Grey.

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Grigio.
L'unica tonalità di colore distinguibile in quella moltitudine di soffi vitali.

Grigio.
Bigio cinerino, interpretato come recesso. Scialbo, uniforme e cupo.

Grigio.
Era l'unica forma discernibile attorno a lei.


"Mi ucciderà" pensava,
"Mi lacererà" oppure,
"Mi torturerà" o anche,
"Mi abbatterà" o peggio
"Mi ucciderà".



Insulso corpo celeste, innocuo, ancora non pronto a quell'evo che avrebbe distrutto la sua anima, strappandola, calpestandola e facendo di essa un solo e tetro ricordo.

Mai sarebbe stata preparata al ritrovarsi in quel mondo, precedentemente aveva messo anche in dubbio il suo arco vitale.
E quando avevano provato ad allargarle quel concetto, lei se l'era immaginato proprio così.

Costernato.
Pesante.
Funereo.
Misero.
Grigio.


E la sua anima nutriva di un bisogno di vigoria, che le era stata strappata insieme alla sua vita, gettati in un barlume di squallidità che prende nome di "malinconia".

Le circostanza urtanti presenti in quel posto erano inconfutabili, ma quasi a nessuno sembrava incidere di quella situazione.

A nessuno sembrava pesare lo strepito che quei famelici uccelli procuravano, neppure uno che avesse dimostrato fastidi.


Era tutto così surreale, che sembrava tutto una simulazione.
Ma non appena questo convincimento le veniva in mente si riproponevano quei corvi a produrre urla strazianti ed un cruccio le si diffondeva in quello che una volta avrebbe chiamato petto.


E ne era sicura.


"Mi ucciderà".


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Notò alcuni sfregi risaltare sul cuoio nero delle sue Dr.Marteen e non potette fare a meno di sentirsi soddisfatto per averle portate a sembrare delle calzature logorate.
Gli piaceva vederle ridotte in uno stato struggente, le rendevano meno femminili e soprattutto sue.

Spostò il suo capo all'indietro, poggiandolo sulla parete sudicia che nel corso degli anni aveva assunto un colore simile allo zafferano puro.
E pur pensando che prima il suo colore fosse di un bianco acceso l'istinto di spostarsi da quel divisorio non lo scosse.

Aveva patito cose peggiori.

Il suo sguardo cadde sull'ampia libreria che aveva dinanzi.
Leggere non lo aveva mai interessato.
L'idea che delle fantasie, frutto di qualche mente femminile, sola e malata dovessero occupare il suo tempo lo inorridiva.

Precisiamo, non che fosse troppo impegnato nell'arco giornaliero ma col mondo femminile e i mille complessi tortuosi e inesistenti che si creavano pensava che sarebbe diventato più pazzo di quello che già fosse.

Non sfuggì a lui occasione per maledire ancora una volta i suoi genitori che, per canto suo, avevano avuto una reazione troppo esagerata nel mandarlo lì dentro.

«Hai avuto una reazione troppo violenta per una critica e non ti sfugge mai la possibilità di poter far del male a qualcuno. Potresti diventare un pericolo per tutti.»

Ricordava ancora le parole di sua madre, il suo tono afflitto e la sua espressione dolente.

«Certo, giustamente mandarmi in un fottuto ospedale psichiatrico avrebbe risolto la cosa» Urlò alzando il cranio verso l'alto e chiudendo le palpebre, come per immaginare che sua madre potesse sentirlo.

Si passò l'organo tattile sul suo viso frustato, mettendo poi il suo gomito sulla sua coscia e posando il pollice e l'indice sulle sue tempie che pulsavano freneticamente.
La rabbia che aveva in corpo si stava accumulando e sentiva che avrebbe potuto spaccare la libreria, prendendo a morsi tutti i libri al suo interno.

Cacciò un urlo straziante, stringendo il mobile di legno chiaro su cui era seduto.

Sentì dei passi per la sala principale e successivamente l'alta figura di Calum irruppe nell'armonia di quel piccolo angolo dell'edificio.

«Ashton» Lo richiamò il ragazzo scuro. «Cosa succede?» Chiese alimentato da un senso di solidarietà e gentilezza.

Ashton sapeva benissimo che per qualunque accumulo di rabbia Calum sarebbe stato presente a sorridergli e dargli quegli abbracci che nonostante lui non volesse gli venivano addossati.
Era un ragazzo così pieno di vita e non sapeva come si fosse ritrovato in quella merda di posto.

Eppure era sempre così allegro e spensierato, per quanto lo si poteva essere lì.


«Sto diventando pazzo» Piagnucolò il ricciolino, passandosi le mani sul volto.

Calum capì subito, era abituato ai continui sbalzi d'umore di Ashton e si sedette di fianco a lui, allacciando le sue braccia lunghe e sottili attorno al tonico busto del più grande.

«Lo siamo tutti» disse con tono dolce, come un bambino. «Altrimenti non saremo qui» affermò stringendo le labbra carnose e facendo spuntare delle piccole rughe espressive sulla sua pelle ambrata.

Il biondo sospirò sorridendo appena.
La sindrome di Calum lo rendeva così innocente, cosa che nessun punto di vista esterno riuscirebbe a cogliere guardandolo.
Aveva dei tratti così mascolini e il suo metro e ottantasei lo rendeva più imponente di quanto anche le sue spalle larghe lo facessero.

«Sai..» Iniziò Cal guardando l'amico alzare lo sguardo su di lui «Forse non è così male stare qui» ipotizzò.

Il più grande lo guardò come se avesse detto una delle cretinate più grande che si fosse mai sentita.

«Siamo in tanti, con qualcosa che ci fa essere uguali» spiegò con tono spensierato e allegro.

«E Daniel mi ha detto che arriveranno due ragazzi nuovi»

«Cosa?» Lo guardò sbalordito Ashton.

«E una è una ragazza» disse euforico Calum piegando la testa di lato, avendo una prospettiva migliore per la reazione dell'amico.

«Un'alta?» Disse con finto tono scocciato.

Gli avrebbe fatto piacere avere una ragazza in casa, se fosse stata carina e un'indossatrice abituale di vestiti scollati.

«Già»

«Lorence ci basta, è seccante come se ne dovessi sopportarne dieci di ragazze» Affermò scocciato ma curioso Ashton che non frenò il suo interesse.

«Quando arriveranno?» Chiese tamburellando le dita sul tessuto scuro dei suoi jeans aderenti.

«Oggi» rispose quell'altro facendo oscillare il capo con un sorrisetto stampato in faccia.

«Cosa?!» Urlò quasi il biondo aggrottando le sopracciglia, assumendo un'espressione frustata.

«Perché non vengo mai avvisato?» Chiese sbuffando.

«Perché te ne stai sempre imbronciato, tutto solo nell'angolo così..» spiegò Calum incrociando le braccia sotto il petto, imitando lo sguardo freddo di Ash che gli uscì come una smorfia.

Quest'ultimo rise dandogli uno schiaffo dietro il collo.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 13, 2014 ⏰

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Suite 71 || Ashton Irwin.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora