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Erano ormai anni che l'epidemia aveva infettato tutto il mondo, l'umanità era in un baratro e non c'era via d'uscita, gli ultimi rimasti sarebbero scomparsi nel giro di qualche decennio, forse. Noi Fog Walkers eravamo accampati dentro un negozio di tabacchi abbandonato, spoglio di quasi tutti i prodotti. Si stava facendo sera e percorrere la strada di notte equivaleva a suicidarsi, per mano di zombie o gang aggressive. Noi cinque volevamo solo andarcene, ma per passare il confine dovevamo per forza attraversare il territorio dei Gun Ready, gruppo che nutriva un odio estremamente profondo nei nostri confronti, ma a noi fregava ben poco, non cerchiamo problemi e non ne abbiamo mai creati.

"Hey Doc, vieni qui" sussurrai al leader del gruppo, che pian piano si avvicinò a me, stando attento a non disturbare gli altri che dormivano, stanchi dopo una giornata di tensione, corse e morti viventi. Si accovacciò dietro al bancone, a circa venti centimetri da me, senza far rumore.

"Yun, perché ancora sveglia? incubi?" dicendo queste parole mi strinse a sé con fare paterno, facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla.

"No no, volevo solo chiederti...Marlboro o Lucky Strike?" tirai fuori due pacchetti nuovi, trovati per terra vicino all'entrata della tabaccheria. Alla domanda lui mi spinse via, mettendosi a ridere. Sapevo benissimo come la pensava, il suo odio per il fumo superava qualsiasi cosa, mi rimproverava sempre, ogni volta che mi vedeva.

"Sai che non fumo Yun, non dovresti neanche tu, danneggia la salute e insieme all'alcol ne verrai fuori distrutta"

"E' da quando ho usato la bottiglia di vodka per ammazzare quello zombie che non bevo, è successo due giorni fa...la bottiglia era ancora mezza piena, che spreco"

Presi il pacchetto di Marlboro, lo scartai e presi una sigaretta, per poi accenderla con un accendino trovato qualche settimana prima per strada. Appoggiai la testa al bancone dietro di me, feci un tiro e buttai fuori il fumo, ricevendo un dito medio come risposta.

"Tra qualche giorno saremo nel territorio dei Gun Ready, ti senti pronta?" Doc si comportava come un padre nei miei confronti, mi aveva trovata all'inizio della pandemia e da allora mi protesse sempre. sapeva che io avevo un conto in sospeso con il capo dei Gun Ready, ma ogni giorno provava a farmi ragionare, invano.

"Io non sono mai stata pronta, lo sai bene, non è nella mia natura fare del male agli altri, se potessi risolvere tutto sto cazzo di casino con le buone lo farei, anche a costo della vita, ma questa situazione mi ha cambiata, mi ha resa quel che sono, una persona da cui tutti dovrebbero stare alla larga, una tossica, alcolizzata e malata mentalmente. Ma ti giuro che non appena vedrò Lawrence gli spaccherò la testa sul cazzo di pavimento, gli strapperò gli occhi e li userò come esca per attirare zombie e farlo divorare, ancora vivo. Ha ucciso il mio cane, io ucciderò lui e tutti quelli che oseranno sbarrarmi la strada, quanto è vero che mi chiamo Jung Seo Yun".

Amavo il mio piccolo Bunny, era il top dei pastori tedeschi, anche se ancora cucciolo. Mi ero messa d'accordo con Lawrence, mi avrebbe ridato Bunny se io gli avessi dato tutte le armi che possedevo. Arrivata al luogo dell'incontro lui si prese le armi e con un sorrisetto sparò a Bunny. Sparò a un cucciolo indifeso di tre mesi. Se ne andò e mi lasciò sola con il cadavere del mio amico. L'unica cosa che mi rimaneva di lui era il collarino viola con la targhetta a forma di osso, ancora sporca di sangue.

"Era l'unico rimasto della mia famiglia...avrò la mia vendetta" tirai fuori il coltellino che tenevo in tasca e lo puntai verso Doc, "se tu me lo impedirai passerò anche sopra di te, sai che ne sarò capace".

lui prese il coltello e lo abbassò, senza che io opposi resistenza. Sapeva che io non gli avrei mai fatto male, anche se avesse detto "è solo un cane", la sua opinione in questi casi non mi importava affatto, ma ero decisa a farla pagare a Lawrence e neanche dio avrebbe potuto salvarlo.

Mi scese una lacrima, poi un'altra e un'altra ancora, Doc era l'unico che mi aveva vista piangere. Mi prese e mi strinse a se, accarezzandomi i capelli neri e le guance pallide. Mi diede un bacio sulla fronte e si addormentò. Il mio sonno mi aveva abbandonata molto tempo fa, ma anche se avessi voluto dormire non avrei potuto, essendo il mio turno di guardia. Mi liberai dalla presa del ragazzo e andai fuori dal locale per prendere un po' di aria fresca. Mi accesi un'altra sigaretta e un tiro dopo l'altro arrivai alla fine. Buttai il mozzicone a terra, lo spensi con lo stivale e tornai dentro. Tutti dormivano, gli unici suoni che si sentivano erano le urla e i versi degli zombie; niente uccelli, niente animali, poco vento che tirava verso sud, favorevole per noi, che stavamo andando a nord. Osservai gli altri membri del team riposare, con la luna che faceva da unica fonte di luce per questa volta.

Tutto era tranquillo, stavo riparando il mio arco e affilando il coltellino, quando sentì una mano calda afferrarmi la spalla. Presa alla sprovvista in un lasso di tempo brevissimo presi il coltello e lo puntai verso quello che, poco dopo, realizzai fosse Michael, pronto a contrattaccare, puntandomi il suo machete alla gola. Fra tutti i membri del gruppo era l'unico che non ero ancora riuscita a battere negli allenamenti, non riuscivo a star dietro a così tanta velocità racchiusa in un ragazzo di ventidue anni che ora sedeva vicino a me.

"Il tuo turno è finito Yunni, perché ancora sveglia? hai paura del buio?" si stava trattenendo per non ridere, almeno non troppo rumorosamente, ma io avevo altri pensieri in mente, la notte mi faceva riflettere molto. Mi rigiravo il coltello tra le mani senza aver dato una risposta concreta a Michael. Lui si avvicinò e poggiò la testa sulla mia spalla, anche se più alto di me di almeno trenta centimetri. I capelli chiari mi solleticavano il collo, prima o poi glieli avrei tagliati. le sue mani strinsero il mio polso e tirarono su la manica, scoprendo diversi tagli e cicatrici profonde.

"Lo fai ancora?", io e Michael eravamo migliori amici, conosciuti durante il diffondersi della malattia più di tre anni fa. Un giorno, a casa mia, aprì la porta del bagno e mi trovò con una lametta in mano e il braccio pieno di sangue e tagli. Lui più di tutti conosceva il mio passato da autolesionista, ma non me lo faceva pesare, come nessuno del resto.

"No, non ne ho voglia. Vado a riposare, ora è il tuo turno di guardia, buonanotte Micky"

"Buonanotte Yunni".

Forgotten DaysDove le storie prendono vita. Scoprilo ora