SILENZIO STAMPA

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Ricordo tutto sai? Ricordo proprio tutto. Ricordo i sorrisi, le lacrime, gli abbracci, le carezze, i baci, le nostre mani intrecciate, le passeggiate fianco a fianco per Milano, Roma o Messina –Gorizia è decisamente troppo fredda per passeggiare, noi preferivamo rifugiarci davanti al camino a guardare un film-, i bagni che non volevi fare nell'acqua cristallina della Sicilia e le mie cadute durante le escursioni in montagna. Strano vero? Io, Alberto Urso, ricordo tutto di noi. Ricordo in particolare quel giorno. E non sto parlando di un giorno in cui i protagonisti furono i per sempre e le promesse. No no, parlo di quel fatidico giorno in cui tutto il mio mondo è crollato. E' sempre stato tutto estremamente nitido e confuso allo stesso tempo, almeno fino a poco tempo fa.

Luglio 2019

Il rumore della moto che si fonde con il rumore del mare che si infrange sugli scogli, la brezza marina che mi sfiora la pelle, il sorriso sul volto e la voglia di abbracciarti e baciarti più forte che mai. Io che torno a casa dall'incontro di lavoro, la solita rosa bianca fra le mie mani per la donna più bella del mondo – tu – e quel biglietto.

Per Alberto

Mi dispiace, non sai quanto mi dispiace Alberto.

Non è giusto per noi. Doverti lasciare andare così, senza preavviso, scappando –come d'altronde faccio sempre-, lasciandoti con le lacrime agli occhi e senza nemmeno un ultimo bacio. E' difficile per me farlo, potevo aspettarti e dirtelo di persona, ma non ce l'avrei fatta, sarei ricaduta in quelle braccia che da quasi due anni mi proteggono da tutti e tutto, in quegli occhi verde smeraldo che mi illuminano la giornata oppure in quelle labbra che sanno di caffè e panna. E no, non me lo potevo permettere.

Grazie Alberto per avermi amata, lo so che non ho un carattere facile, lo so che non è stato semplice sopportare i miei sbalzi d'umore e la mia rabbia repressa contro il genere maschile, lo so che sono stata una sfida. Noi siamo stati una sfida. Una di quelle sudate e difficili. Alla fine però eravamo riusciti ad arrivare al traguardo sani e salvi, credo. Tu di sicuro, io un po' meno.

Grazie Alberto per avermi fatto credere in me stessa e per avermi fatto rivedere bella di fronte allo specchio.

Grazie Alberto perché, forse, io non ti meritavo eppure tu non te ne sei mai andato.

Ti amo, ma non abbastanza per accettare di essere la seconda scelta.

Tua, Beddazza.

La rosa che cade a terra silenziosamente, ma, forse per la tristezza forse per il vuoto che avevi lasciato, per me aveva fatto più rumore di una bomba. Uno sparo dritto al cuore avrebbe fatto meno male. Le lacrime che non accennano a smettere e quella frase che mi risuona nella mente.

Essere la seconda scelta. Quel giorno e per i successivi non l'avevo mai capita, compresa, studiata a dovere. E invece ora l'ho capita, ti ho capita. Forse troppo tardi ma l'ho fatto.

Perché non me ne hai parlato? Perché sei scappata da me? Perché mi hai lasciato andare? Perché Tijana di punto in bianco hai cominciato a credere all' "anche se ti voglio bene io ti lascio andare"? Perché non mi hai detto che ti sentivi messa da parte? Perché prima di andartene sei passata a casa mia a salutare i miei genitori e mia sorella? Perché non hai preso quel treno e basta? Non volevi dare alla nostra relazione, a me, a noi una seconda possibilità? Ma tu, Tijana Boric, sai quante notti ho passato fissando il soffitto pensando a te, a cosa stessi facendo e a loro? Loro che avevano la possibilità di passare con te giornate intere, loro che potevano consolarti e asciugarti le lacrime, loro che io ho conosciuto e stretto la loro mano, loro che hanno accettato e approvato noi, il noi che tutti sminuivano e insultavano. Lo sai? Non credo, o forse si. Perché come hai detto tutto mi ami e quindi mi conosci, sai quanto io sia sensibile quando si tratta di persone importanti. E per me Tijana era la più importante. Forse non te l'ho dimostrato abbastanza, ma per me occupi –modo indicativo tempo presente- il primo posto. Ho provato a chiamarti e a scriverti, per giorni, mesi. Silenzio stampa. Avevi cambiato numero per caso? Rispondo io: no. Squillava, squillava e squillava a vuoto. Dov'eri finita Tish? Mi stavi ignorando. Ma io avevo bisogno di una spiegazione faccia a faccia, non mi accontentavo di una stupida lettera e due parole scritte con una biro. No. Io volevo vedere i tuoi occhi, ero anche disposto a vederti piangere – anche se lo sai benissimo quanto mi distrugga-. Pur di vederti e capire ero disposto anche a farti arrabbiare e urlare. Silenzio stampa. Per minuti, giorni e mesi.

Tendimi la mano e amamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora