Io e Oliver sfruttammo quei giorni per fare lunghe passeggiate (niente bici per noi ora), parlare del mio futuro all'università, dei suoi studi filosofici, i lavori pubblicati. Parlammo del nulla cosmico. Non parlammo mai di noi. Cosa c'era più da dire? Avevamo una scadenza e l'avremmo rispettata. Non serviva altro.
Per adesso avevamo ore da riempire, baci da esplorare, pelle da toccare. Facemmo tutto.
E quel venerdì, nel primo pomeriggio, prima della sua partenza, mentre eravamo a letto, l'uno sull'altro, non avevamo più bisogno di parole. Il silenzio era come una coperta sotto cui rifugiarsi, non dal freddo ma dalla banalità. Banalità di dire cose scontate, assodare i fatti ad alta voce. A che pro? Rimanemmo in un silenzio che era una benedizione. Abbracciati, io con una gamba tra le sue, il mio braccio destro sul suo torace. La sua mano era lieve sulla mia schiena. Io avevo gli occhi chiusi, ma sapevo che lui mi stava guardando, la testa lievemente girata verso di me, forse con gli occhi un po' lucidi. Sorrisi e tesi le labbra verso di lui, che fu subito attirato dal mio bacio.
Facemmo l'amore l'ultima volta.
Non ci scambiammo una parola, né durante né dopo. Inutile.
Se ne andò.Pensavo che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto. Mi si spezzò il cuore.
Dall'estate scorsa ero sicuramente maturato, cresciuto, in qualche modo avevo imboccato il sentiero che mi avrebbe portato alla mia vita adulta. Ma ora sentii il cambiamento agire dentro di me, quasi potessi vederlo, come al cinema. Mi si spezzò il cuore e niente fu più lo stesso. Tutto quello che mi accadde dopo fu semplicemente un susseguirsi di azioni meccaniche. Non provai niente. Pensavo che ormai la mia vita sarebbe andata avanti così fino al giorno della mia morte, ma il caso mi ha giocato altri due tiri mancini.
Onestamente, forse non è stato il caso.
Una quindicina di anni dopo ci rivedemmo, ma stavolta ero andato da lui in visita. E questo lo sapete già, è nel libro e quello che ho raccontato è tutto quello che è successo.
Sapete anche che dopo altri cinque anni o giù di lì, Oliver si fece vivo in Italia, dove mi stavo prendendo cura di mia madre.
Quello che non sapete è quello che è successo davvero.
Avevo trentasette anni quando Oliver tornò e lui ne aveva quarantaquattro. Erano passati vent'anni esatti dal nostro primo, fatale incontro, proprio in quella stessa casa.
Vent'anni e lui mi aveva confessato, con occhi che non erano mai cambiati, che avevano ancora ventiquattro anni, mi aveva confessato supplicandomi di credergli che era esattamente come me, che ricordava tutto. In quel momento, nel momento esatto in cui lo disse, la presi con sarcasmo, mi costrinsi a non credere a quello che provai quando mi guardò in quel modo, quel modo che riservava solo a me e a nessun altro.
Ma il giorno dopo, forse per testare le sue parole, forse per mettere a tacere il diavolo che avevo dentro, che mi scherniva e mi diceva che mi stavo immaginando tutto, quando Oliver stava per salire sul taxi e svanire (verosimilmente per sempre) dalla mia vita, per la prima volta dopo vent'anni, presi l'iniziativa. Feci quello che speravo avrebbe fatto lui. Ricordate?
-Elio.Fossimo stati in un film, i suoni sarebbero scomparsi all'improvviso, il mondo si sarebbe fermato, tranne noi due. Oliver si sarebbe voltato, mi avrebbe preso tra le braccia, baciato e...titoli di coda.
Non andò così.-Elio.
La mia voce era ancora nell'aria, le cicale cantavano fra gli steli d'erba e dalla villa arrivavano suoni attutiti. Io fissava la schiena di Oliver. Per quanto la fissai prima di rendermi conto che non si muoveva, che non era entrato nel taxi?
Oliver era rimasto con il piede sul predellino, la mano sul tettuccio della macchina e l'altra sullo sportello.
Dopo un tempo che non so quantificare, sentii il tassista mormorare qualcosa.
Oliver era ancora immobile.
Il caldo era diventato soffocante, nonostante fosse ancora relativamente presto.
Si piegò verso l'autista e gli disse qualcosa a bassa voce, prese il portafogli e gli allungò non so quanti soldi. A quel punto avevo capito le sue intenzioni e cercavo solo di dominarmi.
Riprese la giacca che aveva gettato sul sedile e chiuse lo sportello.
Lasciò cadere la sacca a terra e, mentre il taxi se ne andava senza di lui, raddrizzò le spalle, fece un respiro profondo e si voltò.
Stavolta non potevo sbagliare, aveva davvero gli occhi lucidi. Così lucidi che quando mi si avvicinò potei vederci dentro il mio riflesso. Mi sorrise quel sorriso che era un segreto e disse, a voce bassa, a stento controllata:
-Oliver.
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CMBYN - LATER
FanfictionCopyright: TUTTI I DIRITTI RISERVATI!! In tempi non sospetti, molto prima che uscisse l'immondo, insignificante, mistificante, mortificante, inutile, incongruente, proemetico sequel, avevo scritto la mia versione della storia. Sarò presuntuosa, ma c...