CAPITOLO 8

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Da quel momento in poi nessuno di noi vide più Andrea, nemmeno i suoi amici riuscivano a contattarlo e a me andava bene così. Non avere sue notizie mi rendeva più facile provare a dimenticarlo, o almeno così credevo.

Le vacanze erano quasi finite, ma io e Erin decidemmo di rientrare comunque con un po' di anticipo. Avevo bisogno di tornare alla mia vita di sempre.

Dopo alcune ore di volo, finalmente atterrammo a Edimburgo.

«Zia Mary, sono tornata!»

Non ero nemmeno entrata che già facevo sentire la mia presenza. Il suo nome era Margaret, ma io avevo iniziato a chiamarla così da piccola, quando non riuscivo a pronunciarlo per intero. E zia Mary era rimasta.

Litigai con lo stipite della porta, cercando di entrare con le mie enormi valigie senza buttare giù la casa.

La zia arrivò di corsa, stupita di vedermi lì.

«Amore mio, com'è andata la vacanza?»

Iniziò a squadrarmi da capo a piedi.

«Tutto bene? Sei pallida, sembri dimagrita... È successo qualcosa? Perché non mi hai detto che saresti arrivata?»

Poi corse ad abbracciarmi.

Eccola lì, la mia zietta apprensiva. Anche se ogni tanto mi trasmetteva un po' della sua ansia, le volevo molto bene. Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, come quando ero piccola.

«Calma, zia, sto bene. Non ti devi preoccupare, non è successo niente».

Cercai di rassicurarla ma a lei non potevo mentire, ero un libro aperto.

«Hai gli occhi stanchi» mi disse, prendendomi il volto tra le mani.

Non le sfuggiva mai niente, ma io non avevo voglia di parlare. Volevo solo andarmene in camera mia e dormire per giorni interi, senza nessuno intorno che rompesse le scatole.

«Sono un po' stanca per il viaggio, se non ti dispiace vado a dormire».

Mi spiaceva lasciarla lì così, ma proprio non ce la facevo a raccontarle quello che era successo, non volevo farla soffrire.

«Ma certo, tesoro, vai pure. La tua stanza è bella pulita».

Me lo disse col sorriso, ma si vedeva che ci era rimasta male. Le avrei parlato, ma non adesso.

«Grazie».

La zia dovette pensare che ero davvero distrutta, perché quella sera non scesi per cena. Aveva aperto piano la porta della mia stanza per non svegliarmi e per controllare che fosse tutto ok, ma io avevo fatto finta di dormire.

Ovviamente quella notte non chiusi occhio. Passai la nottata in bianco, non c'era verso di prendere sonno.

Sembrava tutto così bello, così reale... e ora era tutto svanito. Non potevo crederci. Succedeva sempre così. L'estate finiva e si portava via tutto. Tutto ciò che restava era qualche fotografia che avrebbe racchiuso per sempre quegli attimi di felicità vissuti tra il caldo, il mare, le risate, gli amici... e l'amore.

***

Trascorsi i giorni che seguirono in uno stato di trance.

Finalmente era lunedì e ricominciava l'università, forse riprendere il mio ritmo mi avrebbe aiutato. Avevo tre ore di lezione, non male come primo giorno. Studiavo psicologia alla Saint Andrews, ero al secondo anno. Mi piaceva, era la migliore università di tutto il Regno Unito, oltre a essere la più antica della Scozia. In futuro mi sarebbe piaciuto lavorare come psicologa forense.

DREAM - Il segno del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora