8. Punizione ~ pt 1

11.5K 111 8
                                    

Erano passate settimane ormai da quando avevo incontrato quell'uomo tanto misterioso quanto affascinante, che mi aveva fatto scoprire il vero gusto del sesso. Avevo imparato ad amare come il dolore divenisse piacere, come la sottomissione mi facesse sentire potente, come la costrizione mi rendesse libera.
La prima volta che avevo visto quella piccola frusta rosso scuro avevo avuto paura, mi chiesi se avevo fatto un errore ad accettare tutto quello. Quando il primo colpo arrivò urlai per lo spavento, ma il dolore ci fu solo un istante.
«Respira Leyla» sussurrò il mio padrone. Il secondo colpo mi causò un sussulto, ma sentii attraverso quel dolore il piacere dell'uomo che volevo soddisfare. Il terzo colpo fu sul fianco opposto e strinsi le labbra, una sensazione di calore mi raggiunse il ventre. Il quarto fu vicino al precedente, gemetti, ma non per il dolore, solo di piacere.

«Dillo.. Chiedimi di continuare». Vidi lo scintillio sinistro nei suoi occhi e lo pregai, volevo sentire ancora l'effetto del cuoio su di me. Quando arrivò al decimo si fermò e lo guardai con disappunto, il respiro affannato «ti prego.. non-. Continua..» lui mi guardò sorridendo «con calma ragazzina o tra qualche ora lo rimpiangerai. Adesso meriti un premio..».
Sorrisi a quel ricordo. Ora non era una novità per me, eppure era eccitante allo stesso modo. Mi piaceva tornare a casa e trovare ancora sul mio corpo il rossore del suo passaggio, segni sui glutei e le cosce che mi ricordavano del pomeriggio che avevo appena trascorso, di come il mio padrone mi avesse messa su un piedistallo per farmi diventare il centro delle sue fantasie su cui riversare ogni desiderio provasse.

Mi sentivo più sicura di me, anche in quel momento, quando percorrevo i corridoi dell'università tra le varie lezioni. Mi ero sempre sentita quasi a disagio con i ragazzi, insicura su come comportarmi e soprattutto su cosa pensassero di me. Tuttavia, dopo essere diventata sua avevo una nuova consapevolezza.
Sapevo che nessuno di quei ragazzi avrebbe potuto darmi ciò che volevo, che non avrebbero saputo impugnare una frusta come il mio padrone, che non avrebbero potuto dominarmi totalmente fino a farmi abbandonare ogni pensiero e pudore arrendendomi del tutto al piacere che mi stavano donando.

Raggiunsi le macchinette del caffè, pensando annoiata alle prossime due ore di lezione dell'unico corso che in quel semestre non riuscivo a sopportare. Presi il caffè e mi poggiai di fianco sotto una delle varie finestre del corridoio, scorrendo distratta il telefono. Un ragazzo mi superò a passo deciso, poi si voltò, mi squadrò da capo a piedi e sorrise. Si girò di nuovo ed andò via.
Restai immobile con un unica domanda: che diavolo era appena successo?

Quel ragazzo era alle mie spalle, poi mi aveva osservata interamente senza vergogna, rivolgendomi infine un sorriso malizioso che disegnava delle fossette sul suo viso ben delineato. No, di sicuro mi ero sbagliata. Perché mai avrebbe dovuto farlo? Era troppo perfetto per mostrare il minimo interesse verso di me. Capelli biondo scuro ricci e corti, occhi blu come l'oceano, alto e dal fisico definito, con un sorriso tanto abbagliante da lascarmi senza parole.
No, avevo frainteso qualcosa, magari guardava un'altra ragazza. Mi voltai ma non c'era nessuno, tuttavia pensai che non cambiava le cose. Se invece avesse davvero guardato me in quel modo, mi avrebbe solo infastidito.
Ero piuttosto sicura che la prima cosa che avesse visto di me fosse il fondoschiena, quindi era come se volesse controllare che anche davanti fossi "in regola". Offensivo e disgustoso, ecco cosa sarebbe stato.

Presi le mie cose e mi diressi nell'aula, cercando di togliermi quel maledetto sorriso dalla mente. Sentii il telefono vibrare e, appena seduta, lessi il messaggio.

Dean: toccati fin quasi a venire, ma non farlo.

Sussultai e mi guardai alle spalle, anche se seduta in ultima fila nessuno avrebbe dovuto leggere quella frase. Non aveva mai fatto una cosa del genere e trovai inquietante che fosse successa proprio quando avevo fatto apprezzamenti mentali su qualcun altro.
In ogni caso, non l'avrei fatto. Per quando odiassi il corso di risorse umane non potevo saltarlo per masturbarmi nei bagni dell'università. Avrei potuto mentirgli, ma volevo che fosse chiaro che non poteva comandarmi in ogni momento, così gli dissi la verità.

Due PadroniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora