Requiem d'inverno

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Per uno strano scherzo del caso, la mia prima traversata avrà luogo proprio nel giorno dedicato al ricordo di chi non c'è più, il giorno in cui festeggiamo la Rimembranza.

Pur essendo un futuro Obolo, una guida per i defunti che scendono nell'Ade, oggi mi recherò da sola nell'oltretomba. Dimostrerò, come mi hanno chiesto i membri della Corporazione che gestisce le traversate, che sono degna di svolgere il mio mestiere.

Nella penombra della cattedrale di Kraven, mentre fuori dalle vetrate colorate il vento fischia e la neve ricopre rapida ogni cosa, sollevo una mano tremante e dal mio palmo nascono steli verdi che s'intrecciano a formare una sorta di porta.

A differenza di quanto avviene per gli archi generati dalla tre compagne al mio fianco, il mio resta sterile.

Nessun fiore spunta tra le foglie di un verde scuro.

Il mio dono è un dono solo per metà...

Il tempo di chiudere gli occhi e di muovere un passo e un vento tiepido, che in molti chiamano "alito dell'Ade", mi spira sul viso quasi subito. Nel sollevare le palpebre, mi ritrovo in un'ampia radura, illuminata da lampi perenni.

Sono sola, davanti a una cortina di nebbia talmente densa da impedirmi di vedere qualsiasi cosa ci sia al di là e un suono mi accarezza le orecchie, così malinconico che mi lascia un istante senza respiro.

È una voce maschile a intonare il canto che penetra la foschia.

Allungo la mano destra, avvertendo l'umidità nebbiosa strisciarmi sulla pelle, nei solchi del mio palmo. Persino nelle pieghe del polso.

È come se il fumo biancastro mi si avvolgesse intorno al braccio, attirandomi al di là della sua impalpabile consistenza.

So che non dovrei andare oltre la cortina di nebbia. Le dita della mano sinistra mi formicolano, mentre percepisco la pressione dei giovani virgulti che spingono per spuntare dai polpastrelli, come i primi germogli primaverili dopo una gelata.

Devo generare un arco... Devo tornare indietro!

La mia prova consiste solo nell'andare e tornare. Ma non riesco a ritrarre la mano destra. La nebbia che l'avvince sembra blandirmi con fredde carezze e lenti, umidi baci che mi percorrono tutto il braccio.

Io desidero...

Desidero guardare cosa c'è oltre la foschia e l'odore di terra bagnata e foglie marcescenti. Prima ancora che possa continuare a indugiare, così, il mio piede avanza di un passo e io chiudo gli occhi.

Quando il mio corpo penetra la nebbia umida, minuscole gocce d'acqua mi solleticano il viso, giocano con le mie ciglia. Solo dopo qualche istante, nel sentire uno strano calore accarezzarmi le guance, sollevo le palpebre e mi guardo intorno.

Mi trovo in una vasta distesa erbosa di un verde acceso, illuminata da una luce dorata di cui, tuttavia, non riesco a scorgere la fonte. 

Muovo qualche timido passo sull'erba soffice, punteggiata di piccole margherite bianche, e respiro l'aria dolce, che sa di fiori.

Tendendo l'orecchio, colgo nuovamente il canto che sembra avermi condotta fin qui; stringendo gli occhi, riesco a scorgere una figura seduta nell'erba, a qualche decina di metri da me.

Mi passo nervosamente le mani sulle gonne dell'abito, lisciandone le pieghe. Comincio a camminare verso l'uomo che intravedo con l'ampia schiena rivolta al mio sguardo e i capelli mossi dalla brezza che profuma di primavera.

So che si tratta di una creatura oltremondana, tuttavia non provo timore: chi canta con voce tanto melodiosa non può avere un'anima oscura.

Quando mi fermo, a meno di un metro da lui, l'uomo tace improvvisamente. Il vento continua a scompigliargli i capelli chiari come raggi di luna pallida, facendoglieli ricadere sulle spalle nude, di un caldo color bronzo.

Requiem d'inverno - UNDER THE MISTLETOEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora