A quelle parole Midoriya, al contrario delle aspettative che sarebbe comune e comprensibile avere si gettò indietro, bruscamente e colpì il suo stesso viso creandovi una macchia rossa che aveva già iniziato a scurirsi, tendendo sempre di più al nero.
Scosse il capo in segno di negazione, scattando in piedi con gli occhi ancora lucidi, il viso ancora bollente ed il corpo tremante come un pulcino bagnato in pieno inverno a causa dello sforzo, si sentiva soffocare, era davvero difficile resistere a quel desiderio che sentiva perché lo portava con sé da molto, troppo tempo, ma non lo desiderava, non in quel modo.
«Kachan, dovevi fermarmi, non è giusto, non così, dovresti fare qualcosa del genere solo con la persona che ami, non con qualcuno che non riesci neppure a sopportare» disse a denti stretti, con il cuore che si faceva sempre più piccolo nel suo petto dolendo pericolosamente, solo pronunciare quelle parole per lui era stato come avere il muscolo vitale trapassato completamente da una lama incandescente e seghettata che, peraltro, continuava ad essere girata in quella ferita provocata anni addietro ma ancora presente, ancora più dolorosa di quanto lo fosse all'inizio.
Detto questo corse fuori dalla stanza e andò nella sua, chiudendosi a chiave in quelle quattro mura nel buio più totale. Si lasciò cadere a terra raccogliendosi su se stesso, tirando quelle sue ciocche verdi e scompigliate mentre quel suo sguardo pericoloso lasciva uscire lacrime amare, corrosive lungo il suo volto spruzzato da tenere lentiggini, soffocando il suono del suo doloroso pianto.
Erano molti, troppi anni che soffriva terribilmente; non era vero quello che aveva più volte letto oppure sentito dire, il fatto che il tempo fosse capace di curare ogni genere di ferita era una menzogna bella e buona che aveva sempre disprezzato ma nella quale aveva sempre sperato.
Infatti per lui, più i giorni correvano velocemente, più il dolore cresceva divorandolo, dilaniandolo, facendolo perdere in sé stesso, in un freddo mortale che lo stava portando a soffocare. Stava purtroppo andando sempre più a fondo in un oceano infinito di disperazione che si faceva sempre più scuro e denso nel suo continuo affondarvici.
Aveva provato a resistere, aveva tentato qualsiasi cosa per non scivolare in quelle acque di dolorosa disperazione eppure nulla aveva funzionato, aveva persino gridato ma nessuno lo aveva sentito.
Quei sentimenti che serbava dentro lo stavano lentamente uccidendo, consumandolo come un fuoco ardente, necessario ma allo stesso tempo nocivo e malevolo nel suo mutare, nel suo non essere alimentato e dunque, quelle fiamme che sarebbero dovute essere brillanti, scarlatte, in lui erano scure, disperate, nere come la desolazione che aveva dentro, come quella solitudine che non sembrava abbandonarlo, mai.
Katsuki, che sul momento era ancora scosso e completamente confuso dal cozzare continuo di opposti pensieri nella sua mente, si era ritrovato chiuso, anch'egli, a chiave nella sua stanza mentre delle lacrime calde scivolavano lungo il suo viso, proprio come era già successo quel due gennaio, eppure c'era qualcosa di diverso a quanto accaduto precedentemente.
Ora sapeva il perché del suo pianto, di quelle logoranti lacrime che percorrevano il suo viso.
Comprendeva perché quelle brillanti gocce d'acqua salata stessero abbandonando quei suoi occhi tanto simili a brillanti rubini, scarlatti; aveva infatti avvertito un dolore strano, a lui ignoto, stringere quel suo cuore ancora principiante nello sfiorare di sentimenti diversi dalla semplice rabbia ch'ogni volta dimostrava, che sempre, prima di allora aveva sovrastato e soffocato tutte le altre emozioni, spingendole in un angolo nascosto, a lui ignoto, del suo animo.
Sapeva cosa lo aveva ferito, sapeva che a farlo erano state quelle parole, con esse la consapevolezza che Deku lo odiasse, che non lo desiderasse e che pur di non cedere ai suoi stessi, primordiali istinti, avesse scalfito tanto violentemente il suo stesso volto, ecco, erano state tutte quelle cose a far crollare quella inutile forza caratteriale illusoria alla quale aveva dato vita fin da piccolo, a causa delle aspettative, dei complimenti che tutti gli avevano sempre gettato addosso.
Nel realizzarlo le lacrime, prima irregolari e poche, si fecero copiose e repentine nel loro guizzare dai suoi occhi lucidi, rendendo sfocata la sua visione, irregolare il suo respiro e convulso, involontario il moto del suo corpo già privato dal suo primo ed intenso calore.
Lui non voleva essere rifiutato da lui, da quel ragazzo vivace dal dolce sorriso, dalla chioma sempre disordinata di quel verde brillante, da quegli occhi grandi e speranzosi, da quel naso perfetto spruzzato da luminose lentiggini e non poteva sopportare qualcosa del genere, non riusciva a farlo ed era cosciente del fatto che ciò non fosse dovuto al suo orgoglio, lo sentiva, in qualche modo, ma ancora non poteva comprendere, troppo fragile per poter accettare la verità dietro i suoi stessi pensieri e sentimenti.
Si portò le mani alla gola, ancora disteso sulle coperte scure, poi con le falangi cominciò a sfregare nervosamente la pelle nuda del suo collo, boccheggiando disperatamente alla ricerca dell'aria che non pareva aver pietà di lui, rifuggendo dai suoi polmoni, impedendogli di respirare, mentre le lacrime bruciavano il suo viso diafano e produceva degli urli strozzati, quasi lo stessero soffocando delle mani di invisibile fattezza.
Aveva paura, non era la prima volta che provava quell'emozione eppure mai, prima di allora, ne era stato a tal punto sopraffatto, mai, prima di quel fatidico due gennaio aveva provato un dolore così sconvolgente e forte da essere capace di scuotere e paralizzargli corpo ed animo.
Quella notte non dormì, a stento sopravvisse a quel bombardamento emotivo, a tutto quel miscuglio di emozioni e pensieri che si erano riversati sulla sua coscienza come se improvvisamente una porta, dietro la quale aveva sempre nascosto la sua vera essenza e con essa quanto realmente il suo animo provasse, fosse stata spalancata senza pietà.
Fu troppo per lui, in una volta sola.
Ne risultò sconvolto, distrutto, tanto che non mise piede fuori da quelle quattro mura, tanto che le lacrime non cessarono d'uscire per un solo attimo da quei suoi occhi arrossati e gonfi, tanto da non essere più capace di muovere uno solamente dei suoi muscoli perfettamente allenati, quei muscoli che avevano sempre reagito ma che non potevano sopportare quel carico riverso sulle sue spalle.
Fortunatamente il peggio fu evitato Kisrishima che, preoccupato per l'assenza del suo amico, aveva fatto irruzione nella sua stanza trovandolo sul letto, con gli occhi stretti, come quelli di un bambino spaventato, con le guance percorse da quelle lacrime dolorose, con il viso arrossato, le labbra screpolate ed il respiro quasi assente, ne fu sconvolto.
Le dita di Bakugou, a forza di strisciare frenetiche contro la pelle, avevano creato dei solchi grondanti piccoli rivoli di sangue sul collo, a causa della debolezza, la mancanza di nutrienti e la scarsa idratazione, respiro era quasi assente ed il corpo continuamente scosso da spasmi, preoccupantemente violenti.
Allora il rosso, spaventato, aveva urlato alla ricerca di aiuto e destino volle che Uraraka, Mina, Sero e Kaminari, preoccupati stessero in quel dato momento andando a visitare il ragazzo.
Erano dei semplici adolescenti presi dal panico, ma ero studenti dell'Accademia per Eroi, avevano imparato ad agire velocemente, meglio che potevano, dunque Mina e Uraraka tentarono di tenere fermo il corpo di Katsuki anche se non era facile a causa delle convulsioni, Kisrishima teneva ferme le sue mani tremanti ma che avevano riacquistato tutta la loro impareggiabile forza, per riuscirci dovette dare fondo a tutte le sue energie utilizzando persino la sua unicità di rafforzamento, questo perché quel dolore e quello shock improvviso avevano represso il calore di Katsuki eliminando la sua improvvisa debolezza.
Sero invece aveva aperto la finestra lasciando che dell'aria pulita circolasse in quella senza, poi tentò di far bere e mangiare qualcosa a Bakugou anche se, non era stato facile.
Per loro, vedere una scena del genere, qualcosa di tale portata accadere proprio all'imperturbabile, cinico Katsuki Bakugou era stato un colpo duro da assorbire, qualcosa di quasi impossibile da elaborare.
In qualche modo, però, egli riuscì a riprendersi quel tre gennaio, apparentemente.
Dico apparentemente perché appena Kisrishima lo accompagnò nella sala comune per tentare di occupargli la mente in qualche modo, sebbene fosse stato solo di sfuggita, lui lo vide, riconobbe quei capelli verdi come smeraldi e le lacrime cominciarono nuovamente a sgorgare fuori dai suoi occhi, si piegò su sé stesso per nascondersi e la sua voce, normalmente profonda, maschile e vibrante uscì fievole e spezzata, tagliante come schegge di vetro mentre pregava l'amico di riaccompagnarlo nella sua stanza perché non ce la faceva, non riusciva a sopportarlo.
E si chiuse lì per tutto il giorno, senza parlare con nessuno e senza lasciare entrare nella sua stanza neppure Recovery Girl mentre il rosso stava tentando disperatamente di comprendere quello che avesse potuto averlo scosso tanto da ridurlo in quel deplorevole stato e da farlo piangere davanti ad altre persone.
Rimase senza risposte fino al trenta gennaio.
Katsuki sembrava essersi stabilizzato ma era diverso: non parlava quasi, non insultava nessuno, neppure rispondeva alle provocazioni e non alzava mai lo sguardo eppure, quando veniva il momento di combattere ogni suo gesto sembrava disperatamente distruttivo, aggressivo quasi fosse espressione del suo tormento e questo aveva rattristato molto il suo amico che però aveva cominciato a notare qualcosa.
Gli era perso di aver notato che ogni interazione fra i due amici d'infanzia fosse cessata, ma non era semplicemente questo: ogni volta che Izuku parlava facendo ben udire la sua voce, non importa con chi, oppure che anche solo passasse accanto al biondo questi tremava, non ne era certo, però era ovvio che l'atmosfera fra loro fosse tesa e di conseguenza lo era quella di tutta la classe.
Ma, come già detto, il trenta gennaio Kisrishima comprese quello che a Katsuki tanto sfuggisse ovvero quella risposta tanto ovvia e scontata per un osservatore esterno ma tremendamente incomprensibile ed inarrivabile per lui che era ancora inesperto nella conoscenza e comprensione di sé stesso, troppo fragile per poterne sostenere il peso.
Ciò accadde in questo modo: durante la pausa pranzo, per cambiare un poco, i due avevano deciso di recarsi sul tetto della U.A. ma, durante il tragitto, si imbatterono in una scena inaspettata.
Ovvero Uraraka che stava baciando Izuku, il quale però pareva ostentare una certa freddezza, non troppo facile da cogliere e quando Katsuki vide ciò quasi morì, ebbe la sensazione che il suo cuore si fosse fermato piegandosi su se stesso, accartocciandosi dolorosamente.
Si girò dando le spalle ai due anche se non era necessario poiché erano nascosti dal muro, cadde a terra piangendo silenziosamente, tenendosi il cuore mentre stringeva violentemente il tessuto della sua uniforme, con il respiro spezzato, il corpo tremante e la sua unicità che stava iniziando ad andare fuori controllo.
Fu proprio allora che il rosso si rese conto di quale fosse la risposta a quella domanda che lo aveva perseguitato per tutto gennaio, ma preoccupato non disse nulla portando Bakugou in infermeria.
Lì Recovery Girl disse al biondo che lui era un omega, fu la prima volta che Katsuki ne ebbe la conferma.
Ella disse semplicemente che a volte gli omega sviluppano tardi il loro calore o che capita loro quando si innamorano, detto questo lì lasciò soli dicendo che l'avevano chiamata sul campo d'addestramento.
Fu allora che Kisrishima sfruttò l'occasione per tentare di capire se aveva ragione oppure non l'aveva affatto, dunque si sedette sul bordo del letto fissando il biondo ancora sconvolto che, sotto sotto aveva già la risposta, ma era incapace di afferrarla non essendo cosciente di quanto si trattasse, per lui infatti, quei suoi sentimenti erano un qualcosa di informe e senza nome che non era capace di definire.
«Senti, Bakugou, dimmi, non è che ti sei innamorato di Midoriya? » chiese con fare naturale Kisrishima vedendo lo sguardo sanguigno dell'altro sgranarsi «Io...non...» voleva negare, stava per farlo ma era la verità? Davvero non ne era innamorato? Non lo sapeva.
Poi pensò, lo fece seriamente per tentare di capire se poteva finalmente dare un nome a quanto aveva dentro, a quel mare mai calmo di pensieri vorticosi ed opposti fra loro che lo stavano sommergendo e soffocando con il loro peso e con la confusione che continuavano a lasciarsi dietro.
«Non lo so... io... non...» farfugliò, non ci riusciva, non riusciva a comprendere sé stesso e si stava odiando per questo, perché diavolo non ci riusciva? Lui odiava non avere il controllo, lo faceva sentire debole e spaesato, vulnerabile.
«Dimmi solo cosa provi, non pensarci troppo, è peggio... » tentò di aiutarlo il rosso sebbene fosse davvero attonito, non avrebbe mai creduto di ritrovarsi una situazione simile con lui, aveva sempre creduto che Katsuki non fosse quel tipo di persona ma doveva aspettarselo, sapeva che aveva dei problemi con la sua stessa personalità.
«Io, so solo che... io non... riesco a togliermelo dalla testa, è sempre lì, per qualche ragione e, non so il motivo ma, ha smesso di darmi così tanto fastidio e...» si fermò mentre piangeva senza motivo, non stava capendo nulla e la confusione lo stava facendo uscire pazzo.
«So solo che mentre stavo avendo il mio calore desideravo che... che lui lo facesse ma non lo ha fatto, ha detto che mi odia e oggi, io... non lo so... ha fatto male... io...» a quel punto il fulvo lo abbracciò, gli faceva male vederlo stare in quel modo, stava cercando di confortarlo e calmarlo.
Aveva visto un tale terrore in quello sguardo che gli era parso di avere a che fare con un uomo che aveva guardato in faccia la morte, per la prima volta, eppure si trattava semplicemente di emozioni, solo allora si rese conto che in realtà, Katsuki, non era altro che un fragile bocciolo mai fiorito, vissuto nel gelo ed il tempo non aveva fatto nulla per aiutare a liberarlo dai suoi vincoli e farlo sbocciare.
«Non credo Midoriya avrebbe mai detto qualcosa del genere, forse dovresti parlare con lui e non preoccuparti troppo Bakugou, tutto questo è normale, è semplicemente amore» disse con un piccolo sorriso tentando di placare quel terrore che traspariva da quelle pozze rosse.
«Come fai a dirlo, sei innamorato di qualcuno? » a quella domanda egli deglutì rumorosamente e a quel punto, qualsiasi cosa fosse potuta accadere dopo la sua rivelazione, non poteva fare a meno di essere onesto, sapeva che se avesse mentito lui se ne sarebbe reso conto e non voleva peggiorare la sua situazione.
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Non è possibile fuggire
Фанфик{AU} Lentamente ogni certezza crolla, ogni pensiero muta e questo perché le menzogne, le illusioni sono destinate cadere, come castelli di carta spazzati via da un alito di vento.