, gli stessi occhiali neri e le mani di un uomo che nella vita si è dato da fare per realizzarsi, iniziando a lavorare da adolescente per mantenere la famiglia, mentre frequentava una scuola serale. Quella maglietta che ti ho portato da Montecarlo forse non ti starà più ma sono certa che la conservi ancora in qualche cassetto, come tutti gli album fotografici che ti ricordano di me. Anche io sono un po' cambiata, il mio volto è più simile al tuo adesso, i miei capelli sono più lunghi, i tuoi più bianchi,ma ti riconosco ancora nelle nostre fotografie. Ricordo quando mi rimproveravi per la mia scrittura ed ora posso dire di avere una bella calligrafia, ricordo quando passavi ore ad interrogarmi sui verbi che non ho mai più dimenticato, ricordo quando mi insegnavi i capoluoghi delle regioni italiane su cui ho preso ottimo nella verifica. Questo era il tuo modo di crescermi, mi hai insegnato tutto tranne che il funzionamento della vita, forse perché non lo conoscevi nemmeno tu. Questo ho dovuto sentirlo sulla mia pelle, sbattere molte volte la testa ed imparare a bastarmi facendo affidamento sulle mie sole forze, ma ora sono fiera di quello che sono diventata.
Sono fiera di me per le sigarette che non ho mai fumato, per tutte le sostanze che non ho iniettato nel mio corpo, per tutte le volte che non sono stata in mezzo alla gente e per quelle in cui non mi sono sentita accettata. Sono fiera per tutti i pianti che ho trasformato in parole su dei fogli di carta, perché sono sopravvissuta nonostante il tempo,nonostante il freddo, nonostante il caldo. Nonostante i brividi e nonostante il sudore. Sono fiera di me perché non lo sono mai davvero ed i miei obbiettivi mi tengono in vita quotidianamente. Ho ricevuto i tuoi fiori il giorno del mio compleanno, i tuoi messaggi di auguri ad ogni festività e la tua continua assenza. Ho preso da te la parte migliore di me e quella peggiore: dalla mia passione per il disegno che mi cullava le notti in cui perdevo il controllo della mia testa, al mio carattere freddo,a volte distante anche dalle persone che ho accanto,introverso ma solare. Ho preso i tuoi lineamenti, i pregi ed i difetti, ma sono ancora fiera quando mi dicono che assomiglio a te.
Cosa porta a far si che il tuo sangue non venga più riconosciuto da te? Sangue che scorre costantemente nelle tue vene e mantiene il tuo fisico, ma non la tua anima.
Cosa porta i tuoi stessi occhi, quelli con cui hai condiviso la tua vita, a non riuscire più a condividere un solo sguardo? E le tue gambe ad allontanarsi da chi ti ha sorretta prima che imparassi a usarle?
Il tempo, il tempo che non torna più.
Quel tempo durato un attimo, un attimo durato vent'anni.
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Il mio sangue
General Fiction"Il mio sangue" racconta di me, dei miei sentimenti e dei miei legami di sangue, che scorrono ancora nelle mie vene, ma vivono lontani da me.