Un continuo ancora peggio

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Takuto si lasciò momentaneamente prendere dal panico, distogliendo lo sguardo immediatamente. Dopo qualche attimo ragionò: finite le medie aveva avuto una crescita improvvisa, non era più come prima, inoltre si era lasciato crescere i capelli e aveva iniziato a raccoglierli in un codino sulla nuca, sarebbe potuto passare inosservato.

<Piacere, mi chiamo Ibuki Munemasa, spero andremo d'accordo> proferì il ragazzo, facendo un mezzo inchino; a Takuto venne il mal di stomaco al solo suono della sua voce;

<Benvenuto Ibuki, là c'è un posto libero, vai pure a sederti> replicò la professoressa, indicando il banco vuoto dietro al castano. Takuto si girò a guardare la prof, come se volesse controbattere, ma incrociò lo sguardo di Munemasa che, notando quegli occhi color cioccolato, lo riconobbe in men che non si dica.

Takuto ricambiò subito lo sguardo con una smorfia, tornando poi a guardare fuori dal vetro. "La giornata non potrebbe andare peggio" pensò affranto, mentre la prof iniziava a spiegare.

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"La giornata non potrebbe andare peggio" Takuto Shindou, Capitolo 2, Paragrafo 4
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Takuto passò l'ora a guardare l'orologio, aspettando l'arrivo dell'intervallo, per potersi rifugiare in bagno ed evitare Munemasa il più possibile.

Per fortuna il suo piano funzionò e tornò in classe indenne, subito prima che entrasse il professore dell'ora successiva.

Alla fine delle lezioni la campanella suonò di nuovo e Takuto aveva già sistemato tutto in cartella, pronto a correre fino a casa pur di non dover vedere il volto del ragazzo albino.

Non fece in tempo a fare un passo, però, che la sua visuale fu bloccata da una giacca nera di pelle sintetica. Capì subito di chi si trattasse, anche se era cresciuto di una decina di centimetri dall'ultima volta.

Sibilò un imprecazione fra i denti e sentì una risata di scherno subito dopo;

<Takuto! È una parolaccia quella che ho sentito? Da quando sei così volgare?> Lo provocò, guardandolo dall'alto dei suoi 180 centimetri. Lo odiava, oh se lo odiava.

<Lasciami passare> fu l'unica cosa che disse Takuto, senza nemmeno alzare lo sguardo; Munemasa si chinò, abbassandosi alla sua altezza come se stesse parlando con un bambino, <Ero qua solo per salutarti, è tanto che non ci vediamo, no?>

A quel punto Takuto incrociò le braccia al petto, guardandolo negli occhi fingendosi impassibile, come se la sua provocazione non gli facesse effetto. Munemasa rimase sorpreso in un primo momento, ma poi sorride di sbieco e sostenne il suo sguardo.

Takuto provava il forte impulso di distogliere lo sguardo, riusciva a specchiarsi in quegli occhi violetti, e la cosa lo metteva a disagio.

Stettero a guardarsi per secondi che sembrarono ore, infine Takuto cedette, scostando il ragazzo con una spallata e uscendo finalmente da quell'inferno. Stranamente Munemasa non sembrava interessato a seguirlo.

Fuori, notò Takuto, nevicava ancora, ma lui in un modo o nell'altro doveva arrivare a casa, quindi si strinse nel cappotto e riprese a camminare, circondato dai fiocchi di neve.

Era quasi a metà strada, quando un improvviso vento si alzò e lo fece rabbrividire violentemente; si guardò attorno: le strade erano deserte e l'unico negozio aperto che riusciva a vedere era una lavanderia aperta 24/7. Takuto fece una smorfia, tuttavia si convinse ad entrare dopo che il vento peggiorò.

Una volta varcata la porta andò dritto verso il calorifero, controllando che non ci fosse sporco per terra prima di sedersi lì accanto, rabbrividendo nuovamente per il cambio di temperatura.

Chiamò a casa, dove disse a una delle domestiche che sarebbe arrivato a casa più tardi, poi si mise a leggere un libro che si portava dietro per ammazzare il tempo.

Passarono alcuni minuti, Takuto si era appena slegato i capelli quando sentì la porta aprirsi; si mise seduto più composto, sarebbe sembrato un barbone se non fosse stato per le sue scarpe, chiaramente di una marca costosa. Entrò una persona e la prima cosa che notò furono gli stivali bordeaux, seguiti da un paio di jeans che, nonostante le basse temperature, presentavano diversi strappi; quando alzò lo sguardo per guardare la persona in faccia, però, sentì il cuore sprofondare.

<Oh Takuto, che coincidenza>.

I Canged You, You Changed Me ~ Munetaku ♡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora