CAPITOLO 1

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Marcysei mesi prima.

La stavano trascinando. Non riusciva a vedere niente. La nebbia non si era assotigliata, ma era di un grigio piú cupo, denso e pastoso. Era tutto buio. C'era solamente un candelabro, uno dei suoi aguzzini lo teneva nella mano sinistra. Non riusciva a vedere molto bene, sembravano ad essere più di una decina. Non sapeva dove la stessero portando. Ma sapeva il perché di quel rapimento.
E sapeva anche cosa sarabbe successo dopo, se avesse rivelato quelle cose.
I segreti che la sua famiglia aveva tramandato di generazione in generazione.
L'unica cosa che le interessasse davvero era che tutto finisse. Finisse per sempre. Tutto il dolore provato nep corso dei suoi anni. Tutti i rimpianti. Tutte le perdite. Tutto.
E lei lo sapeva. Sapeva che prima o poi tutto quel dolore sarebbe finito. Sapeva che non avrebbe mai rivelato i suoi segreti a nessuno.

-MUOVITI! CAMMINA!-. Urlò uno dei suoi carcerieri, quello che le teneva le mani sopra alla corda che le avevano legato sul polso. Quel contatto le dava terribilmente fastidio. In fatti molte volte si dimenò dalla sua presa. Ma lui la teneva stretta, per evitare che scapasse.

-Signore...-. Disse uno dei carcerieri di Marcy, rivolgendosi al uomo che era poco distante da lui - Siamo quasi arrivati!-.
Quel uomo nano si fermò all'improvviso come ricordandosi qualcosa e infine disse semplicemente: - Fatela addormentare-.
Una guardia che era poco distante da lei, le si avvicinò e è le diede un solo sulla nuca. Faceva malissimo. All'inizio. Ma all'improvviso il dolore finí e divenne tutto buio. Svenne.

Quando si svegliò, Marcy, aveva un fortissimo mal di testa. Provò a muoversi, ma fu bloccata da qualcosa. Girò un pò la testa e la abbassò sulle sue mani, e vide che attorno al suo polso c'erano delle manette di ferro arrugginite.
Provò a tirare e a dimenarsi, ma niente. Piú tirava piú le faceva male il polso. Smise. Si guardò attorno, oltre la alla finestra posizionata alla sua destra, con sbarre di ferro molto spesse e rotonde, messe si orizzontalmente e verticalmente a formare dei quadrati abbastanza grandi daa farci passare un dito, splendeva la luce del sole.
Questo le aveva fatto capire di aver doemito per quasi tre o quattro ore. Le quattro pareti erano colorate di bianco, c'era un tavolo rotondo con sopra un tovagliolo tutto nero, con sopra un vassoio pieno di fiori appassiti.
In quella stanza, nonostante il sole che penetrava dalla finestra, si muoriva di freddo.

Passarono ancora un paio d'ora, e fuori da quella piccola finestra si intravedeva solamente un filo di luce. Sentí, poi, delle grida fuori dalla porta di legno, e dei passi molto vicini.
E dopo qualche minuto, Marcy sentí la serratura della porta un pò ammufita scattare e poi subito dopo la porta che si apriva.
Un uomo di statura media era entrato all'interno della stanza trascinandosi i piedi, come se non c'è la facesse piú ha reggersi in piedi. Quando incontrò i suoi occhi marroni, notò che erano privi di ogni emozione. Le sorprendeva il fatto che ci fossero persone, che non provassero alcuna emozione.
L'uomo aveva raggiunto il letto in cui era stata legata, aprendole le manette con una chiave arrugginita, proprio come le manette, la parte alta in cui le dita di quel uomo tenevano la chiave aveva la forma di fiore.
Non sapeva perché, ma ogni volta che finiva per guardare un oggetto, pensava che ci potesse esserci una storia dietro di essa.
Ed era piú che sicura che quella chiave c'é l'avesse. Qualche minuto dopo, nella stanza entrarono anche altre due guardie.

L'avevano trascinata fuori dalla stanza, mentre continuava a dimenarsi. L'avevano portata in una stanza che a quanto pareva si trovava nei sotterranei.

Nella stanza erano presenti centinaia di mazze, asce, pugnali, spade, coltelli e perfino alcune pistole appese alle pareti. C'erano anche un bastone di quercia che sicuramente serviva per fruste le domestiche se non facevano bene il loro lavoro, e lei ne sapeva qualcosa,serviva anche per frustate i suoi aguzzini, se non riuscivano a portare a termine il lavoro assegnatogli.
E poi Marcy notò anche una piccola fornace e vicino su un tavolino c'erano posizionati anche i ferri con qui lasciavano i segni sulla pelle. C'erano degli enormi aghi con qui infilzavano la gente. La stanza era uguale a quella che aveva appena lasciato, tranne per il letto, quello non c'era.

-LEGATELA!-. Gridò 'L'uomo nano'.

-AVETE SENTITO! FORZA LEGATELA-.
Gridò uno dei suoi carcerieri, evidentemente svogliato, e altezoso.

-Siii, SIGNORE-. Gridarono in coro metà dei presenti, che erano piú o meno sulla decina.
In due, Presero Marcy e la trascinarono al centro della stanza e le presero le mani e le legarono in alto.

Uno degli uomini che non si era mosso fino a quel momento si avvicinò a una manovella, infondo alla stanza e la tirò giú. In quel modo lo spago a cui l'avevano legato qualche secondo fa, diventò teso,

Marcy penzolava in aria.
All'inizio le mani non le facevano tanto male, ma con il passare dei secondi però sentí un dolore lacerante sotto le ascelle, Come se qualcuno stesse cercando di strapparle le braccia.
Nessuno aprí bocca, forse quei bastardi si aspettavano che lei si mettesse a urlare, ma lei non avrebbe mai dato loro questa soddisfazione.

-Dicci dove lo tieni?-. Chiese stranamente calmo 'l'uomo nano'

-Non so di che cosa tu stia parlando! Io non centro niente con questa storia! Lasciatemi andare!-. Disse in risposta, Marcy, sicura.
Lei sapeva benissimo di che cosa stessero parlando, eccome se lo sapeva.
Ma dopo tutto ciò che le avevano fatto passare, era inaccettabile proferire anche una sola lettera.

-MA DAVVERO, NON SAI DI CHE COSA STO PARLANDO-.Rise di gusto, fermandosi per qualche secondo. -SENTI, DIMMI IMMEDIATAMENTE CIÒ CHE SAI OPPURE QUELLA PUTTANA DI TUA SORELLA NON LA RIVEDRAI MAI PIÚ-. Continuò a gridare quel uomo.

Marcy sentendo 'QUELLA PUTTANA DI TUA SORELLA' andò su tutte le furie e cominciò a dimenarsi, cercando di raggiungerlo e prenderlo a calci in culo.

-NON PROVARE MAI PIÚ A CHIAMARLA IN QUEL NODO,ALTRIMENTI IO... - . Grido lei a sua volta, fu interrotta da quel nano, che disse tra divertimento, arroganza e un pò di fastidio:

-Sennò che fai? Ehhh? Sei sola e nessuno verá ha aiutarti, i tuoi genitori hanno avuto ciò che meritavano! E tu farai la stessa fine tra poco, se non parlerai immediatamente! Che pensi di fare?-. Marcy sapeva già cosa rispondere, e lo fece senza esitazione.

-Stare zitta!-.
L'espressione in volto, al uomo nano cambiò immediatamente, lei sapeva che avrebbero fatto peggio.

Dopo piú o meno venti frustate, Marcy svenne. Fu una cosa di pochissimi secondi, perché ci pensarono loro a risvegliarla, quando se ne accorsero. I suoi aguzzini.
E non per farle altre domande, anche perché lei aveva già detto ciò che voleva dire. Cioé niente. No. Lo fecero perché volevano vederla urlare, volevano vederla contorcersi dal dolore, vederla piangere. A quei bastardi piaceva vederla soffrire, cercò di non dar loro quella soddisfazione.
Ma non c'è la fecie a resistere molto. Mentre le infilzavano la pelle con quegli aghi, mentre la frustavano con il lungo bastone di quercia, mentre le mettevano il ferro ardente sulla pelle, non c'è la fece piú. Su contrasse dal dolore e urlò piú forte che poteva e con tutto il fiato che aveva in gola. Aveva male dappertutto. Non smise piú di urlare. Sentí tutto tremare.
Se avesse avuto i piedi appoggiati per terra l'avrebbe sentita tramare.

Un sorriso folle e crudele illuminava il volto di quegli stronzi.

Sentí strano rumori provenienti dal piano di sopra.
Le urla giungevano fino ai sotterranei. L'ultima cosa che vide fu il sorriso dei suoi aguzzini, che leggermente si stava atrasformando in paura.

L'ultima cosa che sentí furono le sue urla,prima di cadere nel oscurità, per la seconda volta in un giorno.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 04, 2020 ⏰

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