Ammetto, ammetto, di non averlo sognato, questo. Ma vabbè, fatto 30, facciamo 31. Ciccia a tutti.
Unia aprì gli occhi ma non potè essere sicura di essersi completamente svegliata. La testa le doleva incredibilmente e tastandosela notò dapprima sulla sua mano, poi sul braccio e infine lungo ogni centimetro del suo corpo, morsi cicatrizzati. Segni di denti che formavano mezze lune rosee. Provò ad alzarsi ma si ritrovò dentro una gabbia da cui non poteva uscire.
I ricordi, gli ultimi, la investirono. Lui l'aveva presa, l'aveva divorata in ogni modo possibile. Il perchè, ancora non lo sapeva. Quel pensiero, l'immagine dei denti di lui sulla sua pelle ancora cosciente le fecero dolere lo stomaco. No, non era dolore ... era qualcosa di più.
Un sentimento come se venisse trafitta da cento spilli nello stesso momento. Provò a focalizzare questo sentimento, questo vuoto in pieno petto finchè non le fu tanto chiaro da doversi tenere la testa fra le mani.
Aveva fame. Una fame cieca tanto da non potere pensare ad altro. Stava morendo di fame.
Il suo corpo martoriato le ricordava quel desiderio primordiale di mordere qualsiasi cosa, pur di ingerire.
Nel momento in cui cominciò a mordersi il suo stesso braccio, pur di soddisfare se stessa, sentì qualcuno fischiare.
Un istinto che sentiva vecchio di anni la costrinse a raggiungere l'angolo della gabbia, cercando qualcosa per corpirsi. Lui fece qualche passo avanti e si abbassò sulle ginocchia, guardandola. Teneva e mordicchiava qualcosa di lungo e affusolato. Un dito. Lo teneva tra le labbra e se lo passava tra i denti, come una sigaretta. Poi la toglieva e fischiava. "Smettila" sussurrò Unia, la voce che non riconosceva "SMETTILA" ringhiò attaccandosi alle sbarre della gabbia.
Lui rise. "Hai fame, uccellino ?" avvicinò il dito alla sbarra. Era violaceo, sapeva di decomposizione. O almeno avrebbe dovuto. Unia sentiva solo un odore dolce, come di ... di pane appena sfornato. Pane e burro. Venne trafitta di nuovo da centinaia di spilli e allungò la lingua oltre le sbarre, per afferrare il dito che lui le allontanò immediatamente. Lo voleva. Si vergognò di volerlo, ma avrebbe dato la sua vita per quell'unico pezzo di carne.
"Ma certo che hai fame. E infatti ho qui per te un regalino" Lui si alzò e fece avanzare con un passo una ragazzina, con una benda a coprirle la bocca. Nei suoi occhi la paura più totale. Unia scattò sull'attenti come un animale. Pane e burro. Fame. Mordere.
Ringhiò di nuovo, mostrando i denti.
Quando lui le aprì la gabbia, tutto divenne confuso.
La ragazzina urlava disperatamente. Impronte rosse si distinsero lungo tutte le pareti. Unia che d'un tratto troneggiò sul suo corpo con una parte di intestino tenue tra i denti. Lui si abbassò, accarezzandole i capelli, e si unì al banchetto.
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C'mon, little bird
HorrorUnia sta scappando, ma sa di non potere nascondersi. Perchè lui la troverà ovunque lei sia. Morto e poi risorto, come lui ormai troppi mostri. Veloci, forti, senza memoria, schiavi di rabbia e fame. Ed è la fame a spingerli ad agire, ad uccidere, a...