Capitolo 51

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"Jane..." la sua voce è più profonda e roca del solito, cerca di guardarmi negli occhi, provando a non guardare il corpo. Si schiarisce la gola, come si fosse seccata. "I miei vestiti..." mormoro ancora imbarazzata, sembra doversi concentrare per rispondere "Si. Li ho messi qui davanti al fuoco per farli asciugare meglio." Si alza afferrando i vestiti e porgendomeli. Li prendo e una ciocca di capelli mi cade davanti il viso, che lui afferra e mi aggiusta dietro l'orecchio, poi pare pensare solamente adesso al gesto compiuto e ritira la mano quasi scottato.
"Grazie." Annuisco e vado di nuovo nella stanza matrimoniale ad indossare i miei vestiti incredibilmente caldi e torno da Sean, ritrovandolo nella stessa posizione di prima.
Incerta mi siedo a terra accanto a lui, beandomi del caldo del fuoco e anche di quello che ho dentro a causa sua.
"Quando c'è una retata devi scappare senza ripensamenti e devi andare in un posto sicuro, perché i poliziotti saranno a decine e si saranno già organizzati. Ognuno deve avere un proprio posto sicuro che nessun'altro deve conoscere, così in nessun caso potrà rilevare la posizione." Mi istruisce.
Annuisco "Ma io sono qui."
Passa una mano tra i capelli "Allora questo sarà anche il tuo posto."
Sono confusa, "Non avevi detto che nessun'altro deve conoscere il posto?"
Incrocia le mani al petto, "Non avresti alcun motivo di rivelare il mio posto perché adesso è anche il tuo e poi..."
La curiosità si imposessa di me e questa esorta Sean "E poi...?"
Il fuoco si specchia negli suoi occhi neri, illuminandoli "E poi mi fido di te."
Il mio cuore perde un battito e gli sorrido sotto i capelli "Anche io mi fido di te."
Si alza da terra e si avvicina alla finestra vicino la porta, scosta un po' la tenda osservando fuori senza un apparente perché.
Mi stringo le ginocchia al petto, poggiando il viso sulle mie ginocchia e guardando il fuoco scoppiettante che emana un confortevole calore.
"Non c'è nessuna possibilità che tu esca dal giro di tua spontanea volontà?" Riporta gli occhi su di me.
"No, nessuna." Giro il viso guardando il fuoco, lo sento sospirare, "Jane, non nego che tu sia portata, ma devi fidarti di me, non è mai un bene fare parte di questi giri, figurati avere a che fare con Erick e tu...", lo interrompo innervosita "Non mi convincerai Sean, so che Erick è un uomo viscido e lo sapevo anche prima di stringere l'accordo."
Stringe le braccia al petto, vedo che quest'argomento lo fa innervosire un po' "Jane tu non capisci, lui...", lo interrompo di nuovo arrabbiata "Hai ragione, Sean. Io non capisco, devi spiegarmi tu!"
"Io non devo fare proprio niente." Commenta a muso duro avvicinandosi a me.
"Già è vero, perché non abbiamo niente da dirci io e te, non è vero?" Ripeto le sue stesse parole, di nuovo.
Pare ringhiare a questa mia provocazione "Io..." "L'hai fatto per me? Stavi per dire questo? Per proteggermi?"
Rimane in silenzio sedendosi stancamente a terra accanto a me, davanti il fuoco che pare danzare così animatamente alimentato dalla nostra rabbia, "Beh, suppongo che per te allora farti Jessica, Mery, la rossa e forse anche Megan sia qualcosa da fare per aiutarmi e proteggermi!" Ringhio anche io.
"Hai davvero dato ascolto alle parole di Megan?" Commenta tra la furia e l'incredulità, sviando di poco l'argomento.
"Beh che tu ti sia fatto la rossa e Jessica è certo." Stringo le mani in due pugni, così forte che le unghie si conficcano nel palmo della mano e devo allentare la presa.
"Non mi riferivo solo a quello." Non dice nulla riguardo le due ragazze.
"Qualche volta mi viene da pensare abbia detto la verità." Megan Mi ha davvero ferita anche se so che l'ha detto per provocarmi. "Sai che non è cosi." Sembriamo due animali che lottano per la vittoria e l'unica arma che hanno è un inutile ringhio.
"Già. Più che proteggermi direi che volevi fartele entrambe." La gelosia mi fa girare e contorcere le viscere.
"Io non volevo farmi nessuno! L'ho fatto per tenerti lontano da me!" Mi sbraita contro, qualcosa dentro di me si spezza e annaspo in cerca d'aria.
"L'ho fatto per tenerti lontano da me..." Mi ripete vicino come se non fosse bastato, col tono di qualcuno che è troppo stanco e che si sente sconfitto, "E non ci sono riuscito..."
Sopresa mi giro per chiedere spiegazioni ma prima che io me ne possa rendere conto, le sue labbra sono sulle mie, finalmente dopo troppo tempo.
Il suo profumo torna ad avvolgermi, sento di nuovo il suo dolce sapore che mi pervade e le sue labbra, bollenti a causa del fuoco, si muovono sulle mie con un tale impeto e ardore che mi travolgono totalmente.
Entrambi cerchiamo di controllare il fiato corto perché non vogliamo staccarci per prendere ossigeno. Non so come ma ritrovo su di lui che da seduto mi stringe con forza i fianchi, possessivamente.
Poi le sue mani viaggiano dal busto alle mie cosce, ripetutamemte, come se volesse imparare a memoria ogni tratto del mio corpo. "Non ci sono riuscito..." Alita tra la foga dei nostri baci che non smettono di nascere e morire.
Le sue mani mi toccano da sotto gli indumenti e sento le sue mani accerazzarmi il bacino nudo, lo sento stringere più di una volta, poi sembra arrendersi per non farmi male. Ma non mi importa se stringe troppo, se mi lascia il segno, perché voglio sentirlo ora più che mai e lo istigo mordendogli le labbra, poi la mandibola e il collo e rifaccio lo stesso percorso al contrario, questa volta baciandolo. E sembra funzionare perché stringe proprio come volevo, ansimando forte.
Probabilmente lui vuole farmi provare la stessa piacevole tortura che ha subito e capovolge la situazione, trovandomi distesa a terra con il suo corpo che incombe sul mio e mi dona il mio stesso trattamento facendomi gemere. E ancora abbasso il viso per andare sul collo e succhiargli un piccolo punto sotto l'orecchio. Totalmente sventato e assorto, la sua voce è roca e profondissima, cosi tanto che quasi mi fa vibrare le membra "Dio, Jane..." il suo fiato corto si scontra con il mio orecchio, "Mi sei mancata così tanto..." dice fuori controllo, come se le barriere che lui stesso si è imposto fossero cedute senza autorizzazione.
Irriquieto come un cucciolo che non mangia da giorni e finalmente può cibarsi, si solleva da terra portandomi con se, affermandomi dalle cosce e lego le gambe al suo busto.

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