Ce la posso fare, ce la posso fare, ce la devo fare!
Ma poi commetto un errore: guardo l’orologio. Oddio, non ce la posso fare.
Sto correndo come una pazza per le strade di Roma all’affannosa ricerca del mio taxi perché sono in clamoroso ritardo, proprio Io, maestra integerrima che predico sempre puntualità e rispetto ai miei alunni sono fuori tempo massimo, la redazione mi ucciderà.
Ma cosa posso fare se quel maledettissimo treno ha deciso proprio oggi di fare ritardo?
Promemoria per la prossima volta: scegliere un treno che mi porti a Roma con almeno due ore di anticipo.
Mi affretto a mandare quanto meno un messaggio alla redazione mentre finalmente all’orizzonte compare un taxi, forse dopo tutto sono ancora in tempo per recuperare.*************************************
Venti minuti più tardi arrivo agli studi, pago velocemente il taxi e sono di nuovo incorsa verso l’ingresso, per fortuna la sicurezza riconoscendomi non mi fa troppi problemi e mi lascia passare. Ho il fiatone per la corsa e per i nervi, ce l’ho quasi fatta i camerini sono vicini, ma proprio mentre mi accingo a premere il pulsante dell’ascensore che mi porterà verso quest’ultimi la borsa mi scivola e cade in terra, e con essa il suo contenuto, questa giornata potrebbe andare peggio?
Mi lancio sul pavimento e cerco disperatamente tra i mille oggetti, finché non recupero quello che mi interessa. Senza attendere un attimo in più, ributto tutto quanto nella borsa, o quasi tutto, ma poco importa. Tanto quel lucidalabbra che sta rotolando via non è niente di speciale.
Bene, eccomi, sono in ritardo di quaranta minuti sulla tabella di marcia! La registrazione ormai sarà cominciata da un pezzo.
«Che scenetta divertente. Sono su Candid Camera?», domanda perfida una voce profonda alle mie spalle.
La mia mano rimane sospesa in aria mentre l’altra stringe morbosamente la borsa che fino a un minuto prima stavo raccogliendo da terra e che adesso uso come scudo fra me e quest’uomo.
Non devo neanche voltarmi per sapere a chi appartiene quella voce.
Ok, ora è ufficiale: non ce la farò.
Una parte di me sarebbe tentata di proseguire per la propria strada senza neanche girarsi, ma potrebbe sembrare una fuga, e il giorno in cui io fuggirò di fronte ad Armando Incarnato sarà il giorno in cui sarà stata proclamata la fine del mondo.
«Faccio il possibile per intrattenerti», ribatto girandomi appena.
Con la coda dell’occhio noto che la sua figura alta e minacciosa si avvicina pericolosamente. Schiaccio con furia il pulsante dell’ascensore davanti a me. Ho molta fretta nel caso non si fosse capito.
«Non pensavo che avrei mai assistito a una scena simile», incalza la voce che prima era dietro di me e ora invece è accanto a me, maledizione.
A quanto pare siamo entrambi fermi davanti a un ascensore che proprio non ne vuole sapere di arrivare. Tanta tecnologia per poi trovarsi a questo punto: non poter neanche evitare l’uomo più odioso, arrogante e pieno di sé del parterre maschile, dio i miei nervi già alle stelle stanno per esplodere.
Anche senza guardarlo, sento che mi sta fissando con evidente curiosità. Al suo posto lo farei anch’io, devo avere un aspetto davvero buffo dopo aver corso con tanta furia. Sollevo un po’ lo sguardo e rimango incenerita dai suoi profondi occhi scuri. Riabbasso veloce la testa, come infastidita da tanta intensità.
Che spreco inutile, due occhi così intensi su una creatura così piena di sé, così altezzosa, così odiosa. Mentre gli lancio un’ultima occhiata mi sfugge inavvertitamente una risatina. Le sue sopracciglia nerissime si abbassano in segno di diffidenza. È un’espressione che in effetti gli ho visto assumere molto spesso. Credo faccia esercizi di fronte allo specchio per apparire più inquietante possibile quando gli sono di fronte. Non che riesca nell’intento, sia chiaro.
«Sono felice di farti sorridere in una giornata così difficile per te. Come mai sei così in ritardo, Amedeo ti ha trattenuta troppo a lungo per caso? Ah no tesò scusami, lui l’hai scaricato malamente settimana scorsa», dice sapendo bene di andare a segno.
«Da che pulpito viene la predica» , dico entrando finalmente in ascensore.
Armando mi segue e ridacchia.
«Io sarò anche in drammatico ritardo, ma tu come mai entri a quest’ora? Uno come te in genere non perde occasione per essere perfetto e farsi notare in puntata», gli dico aspra come un limone colto molto prematuramente.
«Ero a pranzo con Veronica», dice con tono neutro, per nulla scalfito dalla mia accusa.
Certo, Armando porta fuori tutte le donne del parterre, che non si sa per quale strano sortilegio cascano davanti a lui. Mi fa molto piacere essere una delle poche a non farlo.
Una mano si solleva dietro di me e preme il bottone del secondo piano.
«Dato che sei così in ritardo, potresti almeno spingere il pulsante dell’ascensore», mi fa notare sarcastico.
La verità è che mi sono distratta, dannazione, e questo pomeriggio non ho davvero bisogno di altre seccature. La cabina parte con un lieve sobbalzo.
«Forza Barbara», domanda ancora, «dimmi cosa succede. Tu non sei mai cosi in ritardo…».
E così alla fine mi giro a tutti gli effetti verso Armando, che mi guarda come un cacciatore che sta per sparare sulla sua preda. Un ciuffo ribelle di capelli gli cade sbarazzino sulla fronte. Lo allontana, con un gesto ben studiato, da quegli occhi così dannatamente intensi. Se fossi una donna imparziale, dovrei ammettere che il suo aspetto non è niente male, ma per fortuna io sono molto di parte quando si tratta di Armando, quindi posso infischiarmene del suo aspetto fisico. La bava delle altre è più che sufficiente.
«Chiariamo una cosa», gli dico infastidita, «prima di tutto non è affar tuo perché sia arrivata in ritardo questo pomeriggio e, secondo, non fare finta che te ne importi qualcosa, perché so benissimo che non te ne frega un accidente».
In un primo momento la mia frase pare non causa alcuna reazione. Ma poi, su quelle labbra ben scolpite, si affaccia un impertinente sorrisetto di derisione.
«Oh Barbara, come puoi pensare una cosa simile di me…», mi dice come ci si rivolgerebbe a un bambino piccolo, proprio mentre l’ascensore si ferma al nostro piano. Mi giro per uscire da quella trappola mortale, quando sento alle mie spalle un cambio di registro, come se l’aria si fosse fatta più densa e uno sguardo mi stesse fulminando.
Con una certa soddisfazione mi rendo conto di aver impiegato circa due minuti e mezzo per fargli perdere le staffe. Impressionante, ma posso sempre migliorare.
Lo vedo poi incamminarsi velocemente verso i corridoi dei camerini, lo raggiungo ma non mi presta alcuna attenzione. Davanti a noi c'è quella confusione tipica della registrazione, con gente che viene e che va. Armando senza nemmeno salutare sparisce in mezzo a quelle figure e finalmente torno a respirare normalmente, essermi liberata della sua presenza mi ha non so come ringiovanita. La verità è che accanto a lui mi sento sempre sulle spine, come se stessi per scattare da un momento all’altro e dovessi tirare fuori l’artiglieria. Ch’è alla fine quello che puntualmente accade in trasmissione, dice o fa qualcosa che mi fa venire voglia di mettergli le mani addosso. Dio che frustrazione. Perciò meno l’ho accanto meglio è.Una volta superate tutte quelle figure scorgo Valentina infondo al corridoio, che mi guarda sollevata mentre è alle prese con quello che deve essere un problema al microfono, mi avvicino per salutarla velocemente e far sistemare anche il mio, per poi entrare in camerino per darmi una veloce sistemata.
Quando mi guardo allo specchio sono paonazza a causa di tutto quel correre, ovvio che Armando mi stesse guardando con tale curiosità. Sistemo il trucco e i capelli per quel che riesco, e mi porto le mani alle tempie, non sono nemmeno entrata in studio e ho già mal di testa e voglia di schiaffeggiare Armando. Perfetto.
Quell'uomo è esasperante e mi sfinisce, spero almeno di avere lo stesso effetto su di lui.
Getto la testa sullo schienale della sedia, chiudo gli occhi e cerco di rientrare in me, non posso lasciargli scalfire il mio equilibrio, respira, inspira, respira ..
«Barbara forza, la puntata è cominciata da un pezzo e sei ancora qui», dall’altra parte della porta Valentina mi chiama interrompendo la mia momentanea pace, che non ha fatto placato il mio animo, beh mi dico che dopo una giornata così di merda ho tutte le ragioni del mondo se durante la registrazione perderò le staffe contro Armando, no?
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Ti prego lasciati odiare
Romance«Io e te siamo un errore», gli ripeto ancora una volta, ma lui non si scompone. «E allora facciamo questo errore, al resto penseremo dopo». E se quell'odio nascondesse amore? E se lei provasse qualcosa per quell'uomo arrogante e detestabile? E se d...