"Era più forte di te, non potevi controllare i tuoi attacchi" disse la psicoanalista che sedeva su una poltroncina nera dinanzi a me, era sulla sessantina, aveva i capelli rossi con qualche ciocca bianca qua e là per l'età, aveva due occhi verdi e un sorriso falso stampato in viso.
"È colpa mia, ha visto?" risposi con un sorriso amaro sul volto, avevo vinto per l'ennesima volta, mi ripetevano in continuazione le stesse frasi, per dimostrare che non era colpa mia ciò che avevo passato, ma ogni volta riuscivo a controbattere fino ad aver ragione.
"Addio." dissi alzandomi dalla sedia e lanciando i soldi sul tavolino davanti alla donna, quel posto era diventato troppo stretto avevo bisogno di uscire da quelle quattro mura dipinte di un giallo morto, di posare i piedi sull'asfalto e non sul pavimento in parquet, di camminare al posto di stare seduta su una poltrona scomoda.
"Non dica così, arrived-" non la feci finire che già avevo sbattuto la porta dietro di me.
Non l'avevo guardata prima di andarmene, ma potevo immaginare la sua faccia piena di compassione.Nessuno poteva salvarmi dal mio passato, lo sapevo bene, tutto ciò che potevo fare era fingere che non fosse successo niente.