-1- Questo, Sono Io...

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«Dammene ancora!»
«Solo se mi racconti come sei finito qui.» disse il ragazzino con le lentiggini intascandosi velocemente il sacchetto di tela. Incupii lo sguardo e ringhiai, mostrando i denti. Avevo un novellino come balia. Umiliante.
«Non fare così, non fai paura.»
Mi spiazzó. Aveva ragione, non ero nessuno senza il mio vero aspetto. Rassegnato, mi passai una mano fra i capelli argentati e mi sedetti sull'erba.
«E va bene, te lo racconterò... Ma prima preparami un'altra tazza di caffè.»
«Come si dice? Per...»
«...Perché altrimenti ti faccio del male.»
Fece finta di niente e sorridendo entusiasta, l'halfing si sedette di fronte a me. Forse un po' troppo vicino per i miei gusti, mi spostai un po' più indietro.
«Non che mi interessi ma... Chiamarti "cosino lentigginoso" è troppo lung-»
«Ghas!» sussultai. Non ero ancora abituato alle sue manifestazioni emotive incontrollate. Purtroppo per me, il turno di guardia sarebbe stato ancora lungo: mancavano diverse ore all'alba. Il fuoco vicino a noi scoppiettava vivace. Tutto lì sembrava schifosamente sereno e felice. Tutto e tutti. Tranne me.
«Dai, inizia! Da dove vieni?»
Devo ammetterlo, non so resistere quando si tratta di parlare di me. Gli elogi e le attenzioni sono sempre stati i miei punti deboli. Così quella notte decisi di raccontare, per la prima volta, la mia storia a qualcuno del Circolo.
«Come già sai, mi chiamo... LeaRoy, ho 122 anni e sono un drago argento...»
Eppure, avevo l'aspetto di un giovane ragazzino umano, sulla ventina e piuttosto magro; tenevo perennemente l'armatura di cuoio per sentirmi non solo protetto fisicamente, ma soprattutto per infondermi quel poco di sicurezza che quel corpo non mi dava.
«Abitavo di fianco a Cima Argentata, in un bellissimo antro, circondato da massicci bianchi. Mi svegliavo con il profumo della neve fresca...» non mi ero mai reputato un tipo nostalgico, fino ad allora. Mi schiarii la voce e ripresi da dove mi ero interrotto. «...ma distante dagli altri draghi. Non condividavamo le stesse idee ed è per questo che preferii allontanarmi. Vollero impormi di rispettare gli umani, di farmeli considerare come nostri pari...» mi scappó una risatina, forse un po' troppo inquietante da come mi guardó Ghas, ma poco mi importava. «Noi draghi abbiamo il privilegio di vivere più a lungo e siamo più forti, più evoluti, in cima alla catena alimentare. Perché essere sullo stesso piano degli altri quando li si può sovrastare? Non dico di essere come quegli idioti dei Cromatici, ma essere temuto non sarebbe poi così male.»
«Non prometti bene...»
«Oh no, ma avevo ragione. Anzi, ho ragione. Sono qui per colpa loro... Per colpa degli umani.»
Mi fermai ad osservare il ragazzino; stava andando a recuperare un contenitore di metallo pieno d'acqua che aveva messo a bollire sul fuoco.
«A me non sembri cattivo e io, fortunatamente, non sono umano. Ma il caffè te lo offro subito, così forse ti starò più simpatico...»
Versó un po' d'acqua in un bicchiere di legno e una volta estratto nuovamente il sacchetto dalla tasca dei pantaloni, ci versò dentro la polvere scura. Mescoló e me la porse.
«È sicuramente il metodo giusto per entrare nelle mie grazie...» risposi cercando di mascherare la gioia nel mio tono. Quella bevanda calda e ricca di energia era l'unica cosa buona che i bipedi avessero scoperto. Non cercherò di nascondere la mia dipendenza da essa, mi aiutava a restare sveglio nei turni di guardia, visto che la mia inutile forma si stancava facilmente.
«Bastava l'ultima parola.»
«....Grazie?»
«Prego!» il suo volto si illuminò soddisfatto e io realizzai pochi secondi dopo.
«...cazzo.» sibilai in draconico, prima di bere dalla tazza fumante.
«Salute! ...ora, torniamo a noi. Eri rimasto al tuo odio represso per gli umani, ma ancora non mi hai detto perché sei così e come sei arrivato qui. Cioè, ti stavi facendo gli affari tuoi, no? Cosa è accaduto?»
Tante parole, troppe domande. Mi persi a metà discorso ma intuii il concetto e ripresi a raccontare, con lo sguardo fisso sul contenuto della tazza. «...Esattamente un anno fa, un gruppetto di umani capitó nel mio territorio. Forse pensavano che non ci fossi, ma si sbagliarono di grosso. Mi piazzai davanti a loro prima che potessero raggiungere il mio giaciglio pieno di tesori. Volevo ricacciarli nello schifo di posto da cui erano venuti... Ma per una volta provai a mettere in atto i principi degli altri draghi e abbassai la guardia. Ascoltai le loro parole, dissero che si erano persi, che erano dei sacerdoti in viaggio per Faliptra. E io, come un idiota, ci cascai. Iniziarono a riempirmi di complimenti, a elogiare la mia grandezza... Pensarono di organizzare una piccola festa in mio onore proprio la sera stessa. Io credetti a tutto, presi le mie sembianze umane e mi unii ai festeggiamen-»
«Cosa!? I draghi possono diventare umani?!»
Sussultai nuovamente. La sua voce mi sorprendeva ogni volta.
«Sì, cioè no... Mi metti confusione! Allora. Solo i draghi come me, metallici, acquisiscono questo potere una volta adulti e non comprende solo la forma umana, ma qualsiasi altro bipede... E anche alcuni animali.»
«Animali? Come noi druidi del Circolo?»
«Già, è una piccola fortuna nella sfortuna essere capitato qui. Posso continuare?»
Si zittì, serrando le labbra. Finalmente.
Scoprii che essere interrotto non mi piaceva affatto.
«Come stavo dicendo, mi unii ai festeggiamenti. Per una volta provai quel calore di cui tutti parlano, quello che si prova stando accanto alle persone care o agli amici... O forse era solamente l'alcool. Alzai un po' troppo il gomito, lo ammetto, ma non ero totalmente ubriaco, solo abbastanza brillo, sì. Nella confusione generale, mi parlarono del vero motivo per cui si erano ritrovati nei pressi della mia dimora: dovevano recarsi proprio qui, nel vostro villaggio per riprendersi una cosa che apparteneva a loro. Credetti a tutto una seconda volta e mi feci coinvolgere, facendomi aizzare contro i druidi. Non che m'importasse, ma si stavano comportando bene con me, quindi perché non aiutarli?»
Andai per bere un altro sorso di caffè, ma la tazza era vuota. Storsi il naso e la porsi a Ghas, facendogli intendere che ne volevo ancora.
«Oh no, caro mio. È già la terza che ti scoli. Prima finisci la tua storia e poi ne riparliamo...»
Sospirai deluso, portandomi il bicchiere sotto al naso e inspirando per bene il tenue profumo di cui si era impregnato.
«E va bene... Verso mezzanotte raggiungemmo il villaggio e ci infiltrammo nel teepee dell'arcidruido.»
«Fuori di testa...»
«Oh sì, ci beccó subito ma uno dei ladruncoli era riuscito a trovare ciò che stavano cercan-»
«Ah! Il pezzo di verga! Ma allora eri con loro!»
Senza farmi notare, con un movimento molto lento, nascosi il mio borsello dietro di me, spostandolo dalla visuale del piccolo druido.
«Già, ero con loro, visto? Qualcosa la sai.»
Ancora dovevo capire cos'aveva di così speciale quel pezzo di verga che tutti volevano per sé. E io, nel dubbio, lo tenni per me. Riuscii ad appropriarmene... e ovviamente, omisi questo particolare dal racconto. «... Presero il bottino e scappammo. Per mia sfortuna, l'arcidruido già mi conosceva, veniva spesso a trovare gli altri draghi del Clan e viceversa e non ebbe difficoltà a riconoscere il mio volto tra la banda. Gridò il mio nome, intimando di fermarmi. Indovina?»
«Non lo facesti.»
«Perspicace il piccolo halfling, da bravo, ora riempi il bicchiere.»
«Sai bene qual è l'accordo.» inamovibile.
«E va bene! Durante il tragitto verso Cima Argentata, i ladri si spaventarono, alcuni di loro mi puntarono il dito contro, accusandomi di essere stato io stesso a chiamare l'arcidruido, altri invece pensavano che in un secondo momento li avrei traditi, facendo i loro nomi al villaggio o cercando di fermarli. Mi aggredirono. Che stupidi... Chi mai attaccherebbe un drago? Mutai nel mio vero aspetto per difendermi, ma non dosai la forza, ero ancora un po' stordito dall'alcool probabilmente; uno di loro rimase ucciso...»
Ghas deglutí sonoramente, sgranando i piccoli occhi neri.
«Sono un assassino, a quanto pare. Posso avere il mio caffè ora?» finalmente, mi riempì nuovamente la tazza e ripresi a bere prima che si raffreddasse.
«Se tutto questo è vero... Continuo a non capire. Perché ti hanno maledetto?»
«Uhm, ottima domanda, ma porta pazienza, ci sto arrivando.»
Mi bastarono solo due sorsi per svuotare la tazza.
«Quando tornai nella mia tana, scoprii di essere stato derubato a mia volta... Il mio giaciglio era stato completamente ripulito. Il gruppetto di umani era solo un modo per distrarmi e allontanarmi, mentre i loro complici mi stavano svuotando le tasche. Hai idea di quanto oro ci fosse? Centoventidue anni di premi, guadagni e sacrifici. Quei maledetti...»
«E invece l'unico maledetto, a quanto pare, sei tu.»
«Ti piace rigirare il dito nella piaga, vero? Comunque, hai fatto centro: il giorno dopo i druidi incontrarono l'Antico, il drago argento più anziano del mio Clan e venni convocato. Nessuno volle ascoltare la mia versione dei fatti, non mi credettero e mi condannarono.»
«...senza offesa, ma è ovvio. La tua reputazione ti ha preceduto. Conoscendo il tuo modo di pensare, la tua credibilità era pari a zero.»
«Sai che altro è pari a zero? Il mio interesse verso la tua opinione.»
«Che. Simpaticone.»
Non lo calcolai di striscio e continuai a raccontare come niente fosse. «Così, venni maledetto, mi strapparono il mio nome, la mia dignità e il mio aspetto, confinandomi in questa forma umana, che tanto odio. Venni etichettato come un ladro, un assassino... E mi portarono al villaggio per pagare il "mio" debito per dei crimini che non ho commesso. Contento ora?»
«Non ho capito un paio di cose, in realtà.»
«Solo un paio? Superi le mie aspettative...»
Non fece caso alla mia frecciatina. Non capivo se era stupido o faceva a posta.
«Primo... La verga, che fine ha fatto?»
«...sono riusciti a portarsela via, come ho già detto.»
«Ma... Non l'hai detto.»
«Beviti una tazza di caffè, Ghas, stai iniziando a perdere colpi. Seconda domanda?»
«Posso sapere il tuo vero nome?»
Stavo iniziando a spazientirmi, non era ancora arrivato il cambio di guardia e volevo solo allontanarmi il più possibile da quella bestiola chiaccherona.
«Anche se te lo dicessi, capiresti solo il nome che mi è stato affibbiato dai tuoi compagni druidi. Fa parte della maledizione»
«Provare non ti costa nulla.»
Mi spalmai una mano sul volto, certo che era proprio insistente, eh.
«... Airgid.» era così un bel nome. Sentirlo pronunciare dagli altri mi riempiva d'orgoglio e invece ora...
«LeaRoy. Non capisco se tu mi stia prendendo in giro...»
«Oh, vorrei tanto fosse solo uno scherzo, credimi.»
«Perché?»
«... Cosa, perché?»
«Perché ti hanno chiamato così?»
«Dovrò ucciderti dopo tutto quello che ti ho confessato, lo sai vero?»
Si mise a ridere. «Così non farai altro che raddoppiare la tua condanna!»
«Farei comunque un favore a tutti quanti.»
«Ma... hey!»
«Lasciami rispondere! Quando ero un drago e passavo in forma umana, mutavo solo l'aspetto; la mia forza e prestanza fisica restavano invariate... Invece ora sono umano al cento per cento. Debole e vulnerabile. Non appena la maledizione mi fu scagliata, iniziai a tremare come una foglia dal freddo, non era mai successo prima d'ora, quindi "Leaf" ma... Non accettai nessun indumento che mi offrirono per ripararmi, sono troppo orgoglioso, continuai a fare... l'altezzoso, a detta loro. E mi affibbiarono "Royal"»
«Leaf...Royal... Lea-Roy.»
«La fantasia certo non vi man-...»
Improvvisamente, una nube fumo attirò la mia attenzione. Proveniva dalla foresta, non molto lontano. Mi rizzai in piedi, anche se solitamente me ne sarei altamente infischiato. Una foresta in fiamme? Robe da druidi, mica da draghi... ma in quel fumo vidi una via d'uscita per fuggire da Ghas.
«Dobbiamo chiamare gli altri!» affermò il ragazzino.
«Sì sì, tu vai da loro, io vado a dare un'occhiata!»
«Hey, aspetta! Devo...»
Non ascoltai nemmeno quello che aggiunse in seguito. Mutai in falco e spiccai il volo, verso la foresta in fiamme.
«... tenerti... d'occhio...»

Le lingue infuocate divampavano, inghiottendo parte della foresta. Planai sopra agli alberi in fiamme, tenendomi a debita distanza, ma il fumo era troppo fitto, iniziavano a bruciarmi gli occhi e il respiro mi si faceva pesante. Decisi di atterrare al confine del bosco e tornai umano. Gli animali, volatili o terresti che fossero, correvano in tutte le direzioni pur di scappare da quella catastrofe. Tutti scappavano, tranne... Socchiusi gli occhi, nella speranza di vedere qualcosa oltre la nube di fumo che mi circondava e non mi stavo sbagliando: c'era una sagoma a qualche metro di distanza da me. Sembrava un uomo e se ne stava immobile, a fissare la foresta bruciare. E stava... Fischiettando?
«Hey! Tu! Cosa sta succedendo?!»
Quando si girò verso di me, restai sorpreso da ciò che vidi: era ancora nascosto dalla coltre di cenere, ma i suoi occhi stavano brillando di un rosso intenso, perfettamente visibile. Non mi rispose, mi diede le spalle e si incamminó con nonchalance.
Odio chi non mi risponde e odio chi mi dà le spalle. Quel tizio si era già fatto odiare due volte, in due secondi esatti e per due motivi diversi. Gli corsi incontro e lo afferrai per un braccio, obbligandolo a voltarsi.
Ora eravamo io, una foresta in fiamme e un tizio strano dai capelli neri...

Il titolo perfetto non esiste... e io ho finito il caffè. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora