Capitolo 2: SAN QUINTO - CALIFORNNIA

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<<voglio sapere tutto>> disse. Ebbene, per quanto mi facesse piacere fare una passeggiata sul viale dei ricordi, quei tempi erano finiti, ed era anche tardi, e avevo voglia di dormire così gli dissi che era tardi e lo rincuorai dicendogli che se gli raccontavo tutto stasera non ci sarebbero state altre storie per le prossime nottate. La prigione di San Quinto in California, un posto dove non puoi fidarti di nessuno se non di te stesso, nessuno ti aiuterà mai, ma tutt'altro, qui esistono solo violenza e sopravvivenza, il più grande comanda sul più piccolo, chi si ribella.. bhè, non c'è nessuno che sia sopravvissuto per raccontarlo. Tutti i giorni l'aria è triste e fredda, gli uomini cambiano a seconda della durata della loro pena, ho notato col tempo che più durava la tua pena e più eri cattivo, io li ho classificati cosi: i più pericolosi, che sono quelli che di solito restano chiusi in carcere a vita, o per un lungo periodo; quelli meno pericolosi, sono quelli appena arrivati o quelli che rimangono qui per poco o quelli con il papi ricco che paga la cauzione, carne fresca per ''i più pericolosi'', loro amano infastidire o creare liti, soprattutto con i ricchi e quelli che devono scontare una pena abbastanza corta; perché? direte voi, semplicemente sfogano la loro rabbia con coloro che hanno la possibilità di evadere, che vengono dimessi subito grazie ai soldi che hanno, invece che essere costretti a vivere qui, senza vedere le proprie mogli, figli, o che ormai li hanno persi, senza nessuno scopo nella loro vita, se non quello di trasmettere il loro dolore sugli agli, sono come dei bulli, solo non a scuola. La vita qui è dura, essere rinchiuso qui dentro, ti cambia totalmente l'idea che avevi sulla vita, e sugli altri, ti fa capire cosa può creare l'ingiustizia e il fraintendimento, che significa perdere tutto, vivere veramente in una gabbia. Tutte le tue paure ti assalgono, le debolezze ritornano, è come tornare bambini, solo senza mamma e papa, ne qualcuno che ti pulisce il culo, senza via di scampo ne privacy, resti solo ad aspettare che il tempo passi il più in fretta possibile. Ormai dopo anni qui dentro ho imparato alcune piccole accortezze che è meglio fare se si vuole vivere non bene, ma meglio del solito, almeno qui dentro. Una di queste è evitare di farsi svegliare dalla tromba delle 6.00 del mattino, quindi per evitare che mi infastidisca troppo o che una delle guardie venga a buttarmi giù dal letto mi sveglio sempre un'po' prima, mentre tutti gli altri ancora dormono beati, o magari si staranno segando, o staranno pensando alla loro mogliettina. Io rimango a fissare il soffitto pensando agli errori commessi, al perché noi esistiamo, a quale scopo (?). Guadagnare tutti quei soldi in così poco tempo ci permetteva di vivere al meglio, ma a quale prezzo? A questo? non lo rifarei mai, per nulla al mondo. Purtroppo oggi le persone vivono per lavorare, invece di lavorare per vivere, devi essere davvero fortunato per fare una bella vita senza spaccarti il culo tutto il giorno, con solo la domenica di riposo in cui puoi solo dormire il più possibile perché sai che il giorno dopo dovrai riandare a lavoro, e vivrai una vita che non ti appartiene, solo perché ti sei accontentato, hai abbandonato la speranza, e questa è la fine di ogni persona che si lascia trasportare dalla paura e dalla pigrizia, non è questa la vita che voglio, ma a quanto pare questa è la vita che mi aspetta. Oggi è una splendida giornata per quanto sia orribile in realtà, c'è silenzio, giusto qualche detenuto che russa o che starà sognando il suo primo giorno fuori da qui, almeno questo intuisco da quello che dicono e gridano, per il resto il silenzio più totale; sopra di me, dal mio letto a castello, si vede una piccola finestrella sul soffitto, che da sul cielo, avevo scelto questo letto appositamente per quella piccola finestra li su in alto, sempre meglio che guardare un orrido colore pantone che non trasmette altro che tristezza, e poi ogni giorno, ovviamente, le nuvole e i colori cambiano, sembra di guardare un continuo quadro che cambia dipinto ogni ora, metaforicamente parlando era quel piccolo spiraglio di speranza all'interno della massa ormai omologata. Ecco qua, iniziano a dare fiato alle trombe, è sempre bello vedere le reazioni al mattino degli altri miei compagni soldati, c'è chi si alza di sobbalzo o chi fa un urlo, immagino quanto sia frustrante svegliare una persona in questo modo. :<<Buongiorno piccolo Lucy!>> grido alla matricola sotto il mio letto << Non chiamarmi Lucy>> risposte con tono assonnato e rabbioso mandandomi un'occhiataccia e tirando le coperte su fino a sopra la testa. Vi ricordate il nuovo arrivato a cui stavo raccontando la storia di me e B.J.? E si, è proprio lui, Lucyan, un ragazzo di 19 anni, molto secco, ma sveglio, occhi e capelli castani, tutti lo chiamavano Lucy; è appena arrivato e quindi lo punzecchiamo un'pò, ma niente di che, per il momento è sotto la mia protezione, che dio lo aiuti quando me ne andrò, il che avverrà molto presto, però mi sta molto a cuore, è così giovane, mi chiedo cosa gli abbia detto la testa per rovinarsi così presto la sua innocente vita.

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