Sono appena scesa da un aereo atterrato da poco nella mia città natale, per passare le feste a casa dei miei. La colonna sonora a bordo del suddetto aereo, per oltre due ore, è stato il pianto lagnoso e ripetitivo di un infante, a quanto pare implacabile, nonostante i vari sforzi dei genitori dello stesso. Credo che tutti i passeggeri, nessuno escluso, diventassero sempre più stufi della situazione man mano che il grado di tolleranza generale si abbassava; inoltre, il fatto che fosse un early flight non agevolava davvero nessuno e io, con tutto il candore possibile, ammetto che non mi sono risparmiata di lanciare un paio di occhiatacce ai genitori del bambino lacrimoso e disturbante, decidendo di non mostrare il minimo livello di empatia. Sono sincera, non me ne fregava niente dei motivi del disagio infantile, né provavo solidarietà nei confronti dei due adulti in questione. Perché avrei dovuto? Stava dando fastidio a tutti, rendeva ancora più impossibile riposare di quanto non facessero già le musichette assordanti della compagnia aerea economica della quale mi sono servita perché sono poraccia e comunque il prezzo del biglietto era economico per modo di dire. Quindi, oltre l'essersi alzata a un orario indecente della mattina, l'aver sborsato soldi per passare delle feste con gente che preferisco vedere il meno possibile, una beffa praticamente, mi sono dovuta sorbire pure le urla cacofoniche e gratuite di una prima versione di umano.
Voglio fare una premessa: a discapito di quanto si possa pensare, io voglio dei figli. Almeno uno. Era una possibilità che fino a qualche anno fa non prendevo nemmeno in considerazione per una serie di motivi, tra gli altri un disgusto incondizionato generale verso i bambini, l'immagine alienante di me stessa madre, il fatto che non volessi figli con nessuno dei miei partner, i quali ricambiavano nello stesso modo, specificando inoltre che magari un giorno si sarebbero anche visti genitori, "ma di certo non insieme a te", perché:
- sei matta.
- devo fare un bambino con una persona più figa.
- è ancora troppo presto per me e con tutta probabilità quando vorrò figli io e te non staremo più insieme.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
In sintesi, non era davvero un avvenimento che vedevo nel mio futuro, finché non ho incontrato quella persona che, nel giro di relativamente poco tempo, ha innescato in me l'istinto di buttarmi tra le sue braccia e pregarlo di chiuderci per sempre in una stanza a fare un sacco di bambini per ripopolare l'Universo, dando vita a una razza di perfezione senza mezzi termini, ovviamente. Questa reazione, in realtà, mi ha spaventata, perché era incontrollabile e usciva parecchio dai limiti razionali che credevo caratterizzassero la mia persona, ma soprattutto mi ha fatto pensare e arrivare alla conclusione che fare figli è, senza dubbio, un'azione assolutamente egoista. Nella mia ottica delle cose, ma sono certa, anche in quella di tanti altri, cosa c'è di più esaltante dell'idea di unire il mio corpo a quello di una persona che venero e stimo oltre modo per creare un terzo corpo che è l'unione dei primi due? Quale altro gesto per dimostrare il vicendevole amore può esistere? Da quando ho compreso questo pensiero e l'ho effettivamente vissuto in prima persona, ho la sensazione di aver capito finalmente cosa spinga la persona più banale a volersi riprodurre e anche se questo non dovesse mai succedere e io non dovessi mai avere la fortuna di farlo con l'unico essere con il quale ha effettivamente senso (e non ho dubbi: non ricapiterà di nuovo con qualcun altro), mi sento già appagata di aver potuto anche solo provare una sensazione del genere. Cosa c'è di altruista e generoso in tutto ciò? Mi rendo conto che detta così, questa considerazione potrebbe suonare superficiale e affrettata, ma è una reazione che in parte scaturisce dal fastidio che provo nel vedere che tanti ancora idolatrano la figura della madre come un essere che si dona in tutto e per tutto per la propria prole, atteggiamento che comunque trovo sbagliato se prolungato, ma questo è un altro discorso. È davvero così, però? Il desiderio di diventare genitori, di voler vedere due vite unirsi insieme, d'altronde è solo dei genitori stessi o, meglio, lo è in teoria, perché nella realtà assistiamo a tantissime pressioni sociali che pesano sulle spalle delle persone della mia generazione che ancora non hanno figli, un'urgenza e un allarmismo che danno per scontato che sia una tappa obbligatoria nella vita di ciascun individuo. Così, sospetto, forse esistono persone che avrebbero aspettato altri anni, avrebbero voluto pensarci meglio, ma che alla fine hanno fatto un compromesso forzato con se stesse e hanno scelto di avere dei bambini: non voglio formulare un giudizio troppo feroce sulle esistenze altrui, tuttavia dentro di me sarei terrorizzata dal fatto che una scelta così sconvolgente senza la giusta sicurezza possa portare a una vita costellata da frustrazioni e rimpianti.