3. Lui

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Non so cosa sto scrivendo, in verità. Cosa farò e cosa no. Se lo continuerò o meno. Tanto non lo legge nessuno, LOL. Ciccia a tutti.

Unia rimase ferma nella sua gabbia per giorni. Il fetore di quel cadavere era insopportabile. Aveva abbandonato l'odore del pane rivelandosi per ciò che era in realtà. Qualche topo si era avvicinando mangiando le orbite e le mosche avevano fatto le uova dentro le sue ossa. La bocca aperta, le labbra mangiate, distrutte, i capelli impastati di sangue. 
Unia poggiò la fronte contro le sbarre della gabbia, volendo piangere. Ma ogni volta che ripensava a quel gesto, un gesto di follia, non c'erano altre soluzioni, riprovava quella fame che proveniva direttamente dalla bocca dello stomaco, e si costringeva a pensare ad altro. Si sarebbe lasciata morire di fame, aveva deciso. Lui se ne stava su una sedia, immobile, con gli occhi aperti, ma non sembrava veramente fissarla. Guardava un punto indefinito nella parete davanti a lei, e sembrava trovare una ragione nel quel poco di luce che entrava da un buco non ben definito. 
Fischiava, ogni tanto. "Come ti chiami ?" chiese Unia alzando di poco la testa.
La puzza del cadavere si confondeva con quello dei suoi vestiti, impregnati di sudore e sangue, e a quello degli escrementi che era stata costretta a fare in un angolo. 
Lui non rispose. Sembrava morto, ma già lo era, come lo era lei. 
"Come ti chiami ?" chiese di nuovo e gli lanciò contro un osso che gli colpì la caviglia. Le sue palpebre si mossero, per poi sbattere una o due volte. Abbassò la testa e la guardò. 
Unia ripetè la domanda una terza volta, ma lui non rispose. Si alzò, e potrò fuori i resti del cadavere per poi togliere anche la merda tutto intorno. "Mi lascerò morire. Mi mangerò da sola" disse mentre lui abbandonava la stanza per poi tornare poco dopo. 
Lui si abbassò sulle ginocchia, come quando l'aveva fatta svegliare. Non fece entrare la mano dentro la gabbia, si limitò ad osservare i suoi occhi vitrei, la pelle che puzzava di decomposizione, come la sua. Le labbra spaccate e le vene bluastre lungo il collo.  
"Kor. Domani ti farò uscire" 

C'mon, little birdWhere stories live. Discover now