4. Gemma del Potere

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Capitolo IV. Gemma del Potere

 Gli hanno detto che sta bene, malgrado tutto. Gli hanno detto che forse sarebbe meglio aspettare, prima di vederlo, perché la ferita e la faccia scavata non sono esattamente un ricordo che dovrebbe imprimersi nella mente, quando tutto questo incubo sarà finito. Dovrebbe aspettare che si riprenda; che anche se le cicatrici e i segni del tempo non sono cancellabili, almeno saranno meno scioccanti di quanto lo sono ora.

Gli ospedali gli hanno sempre messo addosso un senso di impotenza assoluta, quella che lo fa sentire troppo Peter Parker e poco Spider-Man. Ma Spider-Man non ha mai avuto niente a che fare con gli ospedali – a meno di qualche visita ai bambini di oncologia, per portare loro un po' di gioia. Spider-Man non ha mai perso nessuno, Peter sì. Ha un ricordo vago di quando ha perso i suoi genitori, e pensa che quelle memorie sfocate siano solo una proiezione mentale tutta sua, che di vero non ha niente. Era troppo piccolo, non può ricordare. Di zio Ben, invece, lo ricorda fin troppo bene. Il Peter di quel tempo era codardo e impaurito, fin troppo consapevole di ciò che avrebbe perso e per questo incapace di accettarlo sin da subito. Non è mai entrato per salutarlo, anche se lui aveva gli occhi chiusi e mille fili attaccati addosso; le ultime immagini di zio Ben sono quelle di un uomo morto molto prima di esserlo davvero, addormentato e esausto dal dolore infiammato che deve aver sentito nelle ossa. Qualcosa che Peter sa di poter solo provare ad immaginare, ma che non saprà mai davvero quanto devastante doveva essere stato. E lui lo ha solo guardato dal vetro, incapace di entrare in quella stanza e dirgli che gli voleva bene, che non voleva che se ne andasse anche lui e che aveva bisogno di lui tanto quanto ne aveva bisogno zia May. Avrebbe voluto dirgli che non c'era giustizia, né un dio, se una persona come lui se ne stava andando e altri, meno degni, continuavano a vivere senza sapere quanto quel dono potesse essere prezioso.

Avrebbe voluto, ma non lo ha fatto; un senso di colpa che lo schiaccia ogni giorno, da quando è successo. Non vuole ripetere certe cose. Se deve dire addio a qualcuno lo farà tirando fuori tutto il coraggio di cui dispone. Come ha fatto con Tony, quando lo ha visto lì, inerme, col fiato corto e metà corpo combusto; convinto che avrebbe perso anche lui, in quel momento. Per quello si era avvicinato, aveva cercato di confortarlo, aveva pianto e gli aveva detto che gli dispiaceva. Non sa ancora per cosa, ma è un sollievo sapere che alla fine, per una volta, non deve dire addio all'ennesima parte di cuore.

«No, vorrei vederlo, in realtà. Ho bisogno di vederlo.» Abbozza un sorriso spento. «Rassicurazione mia», aggiunge, e si morde il labbro inferiore. Lo tira, lo stringe tra i denti e si fa male. Perché vorrebbe dire altro, ma non può. Vorrebbe dire a quel dottore che non ne ha bisogno davvero, perché ha una paura fottuta che, vedendolo, abbia un crollo psicologico devastante. Di quelli ingestibili che lo annichiliscono e lo schiacciano tra la parete e il soffitto. Il piccolo ragno calpestato dalla scarpa di un pedone disattento.

Echoes of Infinity Stones - Starker - Tony x PeterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora