Svegliarsi un giorno e vedere tutto grigio.
Non mi è mai piaciuta questa tonalità, io che ho sempre amato i colori vivaci e luminosi, quelli del sole e dell'estate.
È estate ma dentro ho l'inverno più rigido di sempre, un freddo che mi congela le ossa e mi immobilizza.
È così che mi sento: immobile. Come quel muro su cui stamattina batte il sole ma che se ne sta fermo, silenzioso, gelido.
Sembra quasi come tagliare le ali ad una farfalla. Ognuno nasce in un modo, cresce e fa progetti, sognando di poter costruire la vita a proprio piacimento ma basta una sola notte per spegnere le luci e far diventare tutto una vecchia foto rovinata dal tempo. Una fotografia grigia e sbiadita come il muro che mi ha portato via da lei e dai suoi occhi che ogni giorno cerco stupidamente di immaginare per paura di dimenticare.
Fisso quei blocchi di cemento armato e quello che vedo è la sua sagoma armoniosa arrivare dalla fine dell'isolato. Io faccio scorrere lo sguardo lungo il suo corpo e lei arrossisce. Mi stampa un delicato bacio sulle labbra prima di stringermi la mano e trascinarmi nel solito Cafè per la nostra colazione.
Un brivido mi sfiora la nuca e il freddo dentro di me si fa più intenso. Ogni giorno ho pensato di essere stato un uomo importante nella vita precedente per meritarmi tutto questo. Oggi so che quella quotidiana felicità mi lacera dentro così come io vorrei lacerare questa barriera.
Ho sentito dire che l'unica possibilità di raggiungere l'altra sponda sia scendere fino all'Ungheria ed io quei chilometri li farei anche a piedi nudi, alla disperata ricerca di quei colori.
Eppure me ne sto congelato a fissare il punto in cui lei, prima di andarsene, mi dà il profilo con un movimento perfetto.
Tutto questo è il muro della vergogna.
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Grigio
Short StoryEppure me ne sto congelato a fissare il punto in cui lei, prima di andarsene, mi dà il profilo con un movimento perfetto. Tutto questo è il muro della vergogna.