-4- Gilgard

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Jados

Dopo quattro ore giungemmo a Gilgard, la Grande Capitale; ci sarebbe voluto molto di più ma a metà strada incontrammo il caro vecchio Aradain, un mezz'orco carovaniere di mia conoscenza diretto anche lui in città, e ci offrì un passaggio. LeaRoy stava iniziando a lamentarsi del male, quindi accettai volentieri, anche se avrei dovuto far proseguire il draghetto a piedi; avrebbe imparato a non girare scalzo.
Raggiungemmo la Capitale in meno di mezza giornata, così da avere il tempo necessario per trovare un posto in cui dormire. Avevo il presentimento che le cose sarebbero potute andare per le lunghe... Infatti, girare per la città ci occupò un paio d'ore, perché LeaRoy e la sua gazza, Loki mi pare si chiamasse, si soffermavano su ogni gioielleria e ogni negozio luccicante che vedevano. Che cavolo, sembrava non avesse mai visto una città prima d'ora da quanto era su di giri; mi divertiva osservare un druido alle prese con la civiltà.
Finalmente trovammo "Il Basilisco Strabico" (la locanda che visitavo più frequentemente durante i miei periodici viavai, ma solo perché mi faceva ridere il nome e i letti avevano meno cimici degli altri posti) e prenotai due stanze singole, sperando di cavarmela con poco, ma si presentò un problema: uno dei tanti che avrebbero messo a dura prova la mia pazienza... e le mie finanze.
«Tutto sul suo conto.» LeaRoy parlò e all'improvviso realizzai che quello sarebbe stato l'inizio della mia fine.
«Scherzi? Vuoi dirmi che non hai nemmeno il becco di un quattrino?»
Si strinse nelle spalle e allargò leggermente le braccia, in segno di un menefreghismo totale. «Non fare il timido, tutti vorrebbero poter offrire qualcosa a un drago come me.»
Dall'espressione che feci all'udire quelle parole, sembrò capire che non era il genere di discorso che mi avrebbe convinto.
«... Estinguerò il debito. Prima o poi.»
Ovvio che non era nelle sue intenzioni restituirmi i soldi, ma preferii mandar giù e pagare anche per lui. Dovevo tenermelo buono ed evitare che tornasse in quel villaggio a spiattellare tutto quanto.
«Bene. Ora, mio fedele compagno, si è fatta ora di cenare!»
«Come mi hai chiamato? Beh, in effetti ho fame. Pesce e caffè, ovviamente, paghi tu.»
«... Alla faccia dei draghi e dei loro fantastici tesori.»
A queste parole mi scoccò un'occhiataccia.
«Ops, tasto dolente?»
«Stai parlando troppo con me e poco con il cameriere, vedi di rimediare.»
Nonostante la riluttanza, ordinai anche il suo pasto... Contando quello, ero arrivato a tirare fuori ben dieci monete d'oro, per l'ingrato, ma almeno la cena arrivò presto e, per fortuna, LeaRoy non ebbe niente da dire riguardo al cibo.
Mentre mangiavamo mi ricordai di un dettaglio importantissimo e addirittura sussultai quando mi tornò alla mente.
«Ah! LeaRoy!»
Sobbalzò. In effetti avevo esagerato col tono di voce.
«Mi ucciderete! Che vuoi!?»
«Scusa, scusa. Volevo solo avvisarti che domani incontreremo la sorella di Lani, alla Gilda dei Guardiani...»
«E allora?»
«E fammici arrivare! Dicevo, per il tuo bene è meglio che tu non le faccia domande sul suo... aspetto. Chiaro? In particolare sulla sua pelle.»
«...Non vedo perché dovrei interessarmi al corpo di un umano.»
«Ah, grazie al cielo, sapevo di poter contare su un nobile e potente drago...»
I suoi occhi si illuminarono e un sorriso altezzoso gli incurvò le labbra.
«... senza soldi, scroccone e privato del suo vero aspetto.»
«Hey! Ma come ti permetti! Io ti-»
«Si è fatto tardi! È ora di dormire! Io ti precedo, buonanotte lucertolina!»
«Questa me la paghi! Lurido-...» non ebbi il piacere di sentire il resto, ero già in cima alla rampa di scale.
Stavo inziando a prenderci gusto nel stuzzicarlo, lui sì che mi regalava soddisfazioni.

Barcollante dal sonno, entrai nella mia camera. Non vedevo l'ora di gettarmi a letto ma prima era rimasta un'ultima cosa da fare: una condizione che mi impose il mio Patrono.
Ero riluttante in quel momento.
"...Ehi, capo, ma devo proprio farlo?" pensai sperando di ricevere una risposta dall'entità, che sembrava risiedere nella mia testa.
"Li vuoi i poteri? E allora fallo."
Che caratterino. Non vidi altra opzione quindi, per quanto non fossi propenso all'idea, mi sedetti e tirai fuori dalla mia borsa il libro che mi diede il Patrono chiamandolo "Tomo delle Ombre" o qualcosa del genere: rappresentava la materializzazione del nostro patto e serviva ad ampliare i miei poteri, nonché a mantenere attiva la nostra connessione fungendo da catalizzatore.
Dettaglio meno piacevole era il prezzo per mantenere costante tutto ciò, ovvero un tributo di sangue, la moneta dell'anima.
Il demone voleva che gliene donassi un po' ogni giorno, in modo da potersene nutrire e convertirlo in energia per rafforzare la nostra simbiosi. Non sono mai stato un fan del masochismo ma il pensiero che, grazie a quello, avrei potuto salvare Lani mi diede il coraggio di farlo.
Tirai un grande sospiro, estrassi uno dei miei pugnali e aprii il libro sull'ultima pagina, quella con il mio nome scritto in caratteri cubitali. Chiusi gli occhi e feci un taglio lungo il palmo della mia mano, per poi lasciar gocciolare il sangue su di esso che, come toccava la carta, veniva assorbito completamente senza lasciar traccia.
"Basta così, hai fatto un buon lavoro. Ora puoi dormire ma ricordati di non infrangere anche l'altro vincolo."
"Sì sì, me lo ricordo, niente alcol. Capisco che tu voglia testare la mia determinazione, ma almeno potresti fidarti della mia memoria."
Non rispose e io ero troppo stanco per continuare la conversazione nella mia testa, così misi via il pugnale e il tomo, poi mi fasciai la mano e finalmente mi buttai a letto.
Un'altra intensa giornata ebbe fine.

Il titolo perfetto non esiste... e io ho finito il caffè. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora