|Capitolo VI•|

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«Si, di... Mina» bisbigliò lui divenendo rosso come la sua stessa chioma; conoscendo l'amico sapeva tuttavia che una semplice frase e una tale reazione, per quanto reale e spontanea fosse stata, non sarebbero state abbastanza per poterlo convincere e doveva riuscire a far liberare il biondo dal peso di quei sentimenti, prima che qualcosa di potenzialmente negativo potesse accadere.
«A dire il vero, non sarei ciò che sono senza di lei, mi ha spinto a superare la mia debolezza e le mie immense paure, è solo grazie a lei se ho trovato la forza di intraprendere questa strada, lei conosce il me senza speranza e conosce ciò che sono diventato, ma ho promesso a me stesso che non avrei rivelato i miei sentimenti fino a che non potrà essere fiera di me» ammise con un dolce sorriso sul viso allegra, con una luce splendente e luminosa ad illuminare il suo sguardo determinato e profondamente innamorato.
Tuttavia quell'alone di soffocante malinconia non sembrava apprestarsi ad allontanarsi da quello sguardo sanguigno, lucido, sul punto d'esser nuovamente fonte d'un inesauribile e tormentato pianto, come se, per tutto il mese di gennaio, le lacrime non fossero state parte integrante della sua terribilmente distruttiva quotidianità.
Un sospiro sconsolato usci dalle labbra del fulvo che non stava avendo successo nel perseguire il suo obbiettivo «Bakugou, cerca di credermi se puoi, ma i sentimenti che sembrano avvolgere il tuo animo senza pietà, che ti affliggono terribilmente e feriscono ogni istante più sono amore, una parola così semplice ma allo stesso tempo terribilmente complessa da poter mandare in confusione il più imperturbabile fra gli uomini...» tentò nuovamente di portare almeno un po' di serenità in quel ragazzo che, in quel mese invernale, primo fra tutti, era parso senza vita, con occhi vitrei ed assenti.
Il loro discorso venne interrotto dalla campana che segnava la fine della pausa pranzo, ciononostante Kisrishima si disse che non sarebbe stato un problema se per una volta saltavano le lezioni, soprattutto non se aveva a che fare con qualcosa di importante, soprattutto non se in quel tempo poteva aiutare il suo migliore amico, o anche solamente alleviare sebbene in minima parte quel dolore costate che aveva continuato ad affliggerlo palesemente, perché lui era stato in grado di notarlo, avevano potuto farlo tutti.
Nessuno aveva osato parlarne chiaramente con Katsuki per paura di come il biondo avrebbe potuto reagire alla preoccupazione di tutti per il suo stato psicofisico, ciononostante era parso facilmente comprensibile a tutti che qualcosa di terribile stesse avendo luogo nell'animo del giovane, per via dello sguardo spento che dimostrava, quell'aria afflitta e persa che di tanto in tanto ostentava senza averne realmente coscienza ed era stato ovvio soprattutto durante gli allenamenti.
Quel suo combattere in modo pericoloso e disperato era parso come una chiara dimostrazione di un profondo turbamento che aveva necessariamente dovuto scuotere terribilmente il suo animo per portarlo a schemi comportamentali tanto lontani dalla sia natura, da quel personaggio rigorosamente scontroso ed inattaccabile che aveva sempre ostentato anche nei momenti peggiori, persino quando era stato rapito dalla lega dei villains.
La conversazione rimase sospesa a metà finché i due percorsero i corridoi silenziosi della scuola, fino a giungere proprio sul tetto dell'edificio, in modo di poter essere certi che nessuno avesse ascolto, anche solo per sbaglio, quella loro particolare conversazione, la quale per altro stava per prendere una piega piuttosto inattesa, come del resto lo stavano facendo gli eventi proprio quel maledetto trenta gennaio, ma forse maledetto non era, quel giorno.
Una volta spalancata la porta e chiusasela alle spalle il biondo dalle ciocche naturalmente ribelli superò velocemente la figura dell'amico coprendo facilmente lo spazio con ampie falcate, il vento pungente dell'inferno fece tremare dal gelo Kisrishima, mentre sull'altro parve non sortire effetto alcuno se non quello d'aver smosso il tessuto grigiastro dell'uniforme e con essa le ciocche dorate.
Si piantò davanti alla ringhiera del tetto, si mise di profilo rispetto al fulvo mentre osservava la sterminata distesa di grattacieli ed edifici che costituivano il panorami fruibile in quella scombinata città perennemente trafficata ed invasa di problemi, che fossero quotidiani o straordinari: Tokyo.
La chioma ribelle danzava al passo con il vento dispettoso, alcune ciocche più lunghe accarezzavano la pelle pallida come neve del biondo, mentre egli rilassava quanto più possibile l'espressione del suo volto, socchiudendo gli occhi lasciando che, fra le sue lunghe ciglia bionde, le sue iridi rubino risultassero come dei lampi rossi, mentre le sue labbra si piegavano all'ingiù, come se tutto ciò che in quel tempo aveva tenuto faticosamente segregato nel suo cuore stesse in quel dato momento straripando procurandogli dolore, un dolore che Kisrishima era certo di non poter minimamente immaginare.
Non disse nulla ma temeva per Katsuki, in un angolo della sua mente aveva iniziato a farsi strada una voce preoccupante che gli suggeriva d'allontanare il ragazzo dal parapetto, poiché conosceva l'avventatezza che gli apparteneva caratterialmente, ma non era solo quella a preoccuparlo, bensì a farlo era quella disperata rassegnazione che era apparsa su quel viso dalla bellezza innegabile.
«E dimmi, ora che so di poter dare un nome a questi sentimenti, ora che so perché il mio cuore non cessa il suo moto repentino e doloroso, ora che capisco la paura che si è radicata in me e ogni secondo cresce più forte all'interno del mio animo, ora che conosco la fonte di questo terribile dolore senza fine che mi priva del sonno e che mi fa desiderare di morire, che senso ha, che senso ha tutto questo?» chiese aggrappandosi con le mani maschili e piene di vene saldamente alla ringhiera puntando gli occhi appena dischiusi al panorama, senza davvero guardarlo, perché la sua mente poteva concentrarsi solo su una cosa, o meglio una sola persona e non poteva fare a meno di scorgerne la figura proiettata dalla sua mente in ogni luogo andasse, in qualsiasi momento e qualsiasi cosa facesse, come una dolce tortura alla quale non riusciva a sottrarsi, o forse non ci aveva provato davvero, perché sapeva già che non avrebbe funzionato, qualcosa dentro di lui glielo aveva urlato silenziosamente da tanto tempo, troppo eppure lui aveva sempre oscurato quella voce.
Forse quella era la sua punizione per essere andato così duramente contro i suoi reali sentimenti per tutti quegli anni, forse era quello che si era meritato per aver trattato Izuku come fosse stato spazzatura.
Come avrebbe mai potuto, quel ragazzo dalla chioma smeralda e volto lentigginoso dalla delicata bellezza, per quanto gentile, ricambiare dei sentimenti d'amore provenienti dalla persona che aveva reso gran parte della sua vita un incubo si chiese.
Bakugou si disse che onestamente una cosa del genere non era possibile, poi rammentò nuovamente la scena dolorosamente straziante di quel bacio al quale aveva assistito ed il cuore gli si strinse in una morsa persino più forte di quella che ebbe sul momento stesso, i polmoni parvero chiudersi e crollò quasi, ma si resse alla ringhiera con tutto sé stesso per non crollare ancora una volta, sentiva che, se lo avesse fatto, non sarebbe più riuscito a rialzarsi, che si sarebbe lasciato cadere fino a toccare il fondo, come un suicida, sentiva che avrebbe abbandonato ogni cosa se fosse crollato in quel momento.
Una lacrima bella come un diamante, illuminata dal timido sole invernale, ancora parzialmente coperto da qualche dispettosa nuvola dall'aspetto minaccioso rigò la sua guancia sinistra, accarezzò la sua mascella giungendo poi al suo mento prima di spezzarsi al suolo, come il suo cuore aveva fatto poco prima.
«Non dovresti arrenderti, non prima d'aver esternato i tuoi sentimenti al diretto interessato, non puoi sapere per certo quello che può accadere Bakugou, dovresti tentare, credo...» tentò di rassicurarlo ed incoraggiarlo Kisrishima che, a dire il vero, dentro di sé tremava come una foglia secca nel vedere il biondo tanto vicino a quel parapetto.
Katsuki allentò la presa dalla ringhiera per dare le spalle a quel panorama urbano ma comunque meraviglioso fissando lo sguardo distrutto ed arreso, devastato dalla pesantezza di un amore inaspettato nel suo, prima di parlare, con un sorriso malinconico e dolorante impresso nel suo viso «A che scopo, hai visto anche tu...» e sviò lo sguardo incapace anche solamente di terminare la frase in modo vago e questo scosse ancora di più il fulvo.
Non riusciva a credere che Bakugou non solo avesse allentato la presa dalla maschera che aveva sempre tenuto premuta sul suo cuore soffocandolo, ma assistette, in quel preciso giorno, al momento nel quale egli la lasciò scivolare a terra, lasciando che essa si frantumasse in pezzi tanto piccoli e sbriciolati da non poter più essere ricomposta, mostrando, sebbene in solo minima parte, la debolezza che il suo animo sentiva.
Una vista del genere, attribuita alla figura dal tremendo Katsuki Bakugou sembra inadatta, decontestualizzata e completamente fuori personaggio, tuttavia non lo è veramente: cos'erano tutti gli urli, i modi di comportarsi minacciosi, quegli sguardi taglienti e quell'uso scurrile del linguaggio se non un modo da lui trovato inconsciamente per difendere quel suo io infinitamente fragile dal mondo che già, da quando era solo un bambino, si aspettava davvero troppo da lui.
Lo aveva sempre saputo che molti nella sua vita se ne sarebbero andati, che lo avrebbero avvicinato solo a causa della sua unicità e dunque per loro torna conto personale, eppure c'era sempre stata una sola persona che non aveva mai smesso di fare parte della sua vita e dei suoi pensieri, solo allora lo comprese, il motivo per il quale si era convinto di odiare Deku.
Lo aveva fatto perché lo temeva, forse inconsciamente aveva già realizzato da tempo i suoi sentimenti, questo non poteva saperlo, ma era ben consapevole che a farlo agire in quel modo era stata la paura che quel ragazzo sorridente, dal cuore d'oro e occhi meravigliosi come finestre sul paradiso si sarebbero fatte ancora più strada nel suo cuore e temeva che se ne sarebbe andato, ferendolo così profondamente che non sarebbe poi stato capace di difendersi.
Lo comprese solo allora, su quel tetto, mentre si stava preparando a lasciare andare quel folle amore che ardeva come una fiamma in lui, che lo aveva spinto a scegliere il percorso dell'eroe piuttosto che quello del cattivo perché Izuku aveva sempre creduto in lui, nonostante tutto.
E in quello stesso momento, Katsuki, si rese conto che per quanto lo desiderasse e per quanto avrebbe potuto provarci non sarebbe riuscito a disfarsi di quei sentimenti travolgenti e soffocanti che avevano profondamente turbato il suo animo e sconvolto la sua realtà, che in poco meno di un mese lo aveva portato a vivere uno sconvolgimento tanto profondo da cambiare addirittura la sua stessa personalità, così un sorriso amaro, un po' ironico, si fece spazio sul suo volto mentre si riprendeva finalmente da quella confusione che lo aveva disorientato.
Si disse che non era certamente da lui rimanere tanto turbato e sconvolto per qualcosa che si era presentato solo come forma di probabilità, che se desiderava che quel dolore terminasse, che quel calore gentile e quei sentimenti tanto meravigliosi da non poter essere trasposti correttamente fra qualche riga, o in parole d'ogni sorta fossero parte della sua quotidianità doveva combattere, fino allo stremo delle forze, come aveva sempre fatto, perché non poteva semplicemente arrendersi e rintanarsi in un angolo a piangere.
Doveva mettere tutto sé stesso nel raggiungimento di quella vittoria, non poteva lasciarsi superare da nessuno e non avrebbe perso contro nessuno, perché da quello dipendeva se avrebbe potuto continuare a vivere o se si sarebbe sgretolato come un bicchiere di cristallo lasciato cadere, ma non contemplava altro che la vittoria, poiché lui, dopotutto, rimaneva pur sempre l'invincibile Katsuki Bakugou.
Kisrishima tirò un sospiro di sollievo nonostante la confusione, improvvisamente infatti aveva visto tornare la vita in quello sguardo scarlatto come sangue fresco, aveva visto in quelle gemme aggressive riaccendersi quella luce sfolgorante e travolgente tipica della sua personalità, quella parvenza di sfrontatezza ripopolare la sua espressione e la sua sicurezza tornare ad adornare il suo perfetto portamento.
Bakugou si voltò verso l'amico con in sorriso sincero, giusto per spiazzarlo ancora un po' di più, gli appoggiò una mano sulla spalla mentre lo superava e disse «Grazie amico, ora andiamo» e il fulvo lo seguì sorridente «E con Uraraka che farai?» «Mi basta essere migliore di lei e poi, non c'è nessuno che conosca quel nerd di merda meglio di me, no?» disse dando le spalle all'amico, camminando in modo spavaldo verso la classe, come era sempre stato solito, ma le sorprese, per quel giorno, non erano ancora finite.

Non è possibile fuggireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora