La maggior parte degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare. Ogni dolore prolungato è un insulto al loro oblio.
MARGUERITE YOURCENAR, Memorie di AdrianoAvete mai desiderato di poter ricevere l'abbraccio più grande del mondo? Avete mai cercato conforto nel silenzio consolante della solitudine, quando il resto del mondo urlava? Queste non è una di quelle storie che siete soliti ascoltare; non si tratta di un mito o di una leggenda, non la sentirete raccontare da qualche nonno vicino al camino. Questa è la verità su come sono andate le cose quella notte di agosto di tanti anni fa. Io lo so perché c'ero. Ho visto con questi occhi l'oscurità sostituirsi alla morte, rapire le anime, strapparle ai corpi, lasciarsi dietro solo sofferenza. Senza rimpianti, senza alcuna scusa. Ho visto come è stato seminato il male, come quel seme è stato accudito con costanza, pazienza, fino a vedere i suoi fiori mettere le spine e desiderare tanto la vendetta da finire per dimenticarla. Diventare parte di quello stesso male che volevano combattere.
Questa è la storia di come muore l'innocenza.Tutto ebbe inizio con una scommessa.
L'Ombra, colei che tutto minaccia di avvolgere nel suo pesante sudario, si recò dalla Morte con il suo codazzo di incubi e spiritelli. I loro incontri non erano mai particolarmente cordiali, perché la l'Ombra invidiava alla Morte la possibilità di mettere fine alla vita degli esseri viventi che lei poteva solo limitarsi a tormentare. Possibilità che, secondo l'Ombra, la Morte era incapace di sfruttare, non traendone nessun piacere o divertimento: si limitava a svolgere il suo gravoso ma necessario compito in maniera noiosamente puntuale.
Molte volte la Morte aveva tentato di spiegare a quella sua parente non tanto prossima che il suo era un lavoro e come tale andava trattato; non come un giocatolo, né come un dominio personale. Così, ripeté le sue parole anche quella sera.
L'Ombra le rispose che lei avrebbe saputo svolgere quel compito con maggiore efficacia. La Morte, piccata, le fece notare ancora una volta che si trattava di un incarico assai delicato, che richiedeva attenzione e riguardo, che non poteva prescindere dalla neutralità – e pertanto l'Ombra non sarebbe mai riuscita a svolgerlo a dovere, essendo lei, per sua natura, non imparziale. L'Ombra dunque propose la scommessa: avrebbe preso il posto della Morte per una notte; se fosse riuscita a svolgere l'incarico senza alcun intoppo, le anime raccolte sarebbero rimaste a lei.
Sapendo di fare qualcosa di sbagliato ma non immaginando quanto, ed essendo sicura di vincere, la Morte accettò. Si raccomandò soltanto di prendere solo le vite di coloro che comparivano sulla lista.
L'Ombra annuì sorridendo, quindi consegno la lista alla più subdola delle sue serve: Nyx, la Notte.Garth e Ankielika erano stati benedetti con tre figlie: Lyra, Deyanira e Myrta. Le prime due erano gemelle, più grandi della sorella di alcuni anni e molto legate a lei, nonostante Myrta fin da piccolissima avesse attirato a sé tutte le attenzioni dei genitori a causa delle sue precarie condizioni di salute.
Era infatti affetta da una strana malattia senza nome che le impediva di fare alcunché, persino di giocare, lasciandola a languire nel letto per intere giornate. Pure, Myrta non si lamentava mai, era sempre buona e sorridente. Il suo era l'animo più puro che potesse esistere, perché non aveva mai sperimentato nient'altro che il proprio letto e l'amore della sua famiglia.
Questo fatto non sfuggì alla Notte, l'inviata dell'Ombra, che decise di portare quell'anima tanto pura in dono alla sua padrona, ben consapevole che l'ora di Myrta non fosse ancora giunta. Avvolta dal suo mantello nero e stellato, si presentò alla porta di quella casa in una notte d'estate.
La Morte però non si era sbagliata: né l'Ombra né i suoi seguaci erano adatti a svolgere quel compito: troppo grande l'immensità del loro vuoto, troppo profondo il terrore che ispiravano con il loro corredo di incubi. Quando Nyx reclamò l'anima della fanciulla, i genitori si ribellarono con tutte le loro forze. Lo scontrò che ne seguì durò assai poco, risolvendosi per entrambi con una orribile dipartita – ma bastò a risvegliare le due gemelle dal loro sonno. Queste, vedendo Nyx involarsi mentre teneva per mano la piccola Myrta, si lanciarono su di lei, senza tuttavia riuscire a fermarla.
Tutto ciò che rimase fra le loro mani fu un lembo strappato dal mantello della Notte.Lyra e Deyanira, devastate dal dolore per tutto ciò che avevano perso, giurarono un odio eterno per la Morte. Desiderose di vendicarsi, stracciarono a metà il lembo del mantello rimasto, tenendone un pezzo per una, così da ricordare sempre chi le aveva così dolorosamente ferite. Che portassero sempre con sé il ricordo di quella sofferenza, e con esso l'inestinguibile sete di vendetta.Non sapevano che quella che avevano visto non era la Morte, ma Nyx. E nemmeno sapevano che il mantello della notte era intessuto con la sostanza che compone gli incubi e gli orrori dell'abisso da cui proviene l'Ombra. Quella stoffa era incorruttibile, perché già corrotta. Destinata a durare in eterno, come l'oscurità. Solo con il tempo capirono il potere di cui erano intrisi quei panni e ancor più tempo ci volle perché imparassero come utilizzare quei poteri.
Divennero due streghe, due delle più potenti e crudeli del loro tempo. E da quella stoffa oscura cucirono due guanti, uno a testa: il destro andò a Lyra, il sinistro a Deyanira.
La notte del decimo anno da quella notte infausta, le due sorelle si separarono, giurando che avrebbero dato la caccia alla Morte finché non l'avessero trovata e distrutta. Partirono.
Lyra andò ad occidente, Deyanira si volse ad oriente. E non si incontrarono più per molti, moltissimi anni.La Morte, che aveva vinto la scommessa proprio grazie all'errore di Nyx riguardo a Myrta, aveva reclamato per sé tutte le anime raccolte in quella notte sventurate e a tutte aveva dato pace, meno che a quella della sventurata piccina; Myrta le aveva chiesto di poter salutare un'ultima volta le sorelle e la Morte, neutrale ma in qualche modo colpevole, non aveva saputo dirle di no. Dunque si era messa alla ricerca delle due streghe che, a loro volta, la cercavano con intenti assai più belligeranti.
Per riuscire a scovare la morte, le due sorelle avevano deciso di uccidere chiunque incontrassero, convinte così di poter modificare i piani della Morte ed il destino di quelle persone, e che la mietitrice sarebbe un giorno venuta a chieder loro conto di quelle malefatte. Ma la Morte aveva ben altri impegni e nel suo vagare portava con sé la dolce Myrta, che aspettava con pazienza di poter rivedere le sorelle.
Ogni volta che andavano in qualche luogo, Myrta chiedeva se avrebbe visto le sue sorelle.
Ogni volta, la Morte rispondeva che non era ancora tempo, poi continuava ad istruirla sul lavoro della Morte.Erano trascorsi oltre vent'anni da quando le due sorelle streghe si erano separate, quando finalmente si incontrarono, quasi per caso, davanti alla taverna di un villaggio.
La Morte, avvedendosene, decise che era giunto il momento. Prese per mano la piccola Myrta e insieme si misero in viaggio.
«Stavolta potrò vedere le mie sorelle?» chiese Myrta, come sempre.
«Sì, stavolta sì» rispose la Morte.
E non disse più nulla.La Morte e la bambina arrivarono al villaggio dove si trovavano le streghe verso sera.
La Morte si avvicinò ai loro giacigli e le svegliò. Non ebbe però il tempo di parlare, né di spiegarsi, che entrambe saltarono fuori dai loro pagliericci, attaccandola.
La piccola Myrta cercò di mettersi in mezzo, di attirare l'attenzione delle sorelle, ma era trascorso troppo tempo e troppo sangue perché riuscissero a riconoscerla. I guanti artigliati tessuti con il manto della Notte attraversarono l'immagine incorporea della bambina e trafissero la Morte senza alcuna pietà.
Mentre le streghe si abbracciavano soddisfatte e contente della loro vendetta, Myrta si avvicinò alla Morte che languiva a terra in una pozza scura.
«Mamma Morte...» la chiamò la bambina tra i singhiozzi.
«Non piangere...» esalò la Morte, avvicinando la sua mano scheletrica alla guancia della sua giovane protetta.
«Anche la Morte può morire. Anzi, è giusto: mi sono affezionata a te, e non avrei dovuto».
«T-tu... lo sapevi...!».
«Per tutti arriva questo momento, bambina mia. Non vedo perché io dovrei fare eccezione» rispose la Morte.
«Non puoi lasciarmi!».
«Devo farlo, ma non temere: ormai sei pronta».
La bambina non capì.
«Pronta per cosa?».
«Per prendere il mio posto, mia Piccola Morte» disse la Morte, sorridendo.
E sorridendo scomparve.
YOU ARE READING
I mercoledì del mostro
Short StoryRaccolta di racconti. Un nuovo racconto ogni mercoledì (salvo cataclismi).