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Era passata una settimana, da quando mi ero trasferita in quel cavolo di covo, mi aveva mostrato il resto del gruppo, c'era un ragazzo di origini coreane di nome Martin, poi c'era Bruce, era enorme se mio fratello era alto il doppio di me, beh lui era alto il triplo, ah inoltre era pieno di tatuaggi, vabbè poi c'erano Luke, Ethel , Bonnie, Nathan e a loro mi ero dovuta unire anche io.
Nathan da quanto avevo capito era il ledere ed era sempre e perennemente incazzato, il suo motto era
-Non rompere il cazzo ho da fare- e così tutti lo lasciavano da solo nel suo studio, ah inoltre si divertiva ad infastidirmi, ogni mattina mi svegliava all'alba e mi portava in una palestra per allenarmi, e la sera mi mandava a letto tardi solo per vedermi sfinita il mattino seguente.
Luke moriva dietro Bonnie, anche un cieco ci avrebbe fatto caso, e anche Bonnie sembrava abbastanza presa, con lei non ci avevo più parlato, qualche volta mi veniva incontro cercando di parlarmi dicendomi la fatidica frase
-Lasci che ti spieghi- ma io ovviamente non l'ascoltavo e andavo per la mia strada.
Ethel, beh lei era sempre silenziosa, da come mi avevano detto era il genio di internet nel gruppo, il loro haker.
Bruce ogni notte usciva per ritirare carichi di droga, che e durante il giorno vendeva a piccole e in grandi quantità a persone orami tossiche, dipendenti da quelle schifezze.
Martin, era l'incaricato alle armi, ero stata con lui nel suo "paradiso" così lo chiamava lui, una semplice stanza, molto grande si, che conteneva migliaia di armi, di ogni genere .
Ed infine ci sono io, in questa breve settima osservandoli per bene ho potuto capire qualcosa di ognuno, ma loro guardandomi non hanno capito nulla di me, nemmeno chi mi conosceva davvero bene, e dio avrei tanto voluto ch qualcuno mi abbracciasse e mi confortava dicendomi che andava tutto bene, uno degli abbracci di Bonnie che mi risollevavano in un attimo,perché io di lei mi fidavo davvero, in lei ci credevo davvero, l'unico sollievo era la lametta, si ero ricaduta in quello che viene chiamato autolesionismo.
Erano le 10:30 in quel momento ero proprio nel bagno con la lametta che premeva contro la mia pelle , feci un taglio netto e subito il sangue iniziò a colare a gocce le lavandino, ormai anche il dolore di quelle ferite superava quello provavo nel cuore, nel petto e nella mia tesa.
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Ben tre tagli, solo perché fui bloccata dall'entrata a sorpresa di Bonnie, mi guardava con uno sguardo interrogativo, mentre il mio che erra fisso su di lei era provo di emozioni, anzi un emozione che superava di gran lunga tutte le altre, il dolore.
Bonnie:c-cosa stai facendo?
Non le risposi, fasciai i polsi con un leggero strato di garza e feci poi per uscire dal bagno, ma la sua mano mi bloccò.
Bonnie: ti rendi conto di cosa cazzo stai facendo!?
Perché fingeva, perché continuava a fingere che di me qualcosa davvero le interessasse.
Io: smettile di fingere che ti interessi.
Parlai a denti stretti.
Bonnie: e tu smettila di fingere che non ti importi di niente.
Con uno strattone le feci scivolare la mano dal mio braccio
Io:ora scusami ma devo andare.
Camminai verso il salotto dove ci sarebbe  dovuto essere Nathan, ma quest'ultimo non c'era, mi avviai in cucina dove c'era Bruce che stranamente non era fuori per la vendita di droga.
-Hei Bruce...sai per caso dov'è Nathan- gli chiesi sull'uscio della porta che portava alla cucina
Bruce: oh occhi verdi...-era così che mi chiamava sempre- Nathan è nel parcheggio ha detto che ti aspettava.
Lo ringraziai e mi avviai verso la porticina che portava al parcheggio sotterraneo,dove poi si nascondeva anche il "paradiso di Martin"
Appena arrivati nel parcheggio notai subito la figura di Nathan poggiato al parabrezza di un auto, mi avvicinai a lui con fare svogliato e solo quando fui a pochi passi da lui, mi fermai a braccia incrociate.
Io:che c'è l'allenamento di questa mattina non è stato abbastanza?
Chiesi stanca di stargli sempre dietro.
Nathan: sali ti porto da una parte.
Con la testa fece segno di salire in auto al posto del passeggero, e senza contrabbattere lo feci, alla fine era inutile vinceva sempre lui.

-Si può sapere dove mi stai portando?-
Nathan: dio Ron è da quando sei salita in auto che mi chiedi dove cazzo stiamo andando...
Io:come mi hai chiamata?
Nathan:come ti ho chiamata?
Chiese confuso
Io:tu mi hai chiamata Ron.
Nathan: e allora? Non posso?
Scossi la testa
Io:no è che solo Luke mi chiama così.
Nathan: beh vuol dire che da oggi ti chiamerò anch'io così...siamo arrivati.
Guardai fuori dal finestrino e l'unica cosa che riuscivo a vedere era un poligono, lo guardai confusa.
Nathan: devi imparare a sparare, ti servirà. Spingendomi da dietro mi trascinò all'Interno.
-Hei Josh- Nathan saluto un ragazzo che proprio come Bruce era ricopre di tatuaggi, ma meno muscoloso.
Josh: Hei Nathan, come mai qui?
Nathan: abbiamo una novellina.
Il ragazzo mi guardò attentamente da capo a pedi, mi diede leggermente fastidio, e mi venne spontaneo incrociare le braccia avvolgendole intorno al petto sentendosi sotto giudizio dalla persona di fronte a lui.
Nathan: con cosa mi consigli di iniziare Josh?
Josh: beh il classico amico- gli porse una pistola fra le mani- una glock, come sempre troverai tutto l'occorrente all'interno della stanza.
Nathan annuì semplicemente e senza dire altro mi porto in un'altra stanza.
Nathan:ti mostro come fare, poi tocca a te.
Prese tra le mani una pistola diversa dalla mia si posizione difronte al bersaglio e in un colpo solo fece centro, quando fu il mio turno invece, è inutile dirlo che non ne centrai nemmeno uno.
Nathan: ogni volta che c'è il rinculo cerca si rimane salda.
Annuì cercando di seguire il suo consiglio, mi rimisi in posizione quando sentii la sua figura dietro di me, troppo vicino.
Io:cosa s-stai facendo.
Dissi girandomi di scatto verso di lui, eravamo troppo vicini, stranamente però la sua vicinanza non mi agitava, restò zitta facendomi voltare di spalle, la mia schiene era premuta contro il suo petto,prese tra le mani le mie impugnando per bene la pistola.
Nathan: devi essere salda, guarda dritto il tuo bersaglio e quando ti sentì pronta spara, annuii, guardai fisso il bersaglio, contai fino a tre nella mia testa e poi sparai, magicamente avevo centrato il bersaglio, sorrisi soddisfatta, dopo venti colpi uno mi era riuscito, con l'aiuto di Nathan si, ma almeno non me ne sarei andata a mani vuote.
Nathan:ci vorrà tanta esercitazione, con il combattimento corpo a corpo te la cavi, ma con le armi da fuoco fai pena.
Io:grazie per la sincerità Nathan.
Ridacchiò facendomi poi segno di seguirlo,salutò Josh che salutò a suo volta anche me ed io non potei non ricambiare e poi uscimmo tornando in auto.
Durante il viaggio nessuno aveva proferito parola, fin quando però non mi accorsi che non eravamo diretti verso casa.
Io: e ora dove mi stai portando?
Nathan: al mare.
Lo disse con una voce così profonda che mi fece venire i brividi.

Era da un bel po che stavamo passeggiando per la spiaggia, quell'area calma aveva fatto si che anche io trovassi un po' di tranquillità in me, e mi sorpresi anche di quanto potessi sentirmi tranquilla con Nathan al mio fianco, ad un certo punto mi sedetti sulla sabbia mentre Nathan restò in piedi di fronte a me.
Nathan:hai vergogna?
Io:di cosa dovrei avere vergogna?
Nathan: vieni qui...alzati.
Non capivo cosa voleva in quel momento, ma lo assecondai,mi alzai ed eravamo uno di fronte all'altro.
Nathan: devi solo fidarti di me.
Posò le sue mani sull'orlo della mia maglietta che cercò successivamente di sfilare, ma io mi allontani impaurita.
Io:cosa cazzo credi di fare...
Mi strinsi l'orlo della maglia tra le mani.
Nathan:te l'ho detto devi fidarti di me.
Io:ci conosciamo da una sola settimana come pensi che possa fidarmi di te.
Nathan: hai ragione, ma c'è uno cosa che non farei mai...fare del male ad  una persona innocente-si avvicinò di nuovo a me e prese la maglia fra le mani-Devi solo lasciarti andare-
Io: Non è così facile
Dissi con la voce che mi tremava
Nathan: Non ti farei mai del male, anche se fossi tu stessa a chiedermelo.
Con gli occhi cercò nei miei il consenso di privarmi della maglia e glielo diedi, me sfilò lentamente e poi fece la stessa cosa con la sua,
Nathan:vuoi toglierli tu?
Si riferì ai pantaloni, io annuì iniziando a sbottonarli e poi li sfilai lui fece la stessa cosa con i suoi, rimanemmo così in intimo.
Nathan: non preoccuparti faremo solo un semplice bagno.
Mi prese la mano e iniziò a camminare verso l'acqua, era leggermente fredda, ma mi ci abituai dopo pochi minuti, Nathan prese improvvisamente a schizzarmi, all'inizio stavo per strangolarlo ma poi ho iniziato a fare la stessa cosa con lui, quando fummo entrambi stanchi ci fermammo, senza fiato per le troppe risate, Nathan aveva iniziato ad allontanarsi voleva che lo seguissi, ma io non mi mossi da lì,  non sapevo nuotare, anzi avevo un piccolo trauma che mi impediva di allontanarmi, da piccola avevo rischiato di annegare perché mi ero allontanata troppo, e da allora evitavo di andare dove non toccavo.
Nathan: avanti Ron m, non è tanto profondo.
Scossi la testa per negare.
Nathan: vieni su ti tengo io.
Mi allungo la mano finché io la prendessi, un po' esitante lo feci camminai lentamente verso di lui e quando sentii mancare la sabbia sotto i piedi intrecciai le gambe intorno ai fianchi di Nathan tirando un sospiro di sollievo,mi accorsi di quello che avevo fatto solo quando sentii le mani di Nathan accarezzarmi i fianchi.
Nathan: credo sia ora di tornare a casa.
Io annuii e  Nathan iniziò a camminare verso la riva con me ancora imbraccio, mi mise giù solo quando ormai eravamo fuori dall'acqua, ci rivestimmo, salimmo in auto e partimmo verso casa.

Ero sull'uscio della porta di camera mise di fronte a me c'era Nathan.
Io:Grazie...oggi mi sono divertita molto.
Nathan: Ronnie...promettimi una cosa... promettimi che smetterai.
Disse accarezzandomi i polsi ed io capii, non potevo smettere, non volevo smettere, era una promessa che non potevo fargli, negai con la testa e gli lasciai poi un bacio sulla guancia.
Io:grazie ancora.
Ripetei per poi chiudermi la porta alle spalle.

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