storia 2

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L’inchiostro bagna il foglio. La punta del pennino produce una linea nera che percorre la superficie bianca della pergamena e, come un fiume che costantemente scorre su una montagna, disegna valli lucenti e solchi. Quando finisce l’inchiostro intingo la sommità della penna nella fialetta ripiena di liquido, ne picchietto un poco sul bordo e torno a scrivere. Questo lo faccio ogni giorno ed ogni giorno ho abbastanza idee da consumare fiumi di inchiostro e pacchi di carta, oggi no. Oggi la mia mente è arida come un deserto, vuota come la pancia di un gatto e sterile come le fredde vette dei monti e sono costretta a reprimere la crescente voglia di scrivere che mi inonda le vene come un oceano nero e che minaccia di farmi impazzire da un momento all’altro. Viene chiamato “blocco dello scrittore” ed è una comune patologia per i produttori di libri come me, spesso per liberarsene si ricorre a litri di caffè, notti insonni, dosi massiccie di allucinogeni ed alchool, consultazioni di guru mistici o di vecchissime megere. Al più delle volte inutilmente. Per rimediare, quindi, viene spesso consigliato di scrivere del proprio blocco, di spiegare cosa lo crea e di far confluire la propria frustrazione sulla carta…

“Questo passo fa schifo” mi ripete Elaine. “dovresti impegnarti di più, è più di un mese che non mi consegni nulla: pensavo fossi morto!” Melodrammatica come poche altre persone sulla faccia della terra, Elaine è la mia più fidata amica e più frequente causa di irritazione. Spesso non si rende nemmeno conto se la sto effettivamente ascoltando o sto pensando ai fatti miei. 

“Luca? Ohi!” richiama la mia attenzione urlandomi nelle orecchie “cosa ne pensi della mia idea?”

“Bella, certo. Quando?” rispondo, totalmente ignaro della proposta che sto accettando. 

La Canzone di InaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora