Aprii gli occhi.
Mi trovavo in una stanza buia e grigia. Ero legato a una sedia. Faceva un freddo pazzesco. Era come se fossi in una cella frigorifera. Davanti a me c'era un uomo seduto su una sedia. Mi guardava con sguardo interrogativo mentre bisbigliava cose incomprensibili. Mi faceva male la testa e avevo la nausea. Non capivo se stessi sognando o no, ma speravo proprio che ciò che vidi non fosse reale; dietro di me c'erano file e file di cadaveri umani appesi al soffitto. Distolsi lo sguardo e lo riportai sull'uomo davanti a me. Ora mi sorrideva mentre teneva in mano un coltello da cucina. Si avvicinò di più e le parole prima incomprensibili ora mi erano ben chiare; così tanta carne, così poco tempo.Sentirgli dire questo mi fece raggelare il sangue e iniziai a cercare di divincolarmi dalle corde. L'uomo bloccò la sua lenta avanzata verso di me e disse sottovoce -non puoi fuggire, quindi preparati a essere servito ai nostri tavoli -. In preda al panico gli chiesi chi fosse e lui mi rispose - il cuoco -. Riprese la sua avanzata. Un dolore lancinante mi passò per il petto. Abbassai lo sguardo e vidi che l'uomo mi stava togliendo la pelle dal ventre.
Mi sembrava passata un'eternità. Ora ventre, braccia, gambe, erano solo carne, carne senza un minimo di pelle. -ora che la prima parte è finita andiamo avanti- e così infilò la mano nella pancia e estrasse il fegato. Ormai non avevo speranza. Ero già sul menù.Quella sera due signori entrarono nel ristorante e si sedettero su un tavolo. Non sapevano che il tavolo sul quale poggiava la tovaglia erano le mie ossa non sapevano che la tovaglia su cui poggiavano le mani era la mia pelle, non sapevano che l'ottimo stufato di carne che trangugiavano ero io.