Bianca's Pov
«E allora perché non sei andato via?» Il fiato fuoriuscito si trasforma in una nuvoletta ed inserisco le mani nelle tasche della giacca.
«Perchè poi ho rimembrato a che ora chiudeva il negozio» Si avvicina a me.
«Posso salutarti come si deve o rischio una mano mozzata?» Alza il sopracciglio sinistro.
«Mai detto di volerti mozzare una mano» Le sue braccia mi avvolgono. Ares è molto più alto di me, si abbassa anche per arrivare ad avere la testa all'altezza della mia.
«Ciao, biondina» Mi dice all'orecchio ridendo.
«Non chiamarmi così, mi da fastidio!» Lo rimprovero in tono scherzoso.
«Oh, scusa, allora ciao, piccola atea» Il suo respiro al mio orecchio è regolare e caldo. Non mi sentivo chiamare così da giorni, mi procura un colpo al cuore.
«Deduco dal tuo silenzio che non ti dà fastidio invece questo soprannome»
«No, non mi dà fastidio» Si stacca dal mio orecchio e da me.
«Quando ti coprirai per bene? Rischi un malanno!» Chiude i primi bottoni della giacca senza guardarmi.
«Quando tu la smetterai di farmi da papà» Lo canzono mettendo le mani sui fianchi.
Lui mi guarda ed apre la bocca per poi mimare le mie stesse mosse.
«Ma io non ti faccio da papà» Oltre ad avere le mani anche lui sui fianchi, allunga la gamba e porta il peso sull'altra gamba, proprio come sto facendo io.
Gli do uno scappellotto sul braccio ridendo e la sua risata segue la mia. Mi prende per il braccio e mi costringe a guardarlo dritto nei suoi occhi.
Sono sempre in imbarazzo con lui, i suoi occhi mi mettono a disagio.
«Ci hai pensato?» Mi sorride.
Corrugo la fronte non capendo a cosa si ferisca, al ché lui mi rinfresca la memoria.
«A ciò che è successo. Al bacio.»
La mia bocca prende la forma di una "o" e subito dopo mi schiarisco la voce.
«No... Ares...» Sospiro «È difficile, non ne sono sicura di potercela fare. Vederti in chiesa sotto gli occhi dei miei genitori, per poi passare del tempo con te non proprio da amici, mi mette in soggezione. Non voglio vivere nel proibito, non voglio coinvolgere i sentimenti, non voglio ingannare i miei genitori. Tu hai dei doveri ed anche io.» Parlo velocemente e senza alcun interruzione. Ares mi guarda negli occhi e li chiude per un secondo.
«Non so cosa mi prende» Mormora piano.
«Scusami, hai ragione. Non possiamo, non posso.» Ritrae le mani dalle mie guance ed il calore che emanavano le sue mani su di esse viene rimpiazzato dal freddo battente.
Lo guardo e dentro di me sono confusa. Tutto ciò che provo è troppo per dire che Ares mi piace ma è troppo poco per dire che non mi piace. È una situazione non programmata, una stupida bravata e in cuor mio mi sento stupida.
«Non è così che deve andare» Confermo ancora una volta. Ares annuisce piano e con il buio che ci copre, non mi è possibile guardare i suoi occhi, quegli occhi che mi piacciono tanto per quella luce che hanno.
«Non rendiamo le cose più difficili di quanto già non siano.» Mi supera e con qualche passo veloce, è già molto lontano dal mio corpo. Troppo lontano.
Si volta, ho gli occhi che pizzicano, le mani che fanno male per il troppo freddo.
«Sarà inutile cercare di evitarci. Non evitarmi, perché io non lo farò.» Gira l'angolo a destra e scompare dalla mia vista.
Respiro velocemente e non riesco a proferire parola. Forse, semplicemente, non ho alcuna parola per esprimermi ora. Dò un calcio al sasso che mi ritrovo a qualche cm lontano da me, ma la mia rabbia ora è troppa per essere scaricata su un sasso.
«Merda!» Impreco. Corro, non conosco la meta, sento il freddo che mi colpisce la faccia, il vento fra i miei capelli ormai sciolti dalla treccia che li teneva legati.
«Ares!» Grido.
Si volta non capendo. Dalla sua faccia sembra sorpreso. Mi butto tra le sue braccia e lui, prontamente, mi afferra dalla vita e mi alza di qualche cm da terra.
«Ho paura» Confesso. Non sopporto i miei occhi che pizzicano, non sopporto questo peso opprimente al petto, ma non sopporto nemmeno questa situazione.
«Di cosa?» Mi sussurra mentre mi accarezza la schiena. Mi aggrappo ancora di più al suo collo, mi piace il suo profumo.
«Di questo peso che porto, ne ho paura, ma ho paura anche di non rivederti» La mia voce ora è strozzata dalle lacrime che fuoriescono senza il mio consenso.
«Non sentirti costretta» Mi guarda in pieno viso e scaccia via una lacrima furtiva con il suo dito.
«Non mi sento costretta, ma ho paura ugualmente. Perché se vuoi mettere su questa cosa con me, non rinunci a prendere i voti? Perché non possiamo fare tutto alla luce del sole? Perché non possiamo smetterla di nasconderci in un parco?» Mi sento egoista, ma ho bisogno delle sue risposte. Chiude gli occhi, un po' come se fosse difficile per lui sentirsi dire tutte queste cose una dietro l'altra.
«Non sai quante volte mi sono posto le stesse domande, ma non posso... Non ora. Non posso» Mi mette giù, ma senza lasciarmi mai.
«Perchè?» Chiedo abbassando lo sguardo.
«Un giorno, giuro, lo saprai. Ora no.» Mi sussurra.
Sto per chiedergli cosa significa esattamente questa frase, fin quando la suoneria del mio cellulare mi distrae. Apro la cerniera della mia tracolla e leggo "Mamma" sul display illuminato.
Faccio segno ad Ares di stare zitto, per poi accettare la chiamata.
«Mamma?»
«Santo Dio, Bianca! Dove diavolo sei?» Le sento dire in tono autoritario e serio dall'altro lato.
«Ho incontrato una mia compagna di classe e sono rimasta a chiacchierare con lei, giuro che adesso torno a casa!» Esclamo, inventando la prima bugia che mi è venuta in mente.
L'angolo sinistro della bocca di Ares sale su ed alza gli occhi al cielo divertito.
«Va bene, si, ora vengo. A dopo» Stacco dopo aver sentito anche Jocelyn dirmi che le mancavo.
«È anche per questo che non voglio vivere nel buio» Gli dico puntandogli il dito contro il petto.
«Ares, devo andare, non posso più stare a parlare.» Mi separo da lui mettendo anche il cellulare in borsa, mentre lui si schiarisce la voce.
«Ti rivedrò?» Chiede, con un tono di voce diverso da quello che ha usato fino ad ora. Quasi supplichevole.
«Non lo so, ora sono confusa.» Confesso.
Annuisce e mi prende la mano.
«Ci spero, allora» Mi bacia le nocche della mano e va via.
Deglutisco e sospiro rumorosamente prima di girarmi e iniziare a correre verso casa. Fortuna che non è lontana, almeno questo.
A pochi passi dal vialetto di casa, iniziano a comparire per terra delle macchioline scure, alzo gli occhi al cielo e noto che sta iniziando a piovere ma non importa più di tanto ormai. Salgo i tre scalini di casa, frugo nella tracolla sempre disordinata e dopo aver imprecato mentalmente per la mia pigrizia nel non comprare un portachiavi così da vederle subito, trovo le chiavi, le inserisco nella serratura ed apro la porta.
Giuly mi viene in contro senza dire una parola, sorride solo con quei due denti che le mancano mentre vedo in lontananza Jocelyn in cucina con papà.
«Sono tornata!» Esclamo per farmi sentire ed avvertirli.
«Alla buon ora, eh!» Spunta mia madre dal corridoio. Ha un tubino blu fino alle ginocchia, le maniche di pizzo e delle scarpe nere lucide ai piedi. È stupenda come sempre, se solo non fosse che siamo come cane e gatto...
«Vi abbiamo lasciato la lasagna in forno» Inizia ma la fermo all'istante.
«Perchè? Dove dovete andare?» Guardo anche mio padre, il quale è vestito anche lui in modo elegante nel suo smoking grigio.
«Te lo sei dimenticata?» Afferra il suo orologio da polso sul tavolino in salotto.
«Cassidy e Michael hanno organizzato una cena di beneficenza, ci hanno invitati» Riprende a parlare citando i loro amici d'infanzia.
«Oh, si, giusto. Scusami, me ne ero dimenticata» Mi rivolge un sorriso e mi accarezza la guancia per poi scappare in cucina. A volte mia madre mi sorprende.
«Allora, che te ne pare del tuo papà?» Lui apre le braccia e fa una giravolta su se stesso facendomi ridere.
«Stai bene papà, ringiovanito di qualche anno!» Lo prendo in giro.
«Stai forse cercando di dirmi che sono vecchio?» Ridacchia anche lui prima di ritrovarmi tra le sue braccia.
«No, sto dicendo che sarai il più bello della serata!» Stringo le braccia intorno al suo busto possente.
Ho sempre adorato mio padre, siamo simili e questo mi procura sollievo. So che non potrebbe mai giudicarmi, ma ho paura di deluderlo e ho paura di deludere anche mia madre, anche se litighiamo quasi tutto il giorno, mi spezzerebbe il cuore sapere della loro collera nei miei confronti.
Ares mi ha scombussolata.
«Noi andiamo, stai attenta a te e alle bambine» I miei mi salutano ed io li rassicuro promettendo loro di fare la brava e di badare alle mie sorelline e così, dopo qualche bacio sulle guance alle bambine e qualche carezza a me, varcano la soglia di casa.
«Bí» È Jocelyn.
«Ho fame!» Dice.
«Anche io» Ridacchio «Andiamo, scaldo la lasagna» Porto le bambine a tavola mentre imposto il forno a microonde. Dopo aver sentito il "tin" finale, prendo due presine e caccio fuori la teglia bollente. Prendo tre piatti e taglio tre porzioni abbondanti di lasagna e mentre la cena prosegue come deve andare, lascio che le mie sorelle mi raccontino la loro giornata.
«Oggi con mamma abbiamo incontrato Sally, la figlia della signora Benson. Aveva una gamba fasciata perché, mentre ballava, se l'è slogata» Giuly rabbrividisce e Jo ridacchia.
«Che c'è, Giuly? Ti ha fatto impressione?» Le chiedo spostandole i capelli dalle spalle.
«No, Bì, ma penso al sangue e...» Rabbrividisce di nuovo.
Beh, almeno ora ho scoperto che mia sorella non potrebbe mai diventare una dottoressa.
Finita la cena lavo i piatti e metto a letto le bambine. Stavolta erano più stanche del solito, a volte mi tengono sveglia perché vogliono che racconti delle favole della buonanotte, ma con loro non funzionano mai.
Controllo che le luci in casa siano spente ed anche il gas, chiudo la porta e salgo su in camera mia. Entro in camera e mi tolgo le scarpe infilandomi sotto le coperte ancora con i vestiti, prendo il PC dal comodino e clicco la pagina che mi porta al mio blog."21 Dicembre.
Quanto coraggio mi serve?"Spulcio qualche blog da seguire fino a quando sento i miei occhi pesanti ma non posso ancora addormentarmi, devo anche segnare delle idee che mi sono venute ieri su un quaderno per il ballo della scuola. Non perdo altro tempo, mi tolgo le coperte dalle gambe ed afferro una penna ed il mio notebook e scrivo le idee che mi sono balzate in mente.
- Maschere e macchina fotografica
- Cibo vegetariano e vegano
- Stelle filanti nel cortile della scuola a fine serataChiudo il notebook segnandomi su un post-it di chiedere ad Iris e ad Alyssa cosa ne pensino, lo attacco alla scrivania ed afferro le salviette struccandomi velocemente per poi infilarmi il pigiama ed addormentarmi con il ricordo di Ares che predomina su di me.
Angolo Autrice
EEEEEEH! Ve l'avevo detto che non vi avrei fatto aspettare, anzi, due giorni dopo ed eccolo qui il capitolo!
Fatemi sapere il vostro parere nei commenti! 🎈
Tanto amore per voi. 🌻
R ✨
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Cross †
RomanceUna croce, una croce divide Ares e Bianca dal loro amore. Bianca sogna un futuro lontano dal Michigan, vorrebbe viaggiare in giro per il mondo proprio come faceva suo zio che non sente da oltre un anno. Sebbene sia non credente, i suoi genitori la c...