Capitolo Due
Storm"Merda, merda, merda."
Evito per un pelo di investire un ciclista spericolato è un runner che, alle sei del mattino, gira per la città vestito completamente di nero e accelero nella strada che mi porterà fuori dalla zona residenziale.
Sono maledettamente in ritardo e spero di cuore che a quest'ora del mattino non ci siano pattuglie nei dintorni.
Con la lancetta del contachilometri che sfiora quasi i cento, in una strada il cui limite e non più della metà, è sicuro che mi ritirerebbero la patente se dovessero fermarmi.
Sta diventando una pessima abitudine.
Non sono mai stata una persona esattamente mattiniera, ma finora non era mai stato un problema. Almeno non insormontabile.
Da quando ho iniziato questo nuovo lavoro, invece, non riesco mai a tirare giù il culo dal letto prima delle cinque e ciò significa arrivare a lavoro per il rotto della cuffia.
Oggi invece sarò proprio in ritardo. Sono le sei meno dodici e nemmeno andando più veloce di così riuscirei a timbrare il cartellino per l'ora giusta.
Tutta colpa di quella maledetta telefonata.
Allontano subito il tema poiché pensarci non farebbe altro che peggiorare il mio già di per se pessimo umore e il mal di testa che fin da quando ho aperto gli occhi minaccia di travolgermi.
Per dormire poco meno di tre ore, quasi quasi sarebbe stato meglio trascorrere la notte completamente in bianco.
Dopo dieci minuti senza incontrare anima viva imbocco il sottopassaggio che mi porterà a Battery Park.
Di solito preferisco passare per il ponte di Brooklyn, perché il tunnel mi mette ansia, ma non posso essere così superficiale da evitare la strada più breve quando sono in ritardo.
Vivo nella zona di Kensington, in una delle tante anonime palazzine dai mattoni rossi, non troppo lontano dalla stazione di polizia, per cui mi ci vuole del tempo per poter arrivare a lavoro.
Cerco di concentrarmi nella guida, contenendo il nervosismo, e tiro un sospiro di sollievo solo quando vedo l'uscita dal tunnel.
Cinque beatissimi minuti dopo parcheggio davanti a uno dei grandi moli della zona, non troppo lontano da dove partono i traghetti. Sta per albeggiare, ma so che in lontananza si erge la statua della libertà e che tra poche ore turisti, locali e curiosi di ogni genere ed etnia si accalcheranno sulle varie imbarcazioni per andare a visitare la famosa statua simbolo storico di New York.
Ogni giorno, dall'alto, vedo i traghetti fare avanti e indietro dall'isolotto, vedo la statua più piccola di quanto non sia davvero e mi chiedo come sia possibile non essere ancora riuscita ad andarci.
Sono a New York da mesi ormai e prima ancora venivo in città a trovare i miei fratelli piuttosto spesso, ma ancora non mi sono recata nella metà abituale di qualsiasi turista.
Forse è dovuto ai cattivi ricordi.
Mi scappa un ringhio rabbioso mentre un'immagine fastidiosa mi balena in mente, ma che viene allontanata abbastanza facilmente mentre spengo il motore.
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Overcome Love. Sanders Brothers Series #3
ChickLitQual'e il modo migliore di far sapere alla propria ex storica che ormai ti è passata? Ovviamente presentarsi al matrimonio di lei e del proprio fratello, in compagnia di un'altra. Ma, a chi chiedere? Dovrebbe essere il tipo di donna che tutti gli i...