Capitolo 2

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Dietro le quinte c'è il caos distillato in uno spazio molto piccolo.

(William Alexander)

I miei iscrissero mia sorella a danza. L'idea fu, ovviamente, di mia madre e mio padre voleva rendere felici entrambe. Avrei voluto provare anche io a stare sulle punte, ma l'unica cosa che potevo fare era rimanere dietro una piccola vetrata e osservare Cristina mentre cadeva per una posizione sbagliata, lamentarsi per il gesso che pungeva sui piedi per poi rialzarsi col sorriso. Era determinata lei, ammiravo la sua determinazione. E lo era anche quando a casa voleva insegnarmi i nuovi passi che aveva imparato. Quando ballavo ero felice, ma se c'erano i miei genitori (per la precisazione, mio padre) nei dintorni ero preoccupato. Loro non sapevano che scossa avevo dentro quando danzavo, solo Cristina sapeva riconoscerla.

Era un giovedì, e come sempre stavo aspettando che Cristina finisse la sua lezione, quando ad un tratto, dal nulla, qualcosa attirò la mia attenzione: era quel ticchettio meraviglioso che mi cullò anni addietro. Preso dalla curiosità, senza farmi vedere, seguii il ticchettio percorrendo un corridoio arrivando fino ad una piccola stanza senza vetri, ma con la porta socchiusa potevo spiare, e così feci. C'era un uomo, da solo, in mezzo alla stanza che ballava davanti allo specchio. Era piccolo, era diverso, era... era lui! Era proprio il ballerino che vidi in televisione! Rimasi a guardarlo con stupore per molto tempo, avevo la pelle d'oca. All'improvviso si girò verso di me facendomi un sorriso. Intimidito mi nascosi dietro la porta e indietreggiavo, ma lui corse verso di me e mi fermò:

"Ciao piccoletto! Cosa ci fai qua?"

"N-niente... stavo solo guardando"

"Ti piace la danza?" mi chiese, ancora col sorriso e due occhi dolcissimi.

"Molto, ma purtroppo non abbiamo abbastanza soldi per due corsi. E forse, a mio padre non farebbe tanto piacere se sapesse che mi piacerebbe studiare danza".

Dentro di me pensai "maledetti soldi e maledetti stereotipi!".

Si rattristò come se sapesse cosa vuol dire non poter raggiungere i propri obbiettivi. Mi strinse e mi incoraggiò a non mollare, proprio come aveva fatto lui da giovane.

"Niente è impossibile se ci credi. Ti fidi di me?"

Mi fidavo ciecamente di lui, pur non conoscendolo. Feci di sì con la testa, prese la mia mano e mi riaccompagnò alla sala dove mia sorella si stava allenando. Parlò con una segretaria un po' bruttina con degli occhiali strambi, si girò verso di me e sorrise:

"Fatto! Ti ho iscritto io allo stage. Ci vediamo sabato mattina campione!"

Non ci potevo credere, tremavo dall'emozione. Presi mia sorella per mano e andando verso l'uscita mi ricordai che io veramente non potevo chiedere ai miei di pagarmi la partecipazione allo stage, così corsi verso di lui ancora alla reception e a bassa voce gli dissi:

"Hey.. ti ringrazio per ciò che hai fatto, ma io non posso permettermi di pagare".

Lui quasi incollerito mi guardò, lanciò una guardata alla segretaria e rispose:

"Non devi preoccuparti di questo, devi solo rilassarti e venire qui sabato. Hai detto che ti fidi di me, o mi sbaglio?".

Con un mix di vergogna e felicità in volto, mi girai verso la segretaria che mi fece un occhiolino seguito da un sorriso. Era più carina quando sorrideva.

Quindi era vero: avrei potuto, senza problemi, poter assistere ad una sua lezione!

Una volta a casa raccontai a mia madre cosa era successo e lei sembrava felice, ma quando si voltava verso mio padre sembrava rattristirsi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 06, 2020 ⏰

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