Chapter 2

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Jack

Nessuno aveva mai organizzato un colpo così.
Né a Londra, né a new York, né a Montecarlo.
Se dovevo finire di nuovo suo giornali tanto vale che fosse per la rapina più grande della storia.

...

Ci trovavamo io, insieme ai miei 'colleghi' in una casa, specificamente in una stanza, con dei banchi, proprio come le scuole medie.
Il professore andò alla lavagna e scrisse 'benvenuti' ed io ridacchiai, perché alla fine questa situazione sembrava un sogno che mi faceva ridere.

"Innanzitutto, Benvenuti" disse sistemandosi gli occhiali, avevo notato che lo faceva troppo spesso, forse era solo un tick.

"E...e grazie per aver accettato...di participare a questa offerta di lavoro" disse ridacchiando

"Vivremo qui, isolati da tutto il resto del mondo" disse indicando il posto in cui ci trovavamo.

"Cinque mesi, cinque mesi, per studiare come portare a termine il colpo" spiegò ma uno lo interruppe.

"Scusa, come sarebbe a dire cinque mesi? Ma dico siamo impazziti?" Disse in modo ironico, certo cinque mesi non erano pochi, ma se non volevamo che il piano andasse a puttane, dovevamo fare come diceva lui.
Il professore si sedette sulla scrivania, che si trovava dietro di lui.

"Vedi la gente, studia anni, per trovare un lavoro dove danno uno stipendio, anche se sarà sempre uno stipendio di merda...che cosa sono cinque mesi? Io vivo pensando a questo, da moltissimo tempo, così non devo lavorare e neanche voi e neanche i vostri figli" spiegò e tutti rimasimo in silenzio.
Il professore ci guardò per poi battere le mani.

"Bene voi...non vi conoscete ed è meglio così, non voglio nessun nome" disse scrivendo sulla lavagna.

"Nessune domande personali... né naturalmente nessuna relazione personale" disse e ridacchiai.

"Dovete scegliere un soprannome, devono essere nome semplici, come pianeti numeri..."

"Possiamo chiamarci per esempio, il signor 17, la signorina ventitré" disse un'altro ragazzo con i capelli biondi ricci, ridendo.

"Cominciamo bene, io non mi ricordo neanche il mio numero di telefono" disse quello davanti.

"Lo so è per questo che l'ho detto" disse ancora ridendo.

"E i pianeti?" Chiese un ragazzo con i capelli ricci neri e le lentiggini sparse sul viso.

"Io potrei essere Marte e lui urano" propose indicando il ragazzo biondo.

"No, io urano non l'ho faccio, scordatelo" controbatté.

"Che a che non và?"

"Non fa la rima" disse e ridacchiò

"Le città...facciamo le città" disse il professore.

"Le città vanno bene" concordò

E fu così che io mi chiamai Tokyo, quello dietro di me è Berlino, poi ci sono i gemelli Helsinki e Oslo, poi c'è Nairobi, mosca e suo figlio Denver e poi c'era lui Rio.

"Ogni giornata...il telegiornale parlerà di noi, ogni giorno" disse ma io ero già abituato a questa situazione.

"Tutte le famiglie di questo paese si chiederanno sicuramente, che cosa stiamo facendo...e sapete cosa penseranno? 'che bastardi, magari ci avessi pensato io'" disse e tutti ridemmo

"Perché noi, non ruberemo i soldi di nessuno... perché gli staremo simpatici, ed è fondamentale avere l'opinione pubblica dalla nostra parte" disse sistemandosi gli occhiali.

"Diventeremo gli eroi di queste persone, cazzo... però fare attenzione, perché se solo dovessimo versare una goccia di sangue...non saremo degli 'robin Hood', saremo dei semplici figli di puttana"

"Professore" dissi alzando la mano.

"Signor Tokyo..."

"Che cosa rapineremo?" Domandai.

Lui sorrise per poi indicare con un braccio la mia direzione apposta ci girammo tutti e vidimo un modellino di una banca.

"Rapineremo la zecca di stato"










~spazio autrice~
Spero che il capitolo vi piaccia e mi raccomando lasciate una stellina.
(Scusate per gli eventuali errori)

•ˡᵃ ᶜᵃˢᵃ ᵈᵉ ᵖᵃᵖᵉˡ•𝕗𝕒𝕔𝕜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora