Prologo

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Prologo

Quella notte non erano riusciti a tornare a casa, lei sapeva che una volta sola sarebbe stata travolta dalle emozioni e lui non si sentiva più al sicuro, si sentiva estraneo al mondo, aveva vissuto in una realtà che oramai sembrava lontana da quella reale e sentiva il bisogno di legarsi nuovamente ad essa facendo ciò che sapeva fare meglio e cioè immergersi nel lavoro, solo che questa volta si trattava di fare ricerche su un libro che illustrava creature mostruose e surreali nel quale loro dovevano trovare quella che si avvicinava maggiormente a lui. Erano entrambi esausti, ma non si davano per vinti, erano alla stazione di polizia da più di due ore. Lydia ogni dieci minuti interrompeva la sua camminata avanti e indietro per la stanza con il libro in mano per sedersi sulla sedia e chiudere gli occhi per pochi istanti. In quei momenti Jordan interrompeva la sua ricerca al computer per ammirarla. I capelli rossi legati in uno chignon disordinato le incorniciavano il viso più pallido del solito, un'ombra sotto gli occhi che segnava l'accenno di due occhiaie la rendeva più reale, a lui non sembrava vera, era convinto che fosse una mistica sirena dalla bellezza singolare. Quando lei riapriva gli occhi li incrociava coi suoi e si perdeva nelle iridi verdi smeraldo, sentiva la terra mancarle da sotto ai piedi e si affrettava a scostare lo sguardo, così entrambi tornavano al loro lavoro.

Era passata un'altra ora quando a Lydia cadde il libro di mano facendo un tonfo rumoroso che fece sussultare Parrish per lo spavento. La ragazza cominciò a tremare con gli avambracci tesi davanti a sé e i palmi aperti, mentre fissava il vuoto. Sentiva puro terrore scorrerle nelle vene. Voleva urlare ma la voce le si bloccava il gola, ma sapeva che lui l'aveva appena fatto, aveva esternato la sua paura. Sapeva dove si trovava, cosa stava provando e cosa volesse comunicarle. Era una richiesta di aiuto, una che lei non era tenuta ad accettare, perché ne aveva abbastanza. Non poteva andare contro tutto e tutti perché lui le diceva di farlo.

"Lydia, Lydia!" Jordan cercava di farla rinvenire, voleva che uscisse da quello stato catatonico. Quando le si parò davanti scorse una lacrima scenderle sulle guance e il suo sguardo vuoto lo spaventò. Voleva che smettesse. Le mise le mani sui fianchi e l'avvicinò a sé per poi stringerla fra le proprie braccia e tenendole una mano sul capo come per darle maggiore conforto. Lei si ritrasse dopo pochi secondi, anche se a entrambi sembrò che il tempo si fosse fermato. "Eeehm, devo andare. Si è fatto tardi." Mormorò Lydia confusa prendendo la giacca e affrettandosi verso la porta. Lui la rincorse e le strinse il gomito. Lei sussultò senza girarsi. "Cosa è stato?" Le chiese. Peter. Lei deglutì. "Brividi di freddo." Tagliò corto per poi uscire e incamminarsi verso la macchina. Per un attimo aveva pensato di tornare indietro e raccontargli tutto, ma non poteva capire, e non era destino che qualcuno sapesse ciò che Lydia provava. Sentiva ancora il terrore arrampicarsi sul suo corpo, farsi strada fra i nervi e le arterie, fino ad arrivare al cervello e colpire i punti più deboli. Aveva paura che se non lo avesse aiutato sarebbe stata così per sempre, ma la domanda che si poneva era : la mia sofferenza o quella di tutti quelli che amo? Sapeva cosa avrebbe comportato liberarlo, i suoi giochetti mentali avrebbero fatto impazzire tutti quanti. A volte lei desiderava spegnersi, come la fiamma di una candela, lentamente, in modo triste ma romantico, e lo voleva però era troppo presto, e lei non aveva il coraggio per togliersi la vita, anche quando il dolore e la sofferenza (degli altri) la devastavano, perché lei sentiva tutto, e loro volevano comunicarle tutto.

Entrò in auto e accese la radio al massimo volume.

anchor | marrish Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora