CAPITOLO 4

8 1 0
                                    

Mi svegliai di soprassalto, ancora abbracciata a lui. Dovevo andarmene, come avremmo potuto mantenere fede al nostro patto se poi ci addormentavamo insieme?

Finalmente riuscii a liberarmi, divincolandomi dalle sue braccia. Scesi dal letto e afferrai i miei vestiti sparsi qua e là. Prima di uscire dalla stanza mi voltai a guardarlo: era così bello...

Alison, ti dai una mossa? Esci, prima che si svegli.

Andai in camera mia, mi feci una doccia e poi scesi a fare colazione. Arrivata in cucina, salutai tutti. Intravidi Andrea che stava mangiando pan y mantequilla; ci guardammo ma nessuno dei due ebbe il coraggio di salutare. Eravamo entrambi imbarazzati per quello che era successo la notte precedente, ma lui sembrava avere qualcos'altro. Era parecchio strano, aveva gli occhi spenti.

«Cosa mi sono perso tra voi due?» domandò Ian ridendo, anche se non sembrava alludere a qualcosa in particolare.

«Niente, cosa ti saresti dovuto perdere?» Non sapevo cosa dire, dovevo immediatamente sviare il discorso. «Che si fa oggi?» Neanche il tempo di formulare la domanda che Andrea si alzò di scatto, sbattendo la tazza sul tavolo.

«Niente, hai detto? Se per niente intendi una notte di sesso svanita così al mattino, come se nulla fosse, allora sì: non è successo niente».

Lo ha detto davvero!

Non ci potevo credere. Tutti ci guardarono sorpresi, spostando lo sguardo dall'uno all'altra. Io in primis ero così sorpresa dalla sua reazione che per un momento rimasi interdetta.

«Cosa stai dicendo? Lo sapevi fin dall'inizio, avevo messo tutto in chiaro subito». Mi stavo alterando e non poco.

«Credi di cavartela così? Non ho nulla in contrario al solo sesso, ma abbi almeno la decenza di non andartene al mattino come una puttana». A quella parola mi paralizzai, sentendola rimbombare nella testa. Tutto intorno a me era come svanito, i rumori ovattati, vedevo le labbra dei presenti muoversi ma non sentivo nulla.

«Non lo hai detto sul serio» intervenne Erin. Corsi via, via da quello che mi aveva appena detto, via da tutti i ricordi che iniziarono a riaffiorare, impossessandosi della mia mente. Feci l'unica cosa che sapevo fare: scappare.

'PUTTANA' Così mi aveva definita lui, quello che da mesi cercavo di dimenticare, quello che mi aveva rovinata. Arrivai in un baleno al Gibralfaro. Ero lì, nel punto più panoramico di Malaga, quando iniziò a mancarmi il fiato. Mi fermai all'ombra del castello, quando mi resi conto che il respiro aveva preso un ritmo diverso, quasi affannato. Mi sentivo in trappola. Le mani iniziarono a tremare, mentre il cuore sembrava uscire dal petto. Ossigeno. Avevo bisogno di ossigeno. Il formicolio iniziò a invadermi il corpo, bloccandomi tutta, dalla bocca alle gambe. Un attacco di panico. Iniziai a non sentire più nulla, non avevo più sensibilità. Stavo perdendo il contatto con la realtà. Cercai di inspirare a fondo, senza riuscirci. Poi fui inghiottita dalle tenebre.

***

Quando aprii gli occhi ero nella mia stanza, con Erin seduta vicino a me.

«Ti sei svegliata, finalmente. Ho avuto tanta paura».

Mi abbracciò tanto forte da stritolarmi.

«Non ti libererai di me così facilmente». Provai a fare dell'ironia, ma in effetti non c'era nulla da ridere. Poi iniziai a ricordare.

«Io... come sono arrivata qui?». Non riuscivo a parlare, avevo la bocca secca.

«Andrea. Ti ha riportata a casa e tu hai dormito tutto il pomeriggio, dopo aver blaterato per un po'».Alzai un sopracciglio. Andrea?!?

DREAM - Il segno del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora