3. ...hai bisogno di me 2/2

1.4K 93 90
                                    

Cullati dal ritmo dolce e privo di scatti della guida di Carlo ci siamo lasciati alle spalle sia i pensieri pesanti, che il centro di Milano; chilometro dopo chilometro persino l'ambientazione mezza industriale e mezza desolata tipica della periferia ha iniziato a diradarsi, lasciato timidamente posto a qualche fugace sprazzo di verde, segno inequivocabile che stiamo ufficialmente abbandonando la città.

Provare a strappare a Carlo qualche informazione è stato come tentare di sfondare il cemento armato a mani nude: deludente e in qualche modo anche doloroso a causa della frustrazione della scarsa riuscita del tentativo. Dopo aver mimato una zip a chiusura della bocca si è messo per tutto il tempo a canticchiare i motivi che la radio gli ha proposto, facendo saltare la mano dai pulsanti per passare alla stazione successiva, al cambio, alla mia gamba, su cui ha alternato lievi carezze a piccole tamburellate a ritmo. Il fresco vestito di cotone che indosso - troppo fresco per trascorrere una serata all'aperto in un posto distante dalla città, fortuna che Carlo mi ha consigliato di portare una giacca - e che mi arriva un pelo sopra il ginocchio si è sollevato durante il viaggio; ho deciso di non rimettere la stoffa al suo posto proprio per regalare alla mia pelle il contatto con le sue mani. Lo scopro piacevole come non mai, come non avrei mai potuto pensare di trovare il contatto di altre persone oltre Andrea.
Forse c'entra col sentirsi desiderati, forse c'entra con Carlo e solo con lui, ma non ho motivo di privarmi di questo piccolo e prezioso piacere. Anche lui sembra gradire a giudicare dagli intensi seppur fugaci sguardi che mi lancia a ogni stop o semaforo e che mi fanno sentire nuda fino al midollo.

Giungiamo a destinazione dopo circa un'oretta di viaggio, ci accoglie l'anonimo cartello "Benvenuti nel comune di Turbigo".

Aridaje.
La Pisciotta del Nord de Noantri.

Ci inoltriamo per un po' per le stradine strette e tortuose, piccoli capillari dell'arteria principale del paese, finché Carlo non fa scattare la freccia a destra e si infila in un'area destinata al parcheggio organizzata alla buona e delimitata separatamente da una staccionata rudimentale insieme ... ma non ci giurerei: la lontananza, la miopia e la deficienza sono un mix letale per queste deduzioni sconnesse.

Il mio cavaliere si affretta a scendere dalla macchina per primo, pronto a correre ad aprirmi lo sportello e porgermi la mano per scendere. Incespico sulla brecciolina su cui la suola dura dei sandali bassi che indosso slitta che è una meraviglia; Carlo mi raccoglie per un pelo, facendomi evitare una caduta terribile con figura di merda annessa solo-per-oggi-prendi-due-paghi-uno, e finisco dritta contro il suo petto. Inspiro a pieni polmoni il suo profumo: è un mix di bucato fresco di giornata tenuto al sole una mattina intera - casa, tranquillità, sicurezza - e una nota virile di una fragranza che non riconosco, ma che mi piace da impazzire. Inizio a fare pensieri molto poco consoni che mal si sposano con il clima disteso e assolutamente privo di malizia dettato dalla sua risata argentina, dal frinire delle cicale e dal castissimo bacio che deposita tra i miei capelli, accompagnato da qualche commento casuale sulla mia sbadataggine.
Ma cosa posso dire a mia discolpa? All'ormone non si comanda mica.

Si allontana da me e mi prende per mano, intrecciando le nostre dita e conducendomi via via per le strade sempre più affollate che portano al centro del comune. Il chiacchiericcio delle cicale lascia il posto a quello della gente, alle risate dei bambini e alla voce dei gestori delle piccole bancarelle in legno che punteggiano le vie e circondano la piazza. Non ho mai visto i mercatini di Natale tipici di Trieste e Bolzano, ma se dovessi dare loro un volto basandomi solo sulla mia fantasia sarebbe questo quello che immaginerei - nonostante la differenza abissale del clima, ovviamente. Fine luglio batte dicembre a mani basse.
Da alcuni altoparlanti si diffonde una tenue musica al cui ritmo si muovono al centro della piazza sia bambini che anziani. Un signore rubicondo che trasmette allegria al solo guardarlo mi offre uno dei suoi dolcetti artigianali preparati sul momento: lo sbrano, vorace, e la crema pasticciera bollente mi si riversa prepotentemente in bocca, ustionandomela. Tiro fuori la lingua per cercare sollievo in ogni modo - sventagliandomela con le mani e pregando che l'aria fresca lenisca questo dolore pazzesco -; quella faina di Carlo se la sghignazza e non muove nemmeno un muscolo per aiutarmi, troppo intento a cercare il telefono per scattarmi una foto. Gli salto addosso, aggrappandomi alle sue spalle come un piccolo e vendicativo koala; il cellulare gli cade a terra e io tento con movimenti sgraziati di bloccarlo e di impedirgli di recuperare il corpo del reato a ogni costo.
Inutile dire che la resistenza dura poco a causa della goffaggine e della scarsità della forza bruta del piccolo plotone-Beatrice. Peccato.

Tu sei - Seconda parte (La fenice)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora