0.9 - park benches

2.2K 210 48
                                    

Dopo aver camminato per ore e ore (e quasi stato investito molteplici volte), Luke inciampò su una panchina. Non sapeva dove diavolo si trovasse, ma suppose che non importasse tanto.

Gettò con rabbia il bastone, per poi sdraiarsi sulla panchina fredda e dura.

Luke era incazzato.

Era incazzato con Calum per averlo mollato, era incazzato con Eva (o era Evelyn? Non si ricordava più) per averlo baciato, era incazzato con il mondo per essersi messo contro di lui, ma soprattutto, era incazzato con se stesso per essere cieco.

Forse se non fosse stato cieco avrebbe potuto avere una vita normale. Forse avrebbe potuto andare alle feste e scopare. Forse non avrebbe avuto bisogno di Calum ad accompagnarlo dappertutto e preoccuparsi di lui costantemente.

Cominciò a piangere.

Luke non piangeva mai. Ma adesso non riusciva a trattenere le lacrime. Si odiava più di quanto avesse mai fatto.

Odiava come erano andate a finire le cose. Odiava quegli stupidi occhiali da sole. Odiava quella stupida bibliotecaria che lo aveva cacciato senza motivo.

Le lacrime silenziose divennero singhiozzi.

Singhiozzava sempre di più perché si sentiva solo. E perché in ogni caso, sarebbe sempre stato cieco.

E non poteva farci nulla.

. . . . . .

«Cieco?»

Luke venne svegliato da uno scuotimento. I vestiti erano umidi di pioggia sotto la quale aveva probabilmente dormito, e gli occhi gonfi di pianto.

Ci mise un po' per realizzare che qualcuno lo stava svegliando, finché non sentì due mani aiutarlo a mettersi a sedere.

«Michael?» aveva la voce roca e stanca per essersi appena svegliato. Era ancora un po' intontito e non del tutto consapevole di cosa stesse succedendo.

Michael si mise a ridere. «Hai proprio un aspetto pessimo» affermò senza troppi giri di parole. 

Spinse gli occhiali sul naso con monotonia, non disturbandosi di rispondere al ragazzo dai capelli verdi.

Toccò terra con una mano e sentì finché le punte delle dita sfiorarono il familiare, freddo bastone di metallo che portava sempre in giro. Lo afferrò velocemente per poi sollevarsi, ma immediatamente cadde addosso a Michael a causa di un giramento di testa.

Michael lo afferrò per non farlo cadere, avvolgendolo attentamente con le braccia. Si mise a ridere per poi rimetterlo in una posizione stabile.

«Facile» sorrise Michael.

Luke sorrise timidamente, svegliandosi del tutto.

«Non che siano fatti miei, ma cosa ci fai su una panchina a dormire alle 10 del mattino?» gli chiese curioso.

Luke rise amaramente. «Storia lunga»

«Ho tempo»

«Chiudi il becco. Odio quando le persone lo fanno» lo rimproverò Luke, facendolo ridere.

«Va bene, va bene» si difese Michael.

L'aria era fredda e umida, e Luke si sentiva come un cane bagnato.

Ci fu un lungo e assordante silenzio prima che Luke si schiarisse la voce.

«Dove siamo?» chiese.

«Quel parco proprio sulla strada per la biblioteca. Perché?»

«Ti dispiace, ew, accompagnarmi a casa?» Luke chiese timidamente.

Michael fece spallucce. «Certo. Dai, andiamo» cinguettò, intrecciando le dita con quelle di Luke.

__________________________________

Ok questo capitolo è tradotto di merda, applauditemi!!

Alcuni passi erano davvero impossibili, cioè la cosa grave è che in inglese li capisco benissimo, ma non sapevo come si dicessero in italiano. Gli inglesi sono molto più intelligenti. I loro termini sono molto più specifici e si capisce cosa dicono quando parlano.

Bene, dunque, vi chiedevate come fa un cieco a ritrovare la strada di casa, ecco la risposta: non può. :-)

FATEMI SAPERE SE STATE PIANGENDO A DIROTTO COSI' SAPRO' CHE NON SONO L'UNICA

Blind // Muke // Italian translationDove le storie prendono vita. Scoprilo ora