Forse da quell'incontro è uscito qualcosa di buono (Percabeth)

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Erano passati 10 anni da quando Percy aveva lasciato Annabeth. Il figlio di Poseidone era scappato senza dire nulla a nessuno, lasciandole soltanto un bigliettino con scritto di non voler stare più con lei e di non cercarlo.

Questo non perché non amava Annabeth e non tenesse agli altri o perché era un codardo. Assolutamente no, anzi. Ma aveva scoperto che un male incurabile si era insidiato nel suo corpo e i medici gli avevano predetto il dieci per cento di probabilità si sopravvivere all'intervento. Per questo se ne era andato. Non voleva che Annabeth soffrisse la sua imminente morte. Non gli importava se la ragazza lo stava odiando. è più facile odiare una persona che hai amato tanto che vederla morire.

Ma, si da il caso che che l'intervento fosse riuscito bene, e Percy, che prima credeva che si sarebbe sicuramente trasferito nell'oltretomba, si ritrovò solo, ma di certo non sarebbe tornato da Annabeth e dalla sua famiglia come se niente fosse. Era convinto che la figlia di Atena non l'avrebbe mai perdonato per aver spezzato il suo cuore abbandonandola così di punto in bianco senza alcuna spiegazione plausibile. Si sentiva un vigliacco, un codardo, anche perché aveva espressamente chiesto a Iris, la dea dell'arcobaleno, di non recapitargli più alcun messaggio.

Nel frattempo, il semidio aveva cercato di cambiare vita e di dimenticare il suo passato. Ora lavorava in qualità di cameriere in un lussuoso ristorante su una spiaggia di Tallhasee, in Florida. Aveva un buon stipendio, i colleghi erano simpatici, a parte qualcuno. Ma nessun mostro che volesse ucciderlo. Insomma, era la vita perfetta che aveva sempre desiderato avere, sembrava un sogno. Ma purtroppo quel sogno con comprendeva Annabeth.

Quella era la sera del 14 febbraio, San Valentino, la festa degli innamorati, e il ristorante era pieno zeppo di gente. Kate, una sua collega, gli diede delle indicazioni su quali tavoli servire e lui scorse la lista dei numeri, studiando ogni tavolo. Ma quando vide a chi doveva servire, per poco non cadde. Quel maledetto karma! Percy rimase qualche istante lì impalato a fissarli. Era indeciso se far finta di niente o scappare.

-Beh, che fai, non vai? Guarda che quella è un'architetto molto importante. è una donna che ha a che fare con gli uomini più potenti degli stati uniti, quindi non conviene a nessuno farla aspettare tanto, soprattutto se vogliamo fare bella figura e aumentare gli incassi.- La collega lo guardò con sguardo di rimprovero.

Ma Percy non la stava ascoltando. -E lui? Lui sai chi è?- chiese mentre gli si torceva lo stomaco dalla gelosia.

-No, non lo so chi è. Ma non importa. Muoviti evai a chiedere gli ordini, io devo servire altri tavoli.-

-Ehm, non è che potresti andare tu, io faccio gli altri.-

-No, Percy. Lo sai che abbiamo le zone del ristorante ben distribuite. Quella zona il capo l'ha assegnato a te. Perché, c'è qualcosa che ti preoccupa?-

-No, nulla. Assolutamente nulla- Mentì spudoratamente, evidentemente a disagio. -Ora vado.-

Prese il blocco e la penna e si avvicinò al tavolo in questione a tessa bassa, sperando che non venisse riconosciuto.

-Salve, signori. Come posso aiutarvi?-

Annabeth, che fino ad un secondo prima stava studiando tranquillamente il menù, alzò il capo, e quando lo vide, prima impallidì, poi lo guardò con rabbia, ma non disse nulla. Probabilmente non voleva dare spettacolo.

-Tutto bene, tesoro?- Chiese lo sconosciuto di fronte a lei prendendole la mano. Percy stava per tirargli un pugno ma si contenne e cercò di pensare razionalmente, cosa piuttosto difficile per lui. Annabeth si era rifatta una vita, così come se l'era rifatta lui, ed era giusto così.

-Sì, sì tutto bene, ho soltanto fame.- Gli rispose la bionda, ma continuava a guardare male il cameriere.

-Ti va bene se per antipasto prendessimo la salsa tartara? o il guacamole?- Chiese l'uomo-

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