Serratura

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Serratura

Ero in un corridoio, circondato dal bianco.
In fondo vidi una porta. Sembrava di legno.
Era chiusa.
Iniziai a camminare, man mano sempre più velocemente, fino a correre, e quando la raggiunsi notai inevitabilmente che era a forma di serratura. Esattamente: la porta aveva la forma di una serratura.
Provai ad aprirla, inutilmente, visto che non possedevo la chiave. Era fredda al tatto, come se fosse fatta di qualche metallo, tanto scuro da apparire legno agli ignari.
"Se questa è una porta, per essere aperta deve avere una serratura." Mi dissi. "Ma questa porta è una serratura."
Osservai al di là del buco della toppa e non vidi altro che un'immensa distesa bianca.
Sentii qualcuno chiamarmi, era lontano lontano, quel richiamo flebile come un soffio di vento in primavera, quando la natura si calma e le giornate iniziano a scaldarsi. Sembrava che a separarci ci fossero miglia di distanza.
Abbassai lo sguardo. Senza motivo.  O forse un motivo c'era e la mia mente non mi permette di ricordarlo. Guardai il pavimento e vidi l'unica cosa, oltre alla porta, che non era monocolore: un fogliettino. Mi chinai a raccoglierlo e ne lessi il contenuto. Non era nella mia lingua, né in nessun altra che conoscessi, eppure capii il contenuto come se qualcuno me l'avesse tradotto in un sussurro direttamente nella mia testa.

"Una porta chiusa necessita una chiave che la apra. E una chiave necessita una porta da aprire al momento opportuno.
Noi siamo le chiavi del nostro destino, dunque, se pensi che il tuo destino sia giunto, diventa la chiave e apri la tua porta."

Ripuntai gli occhi sulla porta e mi avvicinai. Allungai un mano e la sospinsi appena, fu solo un colpetto, ne ero certo. Eppure per qualche assurdo motivo venni sbalzato indietro da una forza più potente di me e alla quale non riuscii ad opporre resistenza. Vidi tutta la mia vita, gli attimi belli, quelli brutti. Tutta quanta.
Mi sentii cadere giù, trascinato a fondo da qualcosa che non conoscevo, come se quel corridoio fosse in verticale e io fossi attratto dalla forza di gravità.

Respirai.
Respirai e aprii gli occhi.
Le mie orecchie iniziarono a riscuotersi dal loro torpore.
Non mi trovavo nella mia camera, non sapevo in realtà dove fossi.
Spostai la testa e mi guardai il braccio, anche se quel movimento mi provocò infinite fitte di dolore.
Un sottile tubicino mi spuntava dall'incavo del gomito.
Un "bip" continuo e fastidioso invadeva la stanza.
Mi guardai un po' attorno e riconobbi il posto in cui mi trovavo: una stanza d'ospedale.
Soltanto qualche attimo dopo una dottoressa mi raggiunse; disse qualcosa a qualcuno e poi si rivolse a me.
-Ricordi che cos'è successo?- mi domandò. No... cosa mi era successo? di fronte al mio silenzio la donna continuò. -Hai avuto un brutto incidente, ma starai presto bene. Qualcuno, lassù, ha deciso che non era ancora il tuo momento.
Stava sorridendo.
E solo allora ricordai.
Guidavo.
E poi un rumore.
E il dolore, quel dolore atroce che si sparse in tutto il corpo togliendomi il respiro dai polmoni.
E le sirene delle ambulanze; quelle della polizia...
Tutto quanto mi tornò alla memoria.
Ero vivo.

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